Scuola / Preside inflessibile sul decoro. Le regole vanno condivise, anche se si tratta di piercing e minigonne

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Quali regole vanno rispettare nella scuola? La risposta non è scontata e apre scenari anche molto ampi giovanipsull’esperienza scolastica, tra l’altro legati alle diverse età degli studenti. Coinvolge la scuola sia come luogo d’insegnamento/apprendimento – con regole funzionali allo scopo – sia come ambiente sociale, di scambio di relazioni, peraltro anch’esse orientate alla finalità dell’apprendimento, in un contesto generale che si pone al servizio dello sviluppo pieno della personalità degli allievi, piccoli e grandi.
La questione delle regole, implicita o esplicita, si pone necessariamente e talvolta emerge con prepotenza anche nei fatti di cronaca, magari per aspetti eclatanti. Così, nei giorni scorsi, ecco che i media hanno riportato il caso dello studente di una scuola sarda non ammesso in classe perché aveva un piercing. Anzi due: un anellino sul naso e un brillantino sotto la palpebra. I racconti dei media riferiscono di una preside inflessibile, che una mattina controlla abbigliamento e decoro dei ragazzi e delle ragazze e “blocca” lo studente in questione. Per allontanarlo, poiché non sarebbe stato d’accordo con la decisione del capo d’istituto, sarebbero intervenuti anche i carabinieri. La preside spiega: “Nessuna volontà di mortificare i ragazzi, solo l’esigenza di far rispettare il regolamento”. Già, le regole, appunto. Quelle dell’istituto in questione vietano “il possesso di piercing, orecchini, acconciature di pettinature che non garantiscano l’assoluta igiene personale e la salvaguardia di ambienti salubri”. Regole adeguate? verrebbe da chiedere. Il padre del ragazzo allontanato si ribella: “Regole fuori dai tempi”. Sarebbero, anzi, “una vera e propria discriminazione”. Altri ragazzi e ragazze, a suo dire, non avrebbero ricevuto lo stesso trattamento.
Questa volta l’imputato è un piercing. In altri casi – ricorrenti, al punto che anni fa si dibatté sull’opportunità di andare a scuola in divisa e la questione resta attuale nel mondo scolastico, non solo italiano – si discute dell’abbigliamento consono o meno alle aule scolastiche. Minigonne, ad esempio. Pantaloncini attillati o troppo corti, scollature, canottiere, per riferirsi al decoro scolastico. Fino ad arrivare alle questioni sugli abiti e simboli religiosi (che aprono scenari davvero vasti). Cosa è lecito e cosa no a scuola, in classe?
Probabilmente non c’è una risposta o, forse, ce ne sono tante. Vale la pena però fermarsi sul tema stesso delle regole che, quando ci sono, esplicite – come nel caso di Arzachena, con un regolamento di istituto brandito dalla dirigente – è bene che siano condivise. Anzi, proprio sulla questione delle regole la scuola può e deve essere un luogo di speciale condivisione. Mettere in comune indicazioni e paletti è un valore e un’esigenza del processo scolastico, di quel contesto complesso finalizzato all’educazione. Regole giustificate, che trovano la loro ragione anzitutto e proprio nella condivisione. Regole che in astratto potrebbero anche non avere senso, ma si riempiono di significato nella negoziazione e nella pratica dei soggetti coinvolti. Il “no piercing” è eccessivo? Sì, no, forse… Non è questo il nodo. Piuttosto, pur senza entrare nel caso specifico (troppo poche le informazioni), il recepimento della regola, la messa in comune, la sua intelligibilità, dentro e fuori le aule, il valore condiviso. Questo fa la differenza. A scuola, soprattutto.

Alberto Campoleoni