Anche per i vestiti che indossiamo è tempo di futuro, un futuro in qualche modo già divenuto realtà. Ma questa volta non è una questione di moda, bensì di risparmio… energetico! E ad essere chiamati in causa sono gli indumenti invernali, purché di “ultima generazione” ovviamente. Ma procediamo con ordine.
I primi ominidi nostri antenati, circa un milione di anni fa, cominciarono ad usare il fuoco per stare al caldo nei loro rifugi naturali. Noi, oggi, utilizziamo l’energia in molte più forme e per molteplici scopi, ma il 47% dell’energia globale continua ad essere impiegata semplicemente per il riscaldamento al chiuso, e il 42% di questo specificamente per riscaldare edifici residenziali. A fronte del consumo continuo di una tale porzione di energia, è imprescindibile l’esigenza di trovare modi per ridurne l’uso, unica via alla soluzione del problema della crisi energetica globale. Peraltro, negli ultimi 100 anni, i gas serra prodotti dall’uomo hanno contribuito a produrre un aumento stabile della temperatura della superficie terrestre di circa 0,74 °C, e gli impianti di riscaldamento costituiscono fino al 33,5% dell’emissione totale dei gas serra. Insomma, ce n’è abbastanza per spingere l’ingegno umano a cercare con urgenza alternative utili allo scopo. Finora, la maggior parte degli sforzi è stata indirizzata verso la ricerca di materiali di costruzione e d’isolamento termico più efficienti. Tuttavia, ancora una larga porzione di energia viene dispersa per mantenere la temperatura degli spazi vuoti e degli oggetti inanimati all’interno degli edifici. Così, alcuni ricercatori della Stanford University (Stanford, California, Usa) hanno pensato di cambiare prospettiva e spostare il “focus” del risparmio energetico dagli oggetti materiali all’uomo.
Questo nuovo approccio ottimale di risparmio energetico è denominato “gestione termica personale” (personal thermal management). Una buona gestione termica personale – hanno pensato i ricercatori – dovrebbe essere attuata mediante un qualcosa di facilmente indossabile, proprio come normali vestiti, in grado di ridurre la perdita di calore corporeo o anche, all’occorrenza, di innalzare la temperatura corporea. Detto, fatto. Gli scienziati “stanfordiani” hanno immerso del cotone ordinario in una soluzione di particelle di nanofibra d’argento, ottenendo così una rete di conduzione, integrata nel cotone. Provando poi a variare la concentrazione della soluzione, sono riusciti a controllare la distanza delle particelle nella rete di conduzione fino a determinarne il corretto posizionamento, in modo tale che il tessuto ottenuto fosse in grado di trattenere oltre l’80% del calore emanato dal corpo, pur continuando a lasciar passare le particelle d’acqua (traspirazione). Ottenuta, quindi, la “traspirabilità” del materiale, il nuovo e rivoluzionario tessuto può essere utilizzato per cucire dei confortevoli vestiti invernali, capaci di farci stare al caldo molto più di un tradizionale capo invernale. Ma se incappassimo in giornate di freddo eccezionale, sarebbe sufficiente indossare questi abiti? Niente paura, gli scienziati hanno pensato anche a questo. Con una piccolissima alimentazione elettrica, pari ad appena 0,9 volts (ovviamente, applicata agli indumenti in modo da non recare alcun danno alla persona), questi indumenti sono in grado di riscaldarsi fino ad una temperatura di 40 °C! Decisamente meglio che avvolgersi in una coperta elettrica fino a che non giunga primavera.
E il risparmio energetico? Beh, indossare indumenti così caldi e confortevoli può ridurre sensibilmente il bisogno di riscaldare i nostri ambienti vitali, risparmiando in questo modo una grande quantità d’energia. I ricercatori, infatti, hanno stimato che una persona che normalmente utilizza il riscaldamento domestico per 4 mesi, con una temperatura esterna media di circa 10 °C, indossando questi nuovi “nanoabiti termici”, potrebbe risparmiare fino a 1000 kw/ore di energia all’anno (circa 300 litri di gas per il riscaldamento). Di questi tempi, vi pare poco?
Maurizio Calipari