Digitale terrestre, voci del territorio a rischio blackout

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Rischio black-out per le tv locali. L’allarme nasce a seguito della decisione del governo di tagliare nove frequenze televisive per destinarle alle compagnie telefoniche, assegnando al contempo altri canali ai network nazionali. Una manovra che permette all’esecutivo, tra l’altro, d’incamerare una cifra stimata in almeno 2,4 miliardi di euro dall’asta per la banda larga mobile. Mentre si parla del “pericolo” di dover risintonizzare i decoder per la variazione della numerazione dei canali (nei giorni scorsi il Tar del Lazio ha annullato la delibera con cui l’Autorità garante delle comunicazioni fissava la numerazione, provvedimento sospeso dal Consiglio di Stato), quello dell’oscuramento per mancanza di frequenze è un problema che rischia di coinvolgere 200-250 emittenti locali.

Non solo “piccole” emittenti. “Innanzitutto dobbiamo precisare che non si tratta solo di ‘piccole’ emittenti, ma di tv locali che, a volte, hanno pure dimensioni medie e grandi”, sottolinea al SIR Luigi Bardelli, presidente dell’Associazione Corallo, che rappresenta 300 radio e tv d’ispirazione cattolica. “A rischio – aggiunge Bardelli – sono sigle come Telechiara in Veneto, Telenova in Piemonte e Lombardia, Tvl in Toscana. Poi tante emittenti comunitarie, legatissime al territorio”. Tra le regioni con più affollamento televisivo, dove quindi il pericolo dell’oscuramento è maggiore, “primeggia – segnala Corallo – la Toscana”. Per quanto riguarda i canali televisivi d’ispirazione cattolica, “su 70 aderenti a Corallo almeno la metà potrebbe non aver più la frequenza”. Dopo, l’unica possibilità per trasmettere resta quella di essere “fornitori di contenuti” ad altre emittenti, siglando contratti. Ma, mette in guardia il presidente dell’Associazione radiotelevisiva, “sono realtà in concorrenza, che operano sullo stesso territorio”: probabilmente non hanno interesse a spartire la torta dell’offerta. E, anche se il governo stabilisse l’obbligo di trasportare i canali rimasti senza frequenza, “a quali emittenti ci si appoggia? Se falliscono, come evitare di finire a nostra volta oscurati?”. Oltre al rischio, rincara la dose Bardelli, che i titolari delle frequenze “vadano a risparmiare sulla manutenzione, ad esempio, di ripetitori che portano il segnale della tv locale”. Insomma, senza indipendenza il rischio è, alla fine, che queste emittenti, non solo “piccole” ma di sicuro legate al territorio, restino senza voce.

Stop all’“esproprio”. Tuttavia, il digitale non doveva estendere pressoché all’infinito le possibilità di trasmettere? “In realtà – riprende Bardelli – non è così, si riproduce anche qui lo stesso blocco di potere dell’analogico, con un duopolio Rai-Mediaset al quale rischia di affiancarsi un ‘terzo incomodo’ rappresentato da Sky”. Prova ne è che “mentre alle tv locali vengono sottratte le frequenze dalla 61 alla 69, a quelle nazionali, che già sono ben fornite, vengono regalati altri canali”, che invece potrebbero ovviare, almeno parzialmente, al problema. Un “appello alle forze politiche perché non venga portato a termine questo esproprio e si pongano in essere tutti i tentativi per salvaguardare un patrimonio di informazione che ha un forte radicamento valoriale, territoriale e comunitario” viene lanciato dal presidente del Copercom (Coordinamento delle associazioni per la comunicazione), Domenico Delle Foglie, d’intesa con il consiglio esecutivo del Coordinamento, che “si associa alla denuncia della ‘tele-mattanza’ lanciata dal quotidiano Avvenire”.

Colpita sempre la voce del territorio. “L’urgenza di fare cassa non deve far perdere di vista il diritto all’informazione di cui devono sempre godere i cittadini”, richiama Francesco Zanotti, presidente della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), denunciando che “con un ennesimo provvedimento il governo mette a rischio il pluralismo dell’informazione, a scapito dei più piccoli, a vantaggio dei soliti noti”. Non è una critica ai grandi media, precisa Zanotti, dal momento che “anche le grandi emittenti fanno informazione, ma c’è un’altra faccia dell’informazione, quella legata al territorio, che viene costantemente bastonata”. “Lo scorso anno – prosegue – è stata la carta stampata con l’aggravio delle tariffe postali, adesso è la volta delle tv locali”. Ma “il pluralismo dell’informazione è un bene dal quale non si può derogare in una democrazia compiuta” e “togliere una voce – conclude – è sempre un impoverimento per la nostra società”.

SIR

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