Proposta rivoluzionaria / Comunità Papa Giovanni XXIII: “Diamo uno stipendio alle mamme con figli da zero a tre anni”

0
75
Giuseppe Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo Ramonda, responsabile dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII propone 800 euro al mese e calcola che complessivamente l’operazione possa costare sino a 14 miliardi di euro annui. Una cifra ingente per la quale indica anche i canali per recuperarli. Il concetto di fondo è “riconoscere il lavoro sociale enorme che fa colei che si dedica alla maternità”.

Giuseppe Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Giovanni Paolo II
Giuseppe Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Giovanni Paolo II

 

Uno stipendio per tutte le mamme che hanno figli da 0 a 3 anni, riconoscendo il loro lavoro “genitoriale”. È la proposta dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, che verrà presentata il 21 febbraio a Bologna. Può apparire una provocazione in un Paese come l’Italia, con un tasso di natalità (1,39 nel 2013) tra i più bassi al mondo e una fiscalità che non favorisce certamente la famiglia, ma seguirebbe l’esempio virtuoso di altri Paesi europei e alla fine, secondo la “Papa Giovanni”, non è irrealizzabile neppure sotto il profilo economico, come spiega il responsabile generale dell’associazione, Giovanni Paolo Ramonda.

Perché uno stipendio per le mamme?

“Innanzitutto è il riconoscimento della dignità del lavoro della donna: oltre a quello esterno, nella società, che è importantissimo, vogliamo che si riconosca pure il lavoro della maternità, tra le mura domestiche. Questo è il lavoro con la ‘L’ maiuscola, come diceva don Oreste Benzi. Vogliamo che venga recepito il grande valore della maternità. Se un bambino ha la possibilità di stare con il papà e, soprattutto, con la mamma nei primi anni di vita, avremo nel futuro una regressione degli ingressi in carcere e un abbassamento nell’uso delle sostanze, perché un figlio che cresce in famiglia matura anticorpi relazionali e psicologici. Inoltre abbiamo riscontrato, ad esempio, che in Giappone la crisi economica attuale è causata proprio dalla denatalità. Viceversa, lo sviluppo economico si ha se riparte la natalità”.

Ma di quanto potrebbe essere questo stipendio? Il Governo ha stabilito un bonus di 80 euro per le neomamme…

“Chiediamo di aggiungere uno zero: 80 euro non bastano neppure per comprare i pannolini, e lo sanno bene le famiglie che hanno dei bambini piccoli. Diamo uno stipendio alla mamma per il suo lavoro: lei saprà spendere bene questi soldi per la famiglia, e quindi ci sarà pure una ripresa economica”.

Quindi 800 euro per le mamme con figli piccoli, fino a 3 anni. Una cifra non indifferente per il bilancio statale. E la copertura economica?

“Si tratta di 14 miliardi di euro annui che possono essere recuperati: 3 miliardi dai fondi che già l’Inps destina alla maternità, 5 miliardi da una rimodulazione del bonus di 80 euro, 1 miliardo da un taglio degli stipendi di parlamentari e consiglieri regionali, 5 miliardi dalla tassazione delle transazioni finanziarie. Ma il concetto di fondo è riconoscere quel lavoro sociale enorme che fa colei che si dedica alla maternità. E poi, dando uno stipendio, risolleviamo tante famiglie in difficoltà e ridiamo loro dignità: nelle nostre case di accoglienza, negli alberghi solidali e nelle capanne di Betlemme accogliamo tanti nuclei familiari che sono sulla strada, perché hanno perso il lavoro e sono stati sfrattati”.

Uno stipendio per i primi tre anni di vita del bambino, a vostro avviso, può invertire il trend della “crescita zero”?

“Certo. Abbiamo delle comunità in Francia e in Germania, e da questo ‘osservatorio’ rileviamo che, dove ci sono politiche fiscali a favore della famiglia, la natalità è favorita”.

E dopo i 3 anni del bimbo? Di quale aiuto c’è bisogno?

“Serve un sostegno integrato con politiche fiscali e sociali a favore dell’intero nucleo familiare. Ma le nuove coppie hanno voglia di generatività e siamo convinti che, con una misura del genere, non si fermeranno al primo figlio…”.

Francesco Rossi