Le date hanno sempre un profondo significato nella storia dell’umanità, sia sotto il profilo personale e privato, sia per gli Stati e le Nazioni che attraverso di esse ricordano al proprio popolo gli ideali e le origini di una storia comune. Ci sono date che a partire dagli anni della maturità scolastica è proprio impossibile dimenticare, come il 14 luglio del 1789, che ai nostri cugini d’Oltralpe ricorda la presa della Bastiglia e l’inizio simbolico della Rivoluzione francese. Tale data sebbene sia legata ad un contesto nazionale segna sotto il profilo storico una sorta di spartiacque tra il mondo degli stati assoluti e accentrati, l’Ancien Régime, e quello dello stato democratico, ovvero l’inizio dell’era contemporanea. I libri di storia ci hanno trasmesso la cronaca dei cruenti scontri lungo le strade di Parigi e alla porte di Versailles, da un lato l’esercito regio e la corte di Maria Antonietta e dall’altro i cittadini, uomini e donne armati della forza del grido di libertà dalle oppressioni dell’aristocrazia. Se i documenti d’archivio hanno raccontato di Marat, Robespierre, Danton e dell’eroicità del popolo francese, la Rivoluzione ha ispirato la creazione di veri e propri “personaggi” che vanno dalla narrativa romanzesca come la Primula Rossa, fino alla serie animata di Lady Oscar, ideata dalla fumettista giapponese Riyoko Ikeda, insignita della prestigiosa Legion d’onore nel 2008 dal governo francese.
Quello che vogliamo raccontare in questo afoso luglio 2015 è la storia di un artista, di una donna e di un ideale raccolti in un quadro. Ferdinand Victor Eugène Delacroix è tra i principali esponenti del movimento pittorico romantico, colui che forse più di tutti ha saputo interpretare gli ideali della Rivoluzione, in anni in cui (1820-1830) altri moti agitavano l’Europa e fronteggiavano una nuova ondata di politica reazionaria. La donna è Marianne la personificazione di una nazione. Delacroix è stato un artista provocatorio e le sue opere non vogliono essere l’elogio della purezza stilistica, come quelle di Jacques-Louis David, bensì vogliono comunicare l’esaltante e struggente moto dei sentimenti. Per farlo egli rinuncia al tecnicismo asciutto del disegno, e utilizza una tavolozza dai colori accesi e vibranti che davano vita a composizioni dinamiche e costruite su un ritmo narrativo fluente e talvolta angoscioso.
Amico del poeta “maledetto” Charles Baudelaire che lo definì “un grande genio malato di genio”, Delacroix vedeva proprio nel colore il principale medium comunicativo; i guizzi rapidi che suggerivano più che definire le forme sono lo specchio di un mondo interiore poetico, agitato da passioni, da sogni e paure. Allo stesso tempo la sua pittura non è una fuga idealista e visionaria dalla realtà, anzi sono proprio le vicende contemporanee che entrano di impeto nelle sue opere, ma sempre alla luce di un ideale superiore, come nel celebre dipinto “La libertà che guida il popolo” (Parigi, Musée du Louvre), realizzato come risposta all’oppressione di Carlo X di Francia. Nel dipinto, in primo piano, troviamo la figura femminile di Marianne, allegoria della Repubblica francese. La donna ha le sembianza della Venere di Milo, indossa il berretto frigio simbolo della libertà e con la mano destra sventola verso l’alto la bandiera francese, mentre con la sinistra impugna un fucile, simbolo della lotta. Con lei, in questa impetuosa marcia eroica, una serie di personaggi rappresentano tutte le classi sociali e tutte le generazioni: il borghese con il cilindro e il fucile, il soldato con la sciabola sguainata, il proletario armato alla buona e il bambino che stringe le pistole (il Gavroche dei Miserabili di Victor Hugo). La distanza temporale da quel 14 luglio del 1789 sembra d’un tratto accorciarsi e lo spirito che portò alla presa della Bastiglia riemerge con impeto in tutta la sua forza.
Adolfo Parente