Aristotele sostiene che l’uomo sia portato a filosofare: “Gli uomini hanno cominciato a filosofare a causa della meraviglia”.
Proviamo a sostituire, in questa storica affermazione, il verbo filosofare con il verbo conoscere: “Gli uomini hanno cominciato a conoscere a causa della meraviglia”. Quest’enunciato può esser confermato anche dalla nostra esperienza. Quando proviamo stupore nel vedere qualcosa, proviamo meraviglia (dall’aggettivo latino mirabilis cioè ammiverole) e vorremo subito conoscerla. La meraviglia è la fonte della conoscenza, generatrice della conoscenza è la meraviglia. Ciò che ci meraviglia richiama la nostra attenzione, fa nascere il desiderio della conoscenza, desta curiosità e a volte ne notiamo la bellezza… da rimanere anche senza parole per esprimerla. Ed essa ci procura gioia e pace. Può esser l’uomo allora insensibile alla bellezza?
La liturgia è bella per invitare l’uomo alla conoscenza di Dio: il canto armonioso e le pitture finemente colorate partecipano a tale invito. Il 28 giugno 2005 Papa Bendetto XVI disse: “Immagine e parola s’illuminano così a vicenda. L’arte «parla» sempre, almeno implicitamente, del divino, della bellezza infinita di Dio, riflessa nell’Icona per eccellenza: Cristo Signore, Immagine del Dio invisibile. Le immagini sacre, con la loro bellezza, sono anch’esse annuncio evangelico ed esprimono lo splendore della verità, mostrando la suprema armonia tra il buono e il bello, tra la via veritatis e la via pulchritudinis”.Tale rapporto tra bellezza e liturgia è stato anche evidenziato da Benedetto XVI nell’Esortazione Apostolica Sacramentum Caritatis, del 22 febbraio 2007 : “La liturgia … ha un intrinseco legame con la bellezza: è veritatis splendor… La bellezza, pertanto, non è un fattore decorativo dell’azione liturgica; ne è piuttosto elemento costitutivo”. E se la chiesa-edificio è spoglia? Se non ha nessuna pittura? La bellezza è prima di tutto nella fractio Panis e nell’incontrare la comunità.
Riccardo Naty