Per l’amministratore apostolico della diocesi, “è tempo che le diverse istituzioni, non solo quelle direttamente responsabili, si siedano a un tavolo per fare una pianificazione seria e duratura, evitando inutili polemiche e rivalità politico-elettoralistiche”. L’opinione della Consulta diocesana delle aggregazioni laicali
File chilometriche davanti alle autobotti che erogano acqua; scuole, università e uffici pubblici chiusi per mancanza delle indispensabili condizioni igieniche. Le immagini diffuse dai mezzi d’informazione sono impietose: a Messina da ben sei giorni è “emergenza-acqua”, a causa di un guasto provocato dalle piogge torrenziali, che hanno travolto in una colata di fango la condotta idrica della vicina Calatabiano. Scene da dopoguerra, con le attività commerciali costrette ad abbassare le saracinesche e gli ospedali in sofferenza, mentre addirittura si diffondono voci di vendite al mercato nero del prezioso liquido. Una situazione drammatica che era rimasta confinata ai media locali, come purtroppo spesso accade nell’eterna periferia siciliana. Ma è bastato un tweet dello showman Rosario Fiorello per portare la notizia all’attenzione dell’Italia intera. In poche ore l’inarrestabile flusso dei social network ha fatto balzare l’hastag #messinasenzacqua ai vertici delle conversazioni più condivise sul web, con il benefico effetto di spostare la discussione dal virtuale al mondo reale. E mentre il premier Matteo Renzi si è detto “infuriato” e ha definito la vicenda “una vergogna”, il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha dato disposizione di fare intervenire l’Esercito con le proprie autobotti e navi cisterna, in attesa che il servizio venga ripristinato.
Città al collasso. Monsignor Antonino Raspanti, da un mese amministratore apostolico della diocesi di Messina, racconta al telefono gli enormi disagi che in queste ore vive gran parte della città, compresi gli uffici diocesani. “La situazione è al collasso anche qui nell’episcopio”, afferma. “Non abbiamo acqua. I servizi igienici sono inutilizzabili, come pure le cucine. Le autobotti pubbliche non bastano a coprire le esigenze, e chi può si aiuta con quelle private”. “Nella giornata di sabato – prosegue il presule – sono stato testimone dell’evento calamitoso che ha causato il danno, perché ha coinvolto alcuni operai della diocesi di Acireale (di cui mons. Raspanti è vescovo, ndr). I tecnici erano al lavoro in una struttura di nostra proprietà – il castello di Calatabiano, adiacente al confine con la provincia messinese – che già nelle scorse settimane era stata interessata da uno smottamento del costone roccioso. Subito abbiamo colto la gravità della questione, e la difficoltà di ripristinare una zona che è in condizioni idrogeologiche pessime”. Sembrava che tutto si potesse risolvere in pochi giorni, ma in settimana un movimento del terreno ha provocato nuovi crolli, e fatto piombare Messina in un’emergenza senza precedenti. Proprio mentre le previsioni meteo minacciano nuove alluvioni per il fine settimana. “È tempo che le diverse istituzioni, non solo quelle direttamente responsabili, si siedano a un tavolo per fare una pianificazione seria e duratura, evitando inutili polemiche e rivalità politico-elettoralistiche”, conclude mons. Raspanti: “L’emergenza-acqua è solo l’ultima in ordine di tempo. La Sicilia sta affondando su diversi fronti: ora più che mai serve il contributo di tutti”.
Mancanza di pianificazione. “Come messinese sono profondamente indignato”, commenta Dino Calderone, segretario della Consulta diocesana delle aggregazioni laicali. “Le autorità hanno sottovalutato l’entità del problema, reagendo con lentezza e rischiando di abbandonare a se stessi gli anziani, i disabili e in generale le persone prive di una rete sociale e amicale, che non possono uscire per prendere l’acqua dalle autobotti”. “Il primo vertice in Prefettura – aggiunge – è stato effettuato solo cinque giorni dopo il guasto. Al danno si è aggiunta dunque la beffa della mancanza di coordinamento fra gli enti preposti, con la conseguenza che neanche le associazioni di volontariato hanno potuto fornire il proprio supporto”. I problemi della condotta idrica cittadina non sono una novità. “Già tre anni fa – ricorda Calderone – Messina è rimasta senz’acqua per cinque giorni, e qualche politico più avveduto aveva sollevato l’ipotesi di creare un’alternativa al pericoloso interramento dell’acquedotto. Ma, superata la criticità immediata, nessuno se n’è preoccupato”.
Graziella Nicolosi