Quando si va in pensione si entra in una nuova fase di vita. Decisamente è irrealistico immaginare la terza età come tempo di vulnerabilità, tanto meno come tempo passivo. La qualità di vita degli anziani è notevolmente cambiata.
Una recente ricerca del Censis su “L’eccellenza sostenibile di nuovo welfare” invita a prendere atto di un nuovo scenario prima di considerare le possibilità d’intervento per la “longevità non autosufficiente”.
Due sono gli aspetti illustrati del primo periodo della terza età: da una parte la vitalità e la pluralità d’interessi che caratterizzano la quotidianità: oltre 3,1 milioni si impegnano qualche volta nel volontariato; 2,6 milioni dedicano del tempo ad attività fisica; 5,3 milioni ogni tanto frequentano cinema, teatro o musei; altri 2,5 milioni si dedicano a volte al ballo e 2,9 viaggiano all’estero. Dall’altra parte’ la ricerca descrive le azioni di solidarietà familiare che dagli anziani scaturiscono: assistenza a persone non autosufficienti; sostegno economico ai figli o nipoti; cura dei bambini. Si legge nell’indagine del Censis: “I longevi non sono solo recettori di risorse e servizi di welfare, ma sono tra i grandi protagonisti di una redistribuzione orizzontale”. La fase di vita anziana può essere generativa per la società.
Diverso tono assume l’indagine quando tratta della non autosufficienza. Emergono le scelte e le difficoltà per l’assistenza di un modello italiano. L’opzione dominante è stata la domiciliarità dove i carichi di cura, se non ripartiti tra i parenti, sono affidati a una badante. La restrizione dei budget familiari ha però portato oltre 500mila famiglie a impiegare la totalità dei risparmi, vendere l’abitazione o indebitarsi, mentre in 910mila famiglie più membri si accordano insieme per contribuire a sostenere le spese assistenziali.
Il quadro emerso nell’assistenza degli anziani non autosufficienti produce disparità di trattamenti: infatti, mentre le famiglie più abbienti possono ricorrere a collaboratrici con maggiori qualifiche e professionalità, in alcuni casi gli altri anziani sono assistiti da persone inadatte, in altri casi ancora le famiglie tornano a occuparsi direttamente di loro.
Una seconda opzione per la non autosufficienza sarebbe la soluzione residenziale che però è valutata in modo negativo da tutti gli italiani: sono “parcheggi per vecchi”, si legge nella ricerca. Proprio in questo ambito il Censis propone la possibilità d’innovazione del welfare attraverso il miglioramento della qualità del servizio, perché gli italiani sarebbero disponibili alla scelta residenziale se trovassero assistenza sanitaria efficace e tempestiva, contesti favorevoli alla socialità, sedi aperte alle comunità esterne e possibilità di attività diversificate per gli ospiti.
Andrea Casavecchia