Tutela disattesa. Il “progressivo smantellamento del sistema della protezione dei minori nelle trasmissioni televisive” sta avvenendo in Italia “in aperto contrasto con le direttive comunitarie”, rileva il Comitato Media e Minori. “Con una forzata interpretazione della normativa – spiega – Agcom ha parificato indiscriminatamente i film vietati ai minori di 14 anni a quelli semplicemente nocivi, consentendone la trasmissione nelle fasce orarie di trasmissione per tutti purché con l’utilizzo del parental control”. Per il Comitato è “un fatto grave che un’interpretazione dell’Autorità regolamentare vanifichi disposizioni di legge e del Codice di autoregolamentazione”. “Il Comitato – scrive il presidente Franco Mugerli – ha più volte richiamato Governo e Parlamento”, evidenziando che “la tutela dei minori nella programmazione televisiva è ulteriormente disattesa dalla deroga introdotta dalla legge italiana alla direttiva europea”. Infatti la normativa italiana (Testo unico sui Servizi media audiovisivi-Sma, il cosiddetto “Decreto Romani”), in contrasto con la direttiva europea 2010/13/Ue Sma, “consente trasmissioni gravemente nocive per i minori (pornografia e violenza efferata) in orario notturno sulle televisioni a pagamento con un sistema specifico e selettivo”, denominato “parental control”. “La stessa Commissione europea – annota Mugerli – ha chiesto alle autorità italiane se e come sarà assicurato che in Italia le trasmissioni televisive contenenti programmi che possono nuocere gravemente ai minori” non vengano “comunque diffuse”.
Spalancato l’accesso alle trasmissioni gravemente nocive. A provocare l’allarme il “Regolamento in materia di accorgimenti tecnici idonei da adottare per l’esclusione della visione e dell’ascolto da parte dei minori”, di cui alla delibera Agcom dello scorso 22 luglio. Attraverso tale provvedimento, avverte il Comitato, l’Autorità “ha spalancato l’accesso televisivo alle trasmissioni gravemente nocive per i minori, disattendendo peraltro ai requisiti richiesti dalla norma al riguardo: alla verifica della maggiore età dell’utente che intende accedere ai contenuti ‘adult’, alle modalità non riservate di comunicazione del codice e alla genericità del codice, attualmente fornito in maniera standardizzata dai produttori di apparati riceventi, pur con facoltà di modifica da parte dell’utente”. Il “parental control” funziona difatti mediante l’introduzione di un codice che inibisca la trasmissione, sull’apparecchio televisivo, di determinati contenuti. Ma “la ratio della norma – sottolinea Mugerli nella lettera inviata al ministro Romani – non può essere surrogata da un surplus d’informativa”, dal momento che alla base della normativa non vi è “la funzione parentale”, ma “l’inibizione dell’accesso alla visione del contenuto pregiudizievole ai minori”.
Il “codice” non basta. Ora, a seguito del “Regolamento” approvato dall’Agcom, le trasmissioni vietate ai minori di 14 anni potranno andare in onda senza vincoli di orario sulle reti a pagamento (e l’unico limite per non renderle visibili ai minori è il codice); inoltre c’è il rischio che, quando il digitale avrà coperto l’intero territorio nazionale, vengano trasmesse anche alle tv in chiaro che, grazie al digitale, saranno dotate di “parental control”. “Ricordando che per il Codice di autoregolamentazione Tv e Minori ‘il minore ha diritto a essere tutelato da trasmissioni televisive che possono nuocere alla sua integrità psichica e morale’, il Comitato Media e Minori – conclude – si appella al ministro Romani perché si faccia carico delle problematiche evidenziate consentendo al Comitato stesso di assolvere al mandato istituzionale affidatogli”.
SIR