Deve alla nonna, fonte di continua ispirazione, l’amore per il racconto e per la fiaba e ha iniziato a scrivere pensando ai suoi figli e a tutti i bambini del mondo. Agata Reitano Barbagallo, docente di materie letterarie e scrittrice, nei suoi libri si rivolge proprio ai ragazzi per invitarli alla lettura e alla riflessione.
In “C’era una volta…Il Risorgimento” (Effatà Editrice), racconta a misura di bambino il Risorgimento e la storia dell’Unità d’Italia. Originale è la formula ideata per narrare: due ragazzi molto curiosi, Ester e Giulio, trovano in una soffitta un vecchio libro e, ‘catturati’ dal volto in copertina di ‘un nonno furbo e intelligente’, iniziano a leggerlo. E’ Verdi che narra il Risorgimento al suo nipotino Luciano, “perché – afferma l’autrice – con le sue opere ha infiammato gli animi dei giovani facendo scattare l’orgoglio patriottico”.
La galleria dei personaggi serve a delineare con chiarezza l’ideale romantico e nazionalista di una resurrezione dell’Italia, attraverso il raggiungimento di un’entità unitaria. Mazzini, Cavour, Garibaldi, Nino Bixio, Carlo Pisacane…, grandi personalità ma, anche figure minori, tutte narrate con un forte senso pedagogico e divulgativo. Non solo. Giovanni Bosco, Giuseppe Cafasso, Giuseppe Benedetto Cottolengo, tutti benefattori torinesi, i ‘santi sociali’, frutto dell’ispirazione filosofica e religiosa dell’autrice. Il libro, scritto in versi è correlato da disegni “perché questo – continua la scrittrice – è un modo divertente e accattivante per incuriosire i bambini”.
Lo stile accurato, elegante e ingegnoso, presente in tutte le 45 filastrocche, è un invito per gli adulti a leggerle ai loro piccoli e recuperare così quella dimensione, oggi trascurata, dell’adulto che racconta e del bimbo che ascolta. “Vorrei scrivere di donne che hanno fatto la storia, nel bene e nel male, anche donne della Bibbia – conclude l’autrice – perché scrivo per educare e mi piace invitare i ragazzi alla riflessione”. E oggi, visto la società nella quale i giovani stanno crescendo, dove imperano le indecenze sociali, l’orgoglio per il malcostume, la seduzione corruttiva e il cinismo di risultati, il silenzio sarebbe concorso nel delitto di omissione.