Oggi il compito degli educatori si va facendo sempre più arduo, tuttavia è necessario il coraggio di avere idee chiare, valorizzando esperienze altrui. Meravigliosa è la testimonianza di una donna forte, Rita Margherita Brischetto, nativa di Acireale, casalinga, 52 anni, residente con il marito Alfio Sorbello, impiegato dell’Enel in pensione, nel comune di Aci Sant’Antonio, a Pennisi. E’ madre di otto figli, nonna di undici nipoti, catechista nella sua parrocchia. Le chiedo quale fosse l’età sua e dello sposo, al momento delle nozze, le loro intenzioni sul piano educativo, il valore della loro esperienza, che avrà avuto caratteristiche di semplicità e anche di complessità.
“Concordo con l’ambivalenza delle caratteristiche dell’esperienza educativa. Conobbi mio marito giovanissima in Chiesa, poiché entrambi assistevamo la domenica alla santa Messa di mezzogiorno, preferita dalla mia famiglia, essendo mio padre guardia notturna. Ci sposammo a 17 anni io, 23 mio marito. Eravamo in tre, cioè Gesù Cristo al centro, noi due desiderosi di aderire pienamente alla volontà di Dio. L’educazione dei figli è stata sempre improntata all’amore, così come ci suggerisce la coscienza. Difficoltà, specie nei confronti di parenti intimi, nei primi 3-4 anni, se ne verificarono, ma tutto fu superato e noi genitori intraprendemmo ad educare i figli con i principi cristiani non tanto sul piano tradizionale, ma nella sequela di Cristo, primo educatore, ovvero colui che insegna l’amore per gli altri, anche quando si riceve uno schiaffo o un rimprovero ingiusto; fratelli tutti quelli che s’incontrano sul cammino della vita – parenti, professori, amici, colleghi, nemici – da trattare con spirito evangelico. Avrei desiderato un figlio sacerdote, ma non c’è stata volontà divina. Chissà qualche nipote…”.
M’interessa sapere quale sia il rapporto attuale con i figli, di cui cinque sposati, e quale educazione viene data ai nipoti, il maggiore dei quali ha undici anni. La risposta è molto soddisfacente: “I cinque figli, sposati secondo il sacramento del matrimonio, sono felicissimi di quanto noi genitori abbiamo loro inculcato, convinti d’essere stati fortunatissimi nell’appartenere ad una famiglia che testimonia il cristianesimo nel quotidiano. Ogni mercoledì e venerdì ci riuniamo insieme in casa di uno di noi per pregare un’oretta, cominciando dalla recita del Rosario; meditiamo sulla Parola del giorno o leggiamo qualche pagina scelta del Vangelo, verificando se riusciamo a calarla nella nostra vita. Sono contenta degli otto miei figli, dei generi e delle nuore, perché riescono a seguire le nostre orme, lodando il Nome di Gesù, ringraziandolo continuamente e per questo non basterebbe una vita. Secondo me, i genitori devono fare i genitori, senza mettersi al posto dei figli, accettandoli in tutte le loro componenti. Gesù, crescendo in sapienza nella famiglia di Nazareth, rispettava i ruoli dei genitori, senza sostituirsi a loro. Così deve fare ciascuno di noi.”