Credenti nel mirino / Il Pakistan ignora i richiami internazionali e subisce l’effetto “talebanizzazione”

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La legge sulla blasfemia – cosiddetta “legge nera” – continua a provocare conseguenze devastanti sulle minoranze, inclusa quella cristiana: si contano dozzine di nuovi casi registrati, ma il governo ignora i ripetuti richiami internazionali che chiedono una rettifica se non addirittura il divieto di applicare questa legge

Simbolo della persecuzione di cui sono oggetto i cristiani in Pakistan, è Asia Bibi, in attesa di essere messa a morte se la Corte Suprema non accoglierà il ricorso dei suoi difensori. Si vuole estendere la condanna a morte anche a chi offende solo il Corano, mentre gruppi islamici radicalipakistan chiedono l’immediato rilascio di un agente di polizia, reo confesso dell’uccisione nel 2011 del governatore del Punjab, Salman Taseer, che aveva osato difendere – come aveva fatto il Ministro cattolico della minoranze Shahbaz Bhatti, anch’egli ucciso – la donna cristiana madre di quattro figli.

Le conseguenze devastanti della legge sulla blasfemia. Come avverte la World Watch List di “Porte Aperte”, in Pakistan – collocato all’ottavo posto nella classifica delle regioni del mondo in cui è più feroce la persecuzione – i cristiani vengono presi di mira dalle organizzazioni militanti islamiche, dalla criminalità e da una cultura islamizzante che tende ad isolarli dal resto della popolazione. I credenti che ne hanno la possibilità, stanno lasciando il Paese e alcuni osservatori parlano di talebanizzazione della società pakistana. La legge sulla blasfemia – cosiddetta “legge nera” – continua a provocare conseguenze devastanti sulle minoranze, inclusa quella cristiana: si contano dozzine di nuovi casi registrati, ma il governo ignora i ripetuti richiami internazionali che chiedono una rettifica se non addirittura il divieto di applicare questa legge.

La sorte di Asia Bibi. Da anni, simbolo di questa persecuzione è Asia Bibi, in carcere dal 2009, condannata a morte l’anno successivo – l’unica sua speranza è il ricorso presentato dai suoi avvocati alla Corte Suprema – perché accusata di aver bestemmiato il nome di Maometto. Il codice penale prevede la pena capitale solo per chi insulta il “profeta”, ma la Corte federale per la sharia ha proposto al Governo di estendere la pena di morte come punizione per chi profana il Corano, che attualmente viene punito con il carcere a vita. Anche chi calpesta un giornale sul quale sono pubblicati “versetti sacri” può subire questa sorta e la proposta formulata, se approvata, aumenterebbe di gran lunga il numero di coloro che rischierebbero la pena di morte.

Impunità per gli assassini. Il clima del Paese nei confronti dei cristiani è ben testimoniato dalle manifestazioni che si sono tenute in favore della liberazione di Mumtaz Qadri, agente della polizia e guardia del corpo del governatore del Punjab, Salman Taseer e reo confesso del suo omicidio, avvenuto il 4 gennaio 2011. Taseer era “colpevole” di essere andato in carcere a trovare Asia Bibi e di aver riconosciuto la sua innocenza. Il suo assassino fu condannato a morte il 1° ottobre 2011 da un Tribunale anti-terrorismo di Rawalpindi e il giudice che lo condannò fu costretto a fuggire dal Paese dopo aver ricevuto minacce di morte. Nel marzo 2011 fu vittima di omicidio, per il medesimo motivo – aver difeso Asia Bibi – anche il Ministro cattolico della minoranze Shahbaz Bhatti. Qadri, che è considerato un “eroe”, viene giudicato in questi giorni dall’Alta Corte di Islamabad e i gruppi islamici radicali “Sunni Tehreek” e “Shabab-e-Milli Tehreek” hanno minacciato il Governo di “porre in atto conseguenze disastrose se non sarà assolto e rilasciato”. L’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill Sardar, esprime a Fides grande preoccupazione perché “se Qadri sarà assolto – nota – allora la paura e l’insicurezza aumenteranno in Pakistan: sarebbe un lasciapassare all’intolleranza religiosa e all’impunità. Sarebbe un certificare che gli elementi radicali della società possono dettare legge in Pakistan e una sconfitta della giustizia”.

Umberto Siro

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