Dopo le parole del Papa all’udienza generale, Cristina Simonelli, presidente del Coordinamento delle teologhe italiane, rivendica il superamento della ”idea di una filosofia/teologia ‘perenne’, al di sopra della storia, delle differenze, delle culture e dei soggetti”. È come ”se ci fosse ‘tutta’ la teologia e poi un’altra, vista al femminile”
“Un effetto duplice”. Cristina Simonelli, presidente del Coordinamento delle teologhe italiane e docente di teologia patristica alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, non si scompone di fronte alle parole pronunciate ieri all’udienza generale da papa Francesco. “Esistono molti luoghi comuni, a volte persino offensivi, sulla donna tentatrice che ispira al male. Invece c’è spazio per una teologia della donna che sia all’altezza” della benedizione di Dio “per lei e per la generazione!”, ha esclamato il Pontefice richiamando il racconto della Genesi sul peccato originale.
Che effetto le fanno le parole del Papa?
“Come altre volte, un effetto duplice: un po’ di soddisfazione per l’intenzione e non poco disappunto per la formulazione. È come se nella Chiesa ci si stesse risvegliando da un grande sonno: non è ormai possibile pensare l’orizzonte cristiano senza le donne e senza nominarle, e questa è un’ottima cosa. Ma durante il lungo sonno sono successe tante cose… È tutta la teologia, nelle sue molteplici forme, che va affrontata da tanti punti di vista e da tanti soggetti. In questa espressione sembra invece che ne vada solo aggiunta una parte, ‘sulla donna’. Come se ci fosse ‘tutta’ la teologia e poi un’altra, vista al femminile”.
Quindi, secondo lei, non ha senso parlare di teologia “al femminile”?
“Oggi occorre piuttosto attraversare le teologie, che sono ormai anche ‘plurali’, con la domanda della differenza che può essere anche, ma non solo, di genere. Ma superata è soprattutto l’idea di una filosofia/teologia ‘perenne’, al di sopra della storia, delle differenze, delle culture e dei soggetti. Le prospettive che incrociano la vita delle donne si potrebbero piuttosto dire definitivamente provvisorie: nel senso che stanno tra l’affermazione delle parzialità e il loro convergere verso la comunione. Le formulazioni ‘femminile/femminista, differenza e genere’ del resto non sono identiche e ognuna richiederebbe una spiegazione: si possono tuttavia raccogliere proprio con questo denominatore comune”.
Il Papa ha inoltre “bocciato” definitivamente l’equivalenza donna/tentatrice…
“Sì, ed è un altro aspetto notevole del suo messaggio: il ricorso a Genesi rischia di essere rigido, ma permette tuttavia di affermare che non si può proporre questa equivalenza. Il Pontefice si allarga inoltre alle ‘tuniche di pelle’, come dire, comunque siate, per voi Dio fa un vestito. Questa affermazione si presta a molti volti e può sorreggere molte letture innovative”.
Molte donne si dedicano oggi allo studio e all’insegnamento della teologia nelle istituzioni accademiche e la loro presenza è sempre più qualificata e significativa: un ruolo adeguatamente riconosciuto?
“Il Coordinamento teologhe italiane raccoglie circa 130 socie ma non è un albo professionale, bensì una rete di solidarietà e ricerca, catalizzatore di un contesto più largo. Se si osserva la situazione dal punto di vista dei numeri, quella femminile è ancora decisamente una minoranza, su cui pesa sia la difficoltà pratica di accesso all’intero lunghissimo iter di formazione, sia l’assoluta precarietà economica della docenza. Tuttavia c’è molto fermento e in diversi contesti, sia accademici che formativi, sono tangibili la stima reciproca e l’amicizia fra colleghi, uomini e donne”.
Più in generale, quale spazio viene oggi riconosciuto alla donna all’interno della comunità ecclesiale?
“Ogni tanto si parla ironicamente di uno sciopero delle donne nella chiesa: si capisce immediatamente che il sistema si bloccherebbe, con liturgie disertate, catechesi abbandonata, vari servizi non espletati, per limitarsi a quello che avviene fuori dalle mura domestiche. Non si può però non evidenziare che, pur maggioranza assoluta nella comunità, raramente ricoprono ruoli decisionali: e non potrebbe essere altrimenti, dato lo stato ancora decisamente clericale della chiesa”.
La trasmissione della fede avviene per linea femminile. Lo ha ricordato anche il Papa nell’omelia a santa Marta lo scorso 26 gennaio sottolineando il ruolo delle mamme e delle nonne, ma non solo. Questo filo si è interrotto?
“Che dire? Detto così, ci sono molte cose che non quadrano. Il ruolo delle donne nella trasmissione della fede è ben più ampio e certo non si limita, come rileva il Papa, ai ruoli familiari. In ogni caso, altro è rilevarne l’importanza, tutt’altra cosa è dire che questo è un dovere delle donne, non ‘funziona’ così”.
Che cosa chiedono e auspicano oggi le teologhe italiane?
“Vogliamo tutto! Cura della casa comune e disarmo, una Chiesa all’altezza delle sfide di un mondo globalizzato, senza recinti. Una comunità ecclesiale che vegli sui processi sinodali, curando la trasparenza e la franchezza, apprezzando la ricerca critica e la passione poetica. All’interno di queste coordinate si potrà meglio collocare anche una antropologia capace di integrare le differenza, senza esclusioni di sorta, e una ecclesiologia pronta a rivedere molte cose, compresi i pesi ministeriali”.
Giovanna Pasqualin Traversa