Verso Firenze 2015 / Dialogo con chi cerca sinceramente un nuovo umanesimo

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L’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, è il presidente del Comitato preparatorio del Convegno ecclesiale: “I tre laboratori che attiveremo – a Milano sul tema del lavoro e del sociale, a Napoli su quello della cultura e dei media, a Perugia su quello dell’ecumenismo e dialogo interreligioso – saranno aperti alla viva partecipazione di tutte le componenti cattoliche, religiose e laiche del nostro Paese”.

 

Con la presentazione della “Traccia” e la proclamazione del logo vincitore, è entrato nel vivo il cammino di preparazione delNosiglia quinto Convegno ecclesiale nazionale, in programma a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015 sul tema: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo“. Abbiamo “fatto il punto” su ciò che ci aspetta nel nuovo anno con monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e presidente del Comitato preparatorio.

Dalla “Chiesa missionaria” di Verona alla “Chiesa in uscita” di Firenze: come è cambiato il volto della Chiesa italiana in questo decennio? 
“La Chiesa in Italia ha camminato sulla scia della missione già espressamente indicata nei cinque ambiti esistenziali dal Convegno di Verona, con spirito aperto e intraprendente, creativo e carico di fiducia e speranza. Questo è quanto emerge dalle numerose esperienze pervenute al Comitato dalle Chiese locali e dalle realtà associative e di movimento che hanno aderito alla richiesta di documentare come l’umanesimo in Gesù Cristo sia vissuto quale vera e forte novità di evangelizzazione che raggiunge le periferie esistenziali delle persone e delle famiglie e di ogni ambito di vita quotidiana. Ciò che risulta più evidente in queste esperienze è che l’annuncio di Gesù Cristo non risulta come appiccicato alle opere educative o della carità, ma diviene fonte prima di una proposta alternativa allo stile di vita comune, aperta a quel ‘di più’ che solo il Figlio di Dio e dell’Uomo può assicurare”.

La Traccia parte dai cinque verbi (uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare) indicati da Papa Francesco nella “Evangelii Gaudium” per declinare il “gusto dell’umano”: come risuoneranno, nel cammino di preparazione che caratterizzerà questo anno pastorale? 
“L’iter di questi mesi verso il Convegno impegnerà le comunità cristiane, in dialogo con tutti coloro che nella società anelano a un nuovo umanesimo, per ricercare un punto in comune e affrontare la crisi in corso, impostare un rinnovamento di sistema e stile di vita superando l’accentramento su se stessi, sul proprio io rispetto al noi e alla promozione di stabili relazioni comunitarie. Occorre favorire la messa in comune delle risorse culturali, spirituali e sociali, per contribuire al dischiudersi di un’umanità nuova che sappia gestire il proprio rapporto, positivo e critico insieme, dentro le reali esperienze e gli ambienti che quotidianamente abitiamo: la persona, la famiglia, i giovani, i poveri ed emarginati, il creato, la scuola, il lavoro, la città, l’universo digitale e la rete. È in queste frontiere – come le chiama la ‘Traccia’ – che è necessario esercitare quel sapiente discernimento che permette di affrontare con serenità e impegno l’urgenza missionaria. I cinque verbi sono cinque vie che indicano una direzione di marcia da prendere e su cui camminare insieme”.

Il male del nostro tempo è l’autoreferenzialità, si legge nella “Traccia”: con quali iniziative, a Firenze e nei convegni preparatori, si cercherà di “mobilitare” la città e il territorio, e con quale “sguardo” verso i “lontani”? 
“I tre laboratori che attiveremo – a Milano sul tema del lavoro e del sociale, a Napoli su quello della cultura e dei media, a Perugia su quello dell’ecumenismo e dialogo interreligioso – saranno aperti alla viva partecipazione di tutte le componenti cattoliche, religiose e laiche del nostro Paese, per favorire un confronto e dialogo costruttivo sull’umanesimo, a partire da dimensioni fondamentali del vivere delle persone e della cittadinanza. È stato chiesto ai delegati di promuovere incontri a livello regionale sui contenuti della ‘Traccia’, aperti a tutte le componenti della società anche civile”.

Quello di Firenze sarà il primo Convegno ecclesiale nazionale “social”: un modo per favorire il “protagonismo dal basso”, soprattutto dei giovani? 
“Abbiamo programmato un sito dedicato che accoglierà gli apporti delle esperienze, proposte e suggerimenti sul tema del Convegno, da parte della base ecclesiale e civile del Paese, in modo da diffondere nel modo più ampio possibile i suoi contenuti, non solo sul piano culturale, ma di esperienza concreta. Per i giovani in particolare è stata attivata una via mediatica, gestita direttamente da loro, con lo scopo di far interagire, secondo i linguaggi e le vie proprie dei media, il numero più ampio possibile di giovani credenti e non, ma comunque interessati a dibattere il tema del nuovo umanesimo in Gesù Cristo e delle conseguenze che tale annuncio suscita e propone per l’oggi e il futuro della loro vita. La stessa scelta di trasmettere in diretta l’intero Convegno e permettere a tutti, anche da casa, d’interloquire in qualche modo con i suoi lavori indica la volontà di usufruire delle nuove vie mediatiche e digitali per amplificare al massimo la platea del Convegno”.

Abitare le “periferie esistenziali” con realismo e speranza: è possibile, e come, vincere la sfida di abbattere i muri e far diventare le frontiere “soglie”? 
“I muri non sono solo quelli costruiti e visibili, ma anche molti invisibili altrettanto reali che dividono le persone, le famiglie e le comunità. Spesso le frontiere delle nostre parrocchie, comunità religiose e laicali, risultano chiuse da barriere invalicabili che danno sicurezza, per cui il proprio piccolo mondo di riferimento diventa insostituibile e ogni ‘uscita’ dal recinto è giudicata inutile e rischiosa. Per far diventare le frontiere delle soglie, non basta la buona volontà, ma occorre una conversione del cuore, del pensiero, della stessa vita. Questa è la sfida positiva e stimolante che ci pone davanti Papa Francesco: non è una questione di migliore organizzazione della Chiesa sul territorio, ma di attuazione del principio conciliare del popolo di Dio in missione, in cui ogni fedele è chiamato a fare la sua parte”.

Michela Nicolais

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