Scuola / Quel prof non ha sbagliato. Sospeso e reintegrato dopo lo scontro con un alunno

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Un professore punito per aver fronteggiato un po’ troppo “ruvidamente” uno studente sedicenne. E, alla fine, dopo un periodo di sospensione, il ministero che riconosce al docente di aver operato bene e lo reintegra a scuola. scuolap
Il fatto, riferito dai media, è avvenuto a Milano: nel dicembre scorso lo “scontro” a scuola, poi la procedura dell’Ufficio scolastico e in aprile il rientro in servizio dell’insegnante, con “tante scuse”: sospensione revocata e risarcimento delle spese legali.
La vicenda è singolare e accende i riflettori su “temi caldi” della relazione educativa, a scuola e non solo. In particolare, sulla difficoltà di rapportarsi agli adolescenti. Così racconta l’insegnante a proposito dell’accaduto, iniziato con un rimprovero allo studente, in classe, perché disturbava: “Lui si mette a ridere. Gli dico esci dalla classe. Tu chi sei per dirmi cosa devo fare. Lo prendo per la maglietta per farlo uscire. Mi si piazza davanti, il suo petto contro il mio, gli occhi negli occhi. Cerco ma non trovo un commesso che lo accompagni in presidenza. Gli chiedo ancora di uscire. Mi risponde: sei soltanto un vecchietto sennò ti avrei già ammazzato. Respiro. Penso: che cosa è educativo fare adesso, devo mostrare a lui e ai compagni che non ho paura”. L’insegnante fronteggia il ragazzo, qualche insulto scappa anche a lui. “Si poteva fare di meglio, certo – riconosce adesso -. Ma è la risposta che in quel momento ho saputo dare”.
Nel corridoio, fuori dalla classe, lo studente mette addirittura le mani al collo all’insegnante. E lo minaccia di nuovo. “Lo allontanano – racconta l’insegnante – ma fa una rampa di scale e viene ancora da me, mi mette di nuovo le mani alla gola. Ancora minacce. Mio padre ti squarta. Resto immobile. Reagire fisicamente? Un adulto con un ragazzo non deve farlo mai. Un professore poi, è escluso”. Infine l’intervento del preside.
Colpisce, nella ricostruzione, il pensiero dell’insegnante di “non mollare” la posizione, di non abdicare alla funzione di adulto. In particolare nel mostrare al ragazzo “e ai compagni” di non aver paura. E ancora: la domanda su cosa sia “educativo”. Il conflitto, anche duro, è affrontato avendo chiari i ruoli e i confini, tenendo saldo il timone, cosa che – lo sa bene chi ha a che fare con gli adolescenti, figli o allievi che siano – non è proprio facile.
L’insegnante, immediatamente, è stato sanzionato (e anche l’alunno è stato sospeso). Dopo mesi ecco cosa scrive, invece, l’Ufficio scolastico, revocando il provvedimento di sospensione del docente: il suo “decisivo intervento” non è “lesivo nei confronti del ragazzo bensì volto a contrastare l’atteggiamento di aggressività per riportarlo nei canali di una corretta relazione educativa”. E il ministero spiega anche che “in tali emergenze educative non si devono allontanare le due parti” ma occorre “mettere in atto un dialogo condiviso per ricostruire un equilibrio”.
Insomma, lo scontro, il conflitto – anche quello esasperato – deve poter trovare collocazione in un orizzonte di recupero educativo, di attenzione allo sviluppo corretto del ragazzo, senza abdicare alla responsabilità dell’adulto. Tutt’altro che facile, certamente. Ma il caso di Milano, una volta di più, fa pensare che la nostra scuola così spesso bistrattata e afflitta da molte difficoltà altrettanto spesso denunciate, ha comunque al suo interno risorse importanti. E persone impegnate in una prospettiva educativa.

Alberto Campoleoni

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