“ O mirabile dignità del sacerdote: nelle sue mani, come nel seno della Vergine Madre, il Figlio di Dio ogni giorno si incarna”, esclamava san Francesco. Sappiamo che san Francesco d’Assisi non volle diventare sacerdote perché si riteneva indegno di così alta vocazione. Venerava i sacerdoti considerandoli suoi “signori poiché in essi vedeva solamente “il “Figlio di Dio” e il suo amore grande per l Eucarestia si fondeva con l’amore al sacerdote, il quale consacra e amministra il Corpo e il Sangue di Gesù. Manifestava tale amore baciando le mani dei sacerdoti in ginocchio.
Sant’ Ambrogio in De dignitate sacerdotis scrive: “Non c’è nulla di più eccelso in questo mondo”.
San Gregorio Nazianzeno nel sermo 26 de Sanct Petr, afferma che “il sacerdozio è venerato anche dagli angeli”. E San Pier Damiani osserva che gli angeli non possono assolvere neppure un solo peccato; assistono le persone a loro affidate facendo in modo che se si trovano in peccato, ricorrano ai sacerdoti per essere assolti, ma non godono del potere di assolverli.
Sant’ Agostino esclamava: “O venerabile santità nelle mie mani! O felice opera! Chi mi creò (se è lecito dirlo), mi diede potere di creare lui! Chi creò senza di me, egli stesso ha creato se stesso mediante me!” Durante la celebrazione eucaristica infatti, nell’istante in cui il sacerdote pronuncia le parole di consacrazione, il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue di Cristo.
Il sacerdote è un uomo scelto da Dio in mezzo agli uomini e lo chiama con una vocazione specialissima, lo separa da tutti gli altri, lo segna con un carattere sacro che durerà eternamente e lo investe dei divini mezzi del Sacerdozio ministeriale perché sia consacrato esclusivamente alle cose di Dio. Il sacerdote infatti è “scelto fra gli uomini, è costituito a pro degli uomini in tutte le cose di Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati” ( Eb. 5, 1-2 ). Con la Sacra Ordinazione il sacerdote viene consacrato nell’anima e nel corpo; diviene un essere tutto sacro configurato a Gesù sacerdote. E’ chiamato a riprodurre nella sua vita l’intera vita di Gesù: vita verginale, povera, crocifissa.
Vocazione divina, dignità eccelsa, vita angelica quella del sacerdote, ma tutto questo non esente dai grandi pesi della responsabilità che tale missione porta in sé. Il sacerdote, diceva San Bernardo, per natura è come tutti gli uomini, per dignità è superiore a qualsiasi altro uomo della terra, per condotta deve essere emulo degli Angeli. Vita di responsabilità quella dei sacerdoti. Si pensi alla responsabilità per la salvezza delle anime affidate a loro: portare alla fede i non credenti, convertire i peccatori, infervorare i tiepidi, incoraggiare i cristiani, condurre all’unità, alla pace, all’amore.
Ma come può fare tutto ciò se non è davvero uno con Gesù? Quale danno incalcolabile provoca un sacerdote che profana la sua vocazione con un indegno comportamento o addirittura la calpesta rinnegando il suo stato di consacrato ed eletto del Signore (Gv. 15-16). Il S. Curato d’Ars, versava lagrime abbondantissime pensando alla disgrazia dei sacerdoti che non corrispondono alla santità della loro vocazione. Ogni cristiano e in particolar modo il sacerdote, deve fondare la propria vita in Cristo, deve incarnare la sua vita per diventare sua presenza viva tra gli uomini. Tutto ciò sarà possibile soltanto se si instaura con Dio un dialogo intimo e appassionato. La preghiera infatti è il luogo privilegiato scelto da Dio per rivelarsi all’uomo e farsi sempre più conoscere. Un uomo che non prega e ancor di più un consacrato a Dio che non dialoga con Dio è come un fiume che non ha più l’acqua per dissetarsi e dissetare…non attingendo più dalla sorgente…è diventato arido…e quindi inutile… Solo il sacerdote che dialoga con Dio costantemente e autenticamente, custodire e nutre la sua vocazione, allontanando il pericolo di far diventare la sua missione, una professione…
L’Amore sia per lui, come per ogni uomo, la sorgente di ogni pensiero, di ogni azione, di ogni nuovo giorno a cui è chiamato a vivere con passione.
Letizia Franzone