In tutta Europa si radica un sentimento populista che pone interrogativi alla pratica democratica. Le recenti tornate elettorali in Spagna e in Polonia, per esempio, come in Francia o Gran Bretagna in precedenza, hanno portato al successo movimenti che parlano delle paure e insicurezze dei cittadini, di insofferenza verso le istituzioni, di forte identità delle comunità territoriali. Movimenti simili sono presenti anche in Italia dai cinque stelle ai leghisti.
Sicuramente la capacità attrattiva di queste forze politiche parte da una debolezza dei partiti tradizionali che hanno perso il radicamento con il territorio e le persone che lo abitano. Quei partiti oggi faticano da una parte a spiegare le loro ragioni, dall’altra parte a intercettare alcuni bisogni specifici. Per correre ai ripari una delle soluzioni più facili è l’individuazione di un leader forte, capace di essere comprensibile, quando parla attraverso i mezzi della comunicazione, e quindi attraente e tranquillizzante. Però anche in questo modo si cade in una sorta di populismo sottotraccia perché si escludono le cinghie di trasmissione di un processo democratico tra rappresentanti e rappresentati; si escludono i corpi intermedi e il principio di sussidiarietà che garantisce la pratica democratica.
Il populismo invece è una scorciatoia del consenso. Si basa su alcune specifiche caratteristiche che sono facilmente rintracciabili nel dibattito politico europeo, appena si gratta sotto i contenuti.
Non è difficile riconoscerlo, si può fornire una piccola legenda: la pretesa di rappresentare il proprio popolo radicato in una specifica comunità; la ricerca di modificare le gerarchie senza cambiare il sistema; il continuo riferimento alla corruzione dell’élite ; la proposta di partiti dei “buoni” contro partiti dei “cattivi” che non comprendono le esigenze della gente; un’astratta fiducia nei “tecnici” che possono proporre soluzioni appropriate; la relazione/identificazione quasi carnale tra capi e popolo, che schiaccia i corpi intermedi; un linguaggio vicino a quello pubblicitario dove il prodotto è presentato in modo semplice, senza macchia e dove si fa continuo appello al senso comune.
Insomma è la fragilità della democrazia ad alimentare la forza dei populismi che si appellano alle difficoltà di gestire l’immigrazione, alla rigidità dell’austerity economica, alle inefficienze della burocrazia amministrativa, ai problemi della sicurezza pubblica. Più crescerà la distanza dei partiti dai cittadini più ampio sarà il radicamento del populismo in Europa. Serve dunque uno sforzo per sostenere e promuovere i corpi intermedi in modo che riconoscano il proprio fondamentale ruolo, in modo da evitare i populismi sottotraccia e disinnescare quelli evidenti.
Andrea Casavecchia