Don Ciotti / Di fronte alle ingiustizie e alle umiliazioni delle persone, “non dobbiamo perdere la capacità di indignarci”

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“Non dobbiamo perdere la capacità di indignarci, persino di arrabbiarci di fronte alle ingiustizie che piegano, che umiliano le persone…”.foto (6)

Le parole, non di oggi ma sempre attuali, di don Ciotti arrivano alla mente leggendo la notizia che L’Australia vende i profughi alla Cambogia in cambio di aiuti e denaro, nonostante che Onu e Amnesty abbiano definito “immorale” l’accordo.

Le parole di don Luigi Ciotti arrivano alla mente nel leggere di alcuni deputati intenti a difendere i propri privilegi mentre la crisi continua a tenere in ginocchio milioni di persone e famiglie.

Le parole di Don Ciotti arrivano alla mente davanti alla notizia della tortura e della lapidazione, a Mosul, di Samira Saleh al-Nuaimi una avvocatessa musulmana che si era battuta per il diritti umani e contro la violenza jihadista.

Le parole di don Ciotti arrivano alla mente di fronte alla notizia sulla lunghissima coda di persone per l’iPhone6. L’indignazione non è di certo per il prodotto ma per l’ennesima proposta di un uso consumistico delle nuove tecnologie che si traduce spesso nel furto della più preziosa risorsa dei giovani: la creatività.

Ai bordi della cronaca la questione della indignazione si muove però in una direzione diversa , se non opposta, da quelle delle manifestazioni che negli anni scorsi hanno attraversato diverse piazze europee.

C’è un’indignazione violenta che non costruisce alternative, che non conduce alla correzione di scelte sbagliate, che non restituisce dignità alle persone offese e umiliate. Si brucia da sola oppure viene politicamente strumentalizzata.

C’è una indignazione culturale che risponde all’affronto, all’umiliazione e all’ingiustizia con la forza della ragione e non con la ragione della forza.

C’è da preoccuparsi molto quando questa indignazione, in nome del perbenismo e del conformismo, scompare lasciando il posto all’indifferenza e al distacco da problemi, disagi e tensioni .

E c’è anche ugualmente da preoccuparsi quando qualcuno dice che l’indignazione non appartiene al cristiano. Come se Gesù non si fosse indignato per l’occupazione dello spazio sacro da parte dei mercanti e non avesse reso nota la sua fortissima indignazione per ogni offesa arrecata ai piccoli.

Certo, si tratta di un’indignazione completamente diversa da quella delle piazze e c’è un pensiero, che forse non è di Sant’Agostino come alcuni affermano, che può aiutare a definirla: “La speranza ha due figli bellissimi: l’indignazione e il coraggio. L’indignazione davanti alle cose così come sono, il coraggio per cambiarle!”.

Non importa stabilire ora l’autenticità delle parole ma certamente si può dire che la collera e l’odio nulla hanno avuto e nulla hanno a che fare con l’indignazione di persone libere e responsabili.

E allora, ai bordi della cronaca quotidiana, a quale indignazione pensare?

L’indignazione è il frutto di una coscienza non assopita, che riceve e trasmette impulsi nella ricerca della verità, della bellezza e della bontà.

L’ indignazione è il frutto di un’educazione che anche con l’aiuto, a volte sconclusionato della cronaca, bussa alla porta della coscienza.

“L’educazione di cui oggi abbiamo maggior bisogno – dice al riguardo don Luigi Ciotti – è allora proprio quella alla libertà, alla responsabilità, all’intelligenza critica. L’unica in grado di spezzare le catene del conformismo, della rassegnazione e quindi dell’ingiustizia, rendendoci capaci di operare coraggiosamente i cambiamenti necessari affinché i diritti e la dignità di tutti gli uomini siano rispettati e promossi”.

Ai bordi della cronaca queste parole diventano appello a indignarsi. Indignarsi di fronte all’ingiustizia, all’egoismo, all’indifferenza, al furto di umanità. Diventano un invito a fare dell’indignazione una risposta forte e costruttiva. Una risposta pensata e maturata in un percorso, culturale ed educativo, consapevole che il perbenismo e il conformismo non sono strade verso il futuro.

Paolo Bustaffa

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