Nel programma dei festeggiamenti in onore di Santa Venera Vergine e Martire, Patrona della Città e della Diocesi, quest’anno è stata inserita una conferenza sul tema ‘Imago Venerae’, della quale erano relatori lo studioso Saro Bella ed il preside prof. Alfonso Sciacca.
Gli interventi degli insigni oratori sono stati moderati dal giornalista Antonio Trovato il quale, nel proprio intervento prolusivo sottolineava come l’immagine di una santa sia condivisa da una comunità attraverso un codice culturale ed espressivo. Nel caso della nostra Santa Patrona si va parecchio indietro nel tempo (la sua esistenza in vita risalirebbe, addirittura, al secondo secolo d.C.) e, pertanto, tali incertezze hanno fatto sì che si assumessero alcuni parametri che potessero inconfondibilmente caratterizzarne i lineamenti. Partendo dal presupposto che Sant’Agata sia identificabile ‘pp’i ricchizzi’ e la nostra Santa Venera lo sia ‘pp’i biddizzi’, il nostro venerato simulacro esprime appieno i canoni della bellezza e la struttura a mezzobusto richiama quella analoga della Patrona catanese.
Gli elementi iconografici che caratterizzano l’iconografia di Santa Venera sono la corona del martirio, il crocefisso che ella impugna in mano quale unico riferimento ed esempio della propria vita, il libro dei Vangeli e la palma della vittoria. Ella, infatti, va coscientemente incontro al martirio, ritenendo tale esperienza l’unico modo per dimostrare la piena fedeltà al suo Signore Gesù Cristo. La figura della Santa doveva essere concepita quale memoria storica dei personaggi e degli eventi che ne hanno caratterizzato la vita terrena e, soprattutto, gli ultimi anni, nei quali ella si diede liberamente e spontaneamente alla predicazione del Verbo divino.
L’imago Venerae, rappresentata nei secoli e presente nelle varie chiese della città e del suo circondario anche attraverso le tele di Giacinto Platania, dei fratelli Filocamo, di Matteo Desiderato e di altri pittori e scultori, vuol dunque rappresentare un ponte fra le passate generazioni e la presente, per aiutare la città di Acireale a riappropriarsi di quei valori nel tempo perduti e di quegli spazi culturali che nel tempo le sono appartenuti.
Lo studioso Saro Bella ha ribadito come le notizie biografiche su Santa Venera, risalendo a tempi molto antichi, costituiscano testimonianza di un culto la cui origine si perde nella notte dei tempi ed il cui sviluppo debba, comunque, considerarsi legato a motivazioni commerciali e collegato alla nascita ed alla diffusione della ‘Fiera Franca’ (oggi ‘Fiera dell’Jonio’), che si svolge in settembre ed è, dunque, separata cronologicamente dal periodo (luglio) della festa della Santa, il cui culto nasce nella antica chiesetta di Santa Venera al Pozzo, sede dell’antico stabilimento termale e non, come potrebbe pensarsi, nell’attuale Cattedrale.
Tracce del culto alla nostra Santa erano già presenti in Catania sin dal 1200, con una chiesetta, poi demolita, ubicata nella ‘Civita’, nei pressi dell’attuale chiesa di San Gaetano alla Marina. I primi a volere una statua di Santa Venera ad Acireale furono i Carmelitani, tra i quali nasce poi un disaccordo mentre nella città comincia a divulgarsi la ferma volontà di istituire un culto stabile tanto che, nel 1654, nella commessa per la costruzione della statua, fatta allo scultore Mario D’Angelo, era anche compresa ‘una lastra in rame per figuri stampati di detta gloriosa Santa Venera’. La lastra venne poi utilizzata come frontespizio per diversi carteggi e come copertina delle ‘Ammirande notizie’ di Anselmo Grasso, il quale costruisce il mito della Santa protettrice della città inserendone le vicende in una ‘Storia di Aci’ proveniente da un falso seicentesco.
L’intervento del prof. Sciacca ha preso lo spunto dalla definizione di iconografia come scrittura per mezzo di immagini, cioè di segni grafici (non linguistici) che rimandino ad un preciso significato. L’iconografia è, dunque, diversa dalla scrittura, in quanto ha uno spessore diverso che la rende apparentemente più facile da intendersi. Si tratta di una scienza per decifrare la quale non è indispensabile alcuna preliminare conoscenza scolastica, ma è comunque di complessa interpretazione in quanto carica di significati, per una tradizione che affonda le proprie radici nel terreno dell’antropologia.
Quanto a Santa Venera, esistono tre iconografie, tutte rappresentate nella nostra chiesa Cattedrale e rispettivamente attribuite: a Giacinto Platania (secolo XVII); ai fratelli messinesi Filocamo (secolo XVIII); a Giuseppe Sciuti (secolo XIX).
La Santa Venera del Platania, espressa in un ovale conservato in sagrestia, evidenzia uno stile modesto ed austero; con i Filocamo, l’iconografia della nostra Santa compie un balzo di qualità, come evidenzia la tela posta dinanzi al sacello che custodisce il prezioso busto reliquiario; sempre nella cappella della Santa, un affresco dello Sciuti rappresenta la storia di Santa Venera, mentre il pannello della volta della chiesa (dipinto dallo stesso Sciuti, tra l’altro un non credente) rappresenta il coro delle vergini diretto da Santa Venera. Il pannello fu presentato al pubblico nel giugno 1907 ed è rimasta celebre l’espressione di profondo stupore del vescovo dell’epoca, mons. Genuardi, il primo della Diocesi: “Oggi ho visto un lembo di paradiso in terra. Ora non mi resta che vederlo dal vivo!”. Quella notte stessa il vescovo spirò, stroncato da un infarto.
Nando Costarelli