Cinema / La genesi di Terminator: un film spettacolare che perde l’occasione per diventare qualcosa in più

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Mentre i dinosauri di “Jurassic World” battono ogni incasso nei box office del mondo, esce nelle sale terminator-genesisitaliane un altro film che vive della stessa logica della pellicola sui lucertoloni verdi: è un reboot, cioè un “ri-inizio”, di un blockbuster del passato di grande successo. Stiamo parlando di “Terminator Genesys”, in cui Arnold Schwarzenegger, nonostante i sessantott’anni, torna a vestire i panni del robot che viaggia nel passato, panni che lo hanno reso famoso nel 1984. La saga di “Terminator”, come quella di “Jurassic Park”, è una delle saghe di fantascienza più riuscite e longeve e il cinema americano (i critici dicono perché mancante di idee) torna ad essa per riadattarla ai nuovi tempi e farla conoscere alle nuove generazioni.

Dietro la macchina da presa un regista che viene da serie tv di successo, come “Il Trono di Spade” e “I Soprano”, Alan Taylor, che ha accettato la sfida di un reboot non facile da realizzare, se non altro per le aspettative dei fan e della critica pronti a fare paragoni inevitabili con l’originale.

“Terminator Genisys” è ambientato in gran parte in un futuro dove tutti sono costantemente connessi, attraverso smartphone, tablet e computer sempre più sofisticati, e il progresso si trasforma in una minaccia per la privacy e la sicurezza personale e globale, di nome Skynet. John Connor è il leader della resistenza umana e spedisce il sergente Kyle Reese indietro nel 1984 per proteggere Sarah Connor e salvaguardare il futuro. Però un evento inaspettato crea una frattura nella linea temporale e il sergente Reese si trova in una nuova e sconosciuta versione del passato, dove incontra improbabili alleati, tra cui il Guardiano, nuovi pericolosi nemici, e una missione imprevista: un futuro diverso.

Il film può considerarsi un vero sequel della celebre saga di Cameron, anche se vive di una sua identità non del tutto legata all’immaginario costruito in precedenza. Infatti, pur mantenendo delle componenti fondamentali e alimentando l’effetto nostalgia, soprattutto nelle prime scene del film che appaiono come un esplicito omaggio alle origini del 1984, Alan Taylor cerca di lasciare una sua impronta alla storia. I viaggi nel tempo rendono questo nuovo film molto più futuristico degli altri e donano un ritmo dinamico, scandito da un’azione dominata da inseguimenti acrobatici, esplosioni e scontri corpo a corpo. La spettacolarità e la tecnologia 3D aiutano senza dubbio a confezionare un film di puro intrattenimento, ma non permettono di andare oltre. Mentre nei film diretti da James Cameron si rifletteva sul rapporto tra umanità e tecnologia, sul futuro che aspetta una società che ha preso una deriva tecnicistica, un mondo che diventa post-antropocentrico, in cui si analizza anche l’impatto devastante di un uso sconsiderato delle risorse della terra, questo film lascia da parte ogni riflessione filosofica, etica o biotica, e si concentra di più sulle relazioni personali tra i personaggi. Il T-800 di Schwarzenegger conferma la sua umanità nei panni di un cyborg dal cuore di metallo, al quale spettano le migliori battute.

Un film spettacolare, perfettamente congegnato e dotato di suspense, che però, come il suo “simile” Jurassic World, perde l’occasione per diventare qualcosa in più: e cioè un’opera capace di far riflettere su grandi problematiche della nostra contemporaneità, come le grandi pellicole di fantascienza sanno fare.

Paola Dalla Torre