Una legge vecchia, risalente all’età fascista, più esattamente al 1929. È la normativa che contiene le disposizioni sull’esercizio dei “culti ammessi” nello Stato. Ma nell’Italia e nell’Europa del 2015, alle prese con società sempre più multi-religiose e multi-etniche, è arrivato il momento di dare una svolta decisiva ai lunghi dibattiti parlamentari e varare una nuova legge che detti regole e principi validi per tutti, soprattutto per le minoranze, ed elaborati nella cornice della Costituzione. Se ne è parlato a Roma il 17 febbraio, durante un convegno promosso dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia al quale hanno partecipato il presidente del Senato, Pietro Grasso, e il segretario generale della Conferenza episcopale, monsignor Nunzio Galantino. Tutti unanimi nel dire che è arrivato il tempo di varare una legge che passi dal concetto di “culto ammesso” al principio costituzionale di libertà religiosa.
Il tema della legge sulla libertà religiosa è stato in questi anni al centro di una serie di convegni che la Federazione delle Chiese evangeliche italiane ha organizzato a Roma radunando nei palazzi istituzionali rappresentanti delle diverse religioni. Ma quest’anno nella prestigiosa sala Zuccari del Senato si è respirata un’aria nuova. Una volontà condivisa di dare una svolta al dibattito per arrivare a una normativa condivisa. A dare il proprio sostegno all’iniziativa c’è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, in un messaggio inviato ai partecipanti, parla di un tema “di grande attualità” che “ripropone anche nel nostro ordinamento l’esigenza di aggiornare le tutele per tutte le minoranze religiose, nel quadro dei principi sanciti dalla Costituzione”. Il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha sottolineato che il nostro sistema legislativo in materia è regolato da una legge del 1929 ed è, pertanto, “obsoleta”. Da qui “quella urgenza” di predisporre “un suo complessivo superamento con una nuova legge” che sia “coerente ai principi costituzionali” e, al tempo stesso, “espressione della nuova realtà multiculturale che caratterizza l’Italia e l’Europa”. Si tratta – ha quindi concluso il presidente del Senato – di “una battaglia non solo politica” ma di “un impegno culturale” e “di un dovere etico per il nostro Paese”.
La Chiesa cattolica ha sempre partecipato ai dibattiti ma quest’anno, per la prima volta, lo ha fatto con la presenza al convegno del segretario generale della Conferenza episcopale. Parlando ai rappresentanti delle altre religioni, monsignor Nunzio Galantino ha assicurato che i vescovi italiani hanno sempre seguito con “attenzione” e con “un apprezzamento in linea di principio positivo” il dibattito. D’altronde – ha fatto notare – dagli indirizzi del magistero della Chiesa cattolica, “emerge nettamente l’esigenza di non limitarsi alla dimensione della mera tolleranza e di procedere a un pieno riconoscimento della libertà religiosa in tutte le sue dimensioni”. “Quel che pare necessario approfondire insieme – ha
sottolineato Galantino – è l’impostazione e la finalità di un eventuale intervento legislativo, che rimane auspicabile se puntualmente circoscritto nelle sue finalità (si pensi, ad esempio, all’edilizia per il culto, al rispetto di pratiche e norme rituali connesse alle varie tradizioni religiose, al riconoscimento dei ministri delle confessioni che possono celebrare matrimoni con effetti civili, ecc.) e armonico rispetto al disegno costituzionale, oltre che pienamente rispettoso degli accordi e delle intese fin qui stipulati”.
L’Italia è cambiata ed è cambiata in grande velocità. “Oggi – osserva Paolo Naso, docente di scienza politica all’Università La Sapienza – c’è una più diffusa consapevolezza che il pluralismo religioso è un valore democratico fondamentale e che non può più essere governato da vecchie norme del tutto incapaci di coglierne tutta la complessità e la ricchezza. L’impressione è che ci sia un clima culturale nuovo e che si possa avviare un percorso anche in rapporto con le norme europee”. L’esperienza della legge varata dalla regione Lombardia sulla pianificazione dei luoghi di culto religiosi (conosciuta anche come “legge anti-moschee) dimostra – osserva Naso – che “la gente ha paura di un Islam che non conosce”. E a chi sottolinea il rischio di aprire troppo le “porte di casa”, risponde: “Al contrario, una legge nazionale che regolamenta la normativa sui culti rende trasparenti i processi, che si sono avviati nella società italiana, e visibili le moschee, i luoghi di culto, i centri di preghiera. Ed è quindi una legge che fa un’operazione di pulizia e di trasparenza”.
Maria Chiara Biagioni