Libri / Saverio Gaeta presenta il suo libro “Alessandro Nottegar, il mediano della santità”

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A Regalbuto (EN) si è avuta la presentazione del libro “Alessandro Nottegar, il “mediano” della santità. Il momento era stato pensato all’interno del programma della settimana di Missione popolare, animata dai membri della Comunità Regina Pacis di Verona, per la singolare figura e l’esempio di vita cristiana di Alessandro, fondatore assieme alla moglie, Luisa Scipionato, della Comunità Regina Pacis. Lo ha presentato lo stesso autore del libro, Saverio Gaeta, giornalista e scrittore.

Immaginando la vita cristiana come una partita di calcio, l’Autore ha riconosciuto gli atteggiamenti, l’opera, lo spirito di Alessandro come l’attività del “mediano” nella squadra: sempre attento e pronto a ogni necessità del gioco, ma mai messo in evidenza; mai primo e sempre indispensabile, contento di sostenere al meglio l’azione dei compagni. Perciò il sottotitolo: ”il mediano della santità”.corretto nottegar (225 x 328)

La vita di Alessandro è scandita da vari momenti diversi tra loro, apparentemente contraddittori, ma sempre condotti da un misterioso legame di grazia, perché nulla venisse perduto fino a portare a maturazione un frutto nuovo tra noi e nella Chiesa.

I genitori, rilevando l’intelligenza del figlio e l’attitudine allo studio pensarono per Alessandro la vita del sacerdozio. Per questo lo presentarono ai Padri Maristi perché fosse accolto tra i loro studenti. Studiò nei loro collegi fino alla professione solenne dei voti, come religioso. Ma Alessandro non era sereno in quella scelta. Sentiva fortemente il bisogno di rispondere, con la propria vita, al volere autentico di Dio. Su un foglietto, con una poesia, annota il suo travaglio: “Batte sempre / la pioggia / sul vetro della mia finestra, / non cessa il vento. / È tanto freddo qui. / E dentro il cuore batte / più forte / la paura di una vita / così sola.”

Aiutato nella riflessione, capì che la via del sacerdozio non era la sua strada. Non ebbe vergogna di tornare indietro. Conobbe Luisa e tutti e due capirono che erano stati chiamati a vivere insieme. Si sposarono. Luisa lavorava da ragioniera e manteneva la famiglia; Alessandro a 27 anni iniziò lo studio della medicina, col desiderio di aiutare i poveri, verso i quali sentiva un forte orientamento di servizio e di aiuto. Laureatosi dopo sei anni, mentre era in cerca di lavoro, ricevette la proposta di andare in Brasile a svolgere la sua missione di medico tra i poveri e i lebbrosi nel Mato Grosso. Partì con la moglie e due figlie. Visse per 5 anni in quella Terra, tutto dedito a dare risposta a quella povertà. Nacque anche la terza figlia. Quando poi una di loro, la primogenita, ebbe più volte la malaria, capì che doveva tornare in Italia per non mettere in pericolo la vita di lei. Il rientro fu duro per le difficoltà di lavoro. Riuscì ad entrare, per concorso, in un laboratorio di analisi di un ospedale vicino Verona.

Durante un pellegrinaggio a Medjugorje, assieme alla moglie, avvertirono la chiamata a “fondare” una realtà nuova nella Chiesa: la “Comunità Regina Pacis”, per dare alla Chiesa, dalla comunione di famiglie, un “vivaio” di molteplici vocazioni. Sentivano che se “la famiglia è piccola chiesa”, essa può presentarsi al mondo e alla Chiesa stessa come luogo dove le diverse chiamate di Dio possono vivere insieme e donarsi per il Regno.

Alessandro vendette la sua proprietà con l’intento di destinare il ricavato per l’acquisto di una casa adatta per l’inizio della vita di Comunità. Ma era una somma irrisoria. Lessero gli eventi per la compera della casa attuale che permisero di raggiungere la somma dovuta, come volere e benedizione di Dio e iniziarono subito l’Opera. Improvvisamente, però, dopo trenta tre giorni dall’inizio, Alessandro muore con un infarto fulminante. Tutto sembrava dovesse finire lì. Invece la parabola evangelica del “chicco di grano che cade a terra, muore e produce molto frutto”, divenne realtà. Ora si è certi che Alessandro dal cielo segue l’Opera e il suo sviluppo con l’attenzione dei santi.

Ma chi era Alessandro? Una persona normale che ha voluto vivere, in tutti i momenti della sua vita, il Vangelo integralmente, “senza strappare alcuna pagina”. Per questo era uomo di preghiera, attento a confrontarsi costantemente con le parole del Vangelo per viverle senza sconti o interpretazioni di comodo. Fu uomo mite, riservato, umile, gioioso, rispettoso di tutti e con tutti, premuroso, capace di dimenticarsi sempre per andare incontro alle necessità degli altri, senza guardare se poveri o ricchi. In ogni incontro preferiva rimanere all’ombra ed era contento di offrire il proprio contributo e l’aiuto, senza farsene accorgere. Tutto questo, vissuto intensamente e fino alla fine, come fosse realtà normale, fa approdare al piano alto della santità, quella autentica offerta da Cristo e della quale parla il Vangelo. Dove l’amore è puro, libero, generoso, per nulla invidioso o risentito, capace di “gioire con chi gioisce e piangere con chi piange”, pronto al perdono e a vincere il male con l’abbondanza del bene.

A questa misura dell’uomo maturo ci portano le richieste di Cristo. È il cammino segnato dai passi terreni del Figlio di Dio venuto tra noi, per farci diventare “nuova creatura”, seguendo Lui con il nostro morire ogni giorno a tutto ciò che di terreno e umano mortifica l’uomo e beneficiare della ricchezza della Sua vita risorta. “Il mediano della santità”, Alessandro Nottegar, ci invita ora dal cielo a giocare la vita, accettando nel “giuoco” l’assegnazione di “mediano”, per dare tutto di noi e far sì che la vittoria faccia vivere a tutti la gioia del trionfo.

Mons. Pio Vittorio Vigo