Ai bordi della cronaca / Il messaggio dell’albero. Mattarella in Expo dopo la sosta in un luogo della Resistenza

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Non è passato inosservato nei media il filo sottile che, nello stesso giorno, ha unito la “grande” cerimonia di chiusura alverpdi Expo a Milano alla “piccola” cerimonia in memoria della Resistenza in un piccolo paese nel torinese.
È stato il presidente della Repubblica, attraverso le sue parole, a creare un ponte di pensiero e di speranza tra l’Italia di ieri e l’Italia di oggi. Ha ricordato che sul sacrificio di uomini e donne caduti per la libertà e la democrazia si è costruito un Paese che l’impegno di uomini e donne hanno fatto grande.
Fare grande un Paese in momenti difficili è un’impresa che compiono solo persone oneste, leali, intraprendenti che hanno nella coscienza la convinzione che non possono esistere i diritti senza i doveri e che la tensione al bene comune non è un’astrattezza inconcludente ma è il segno della maturità culturale e civile di ogni cittadino. “Ricordare – ha detto Mattarella il 31 ottobre all’Ossario di Forno di Coazze in provincia di Torino – non è soltanto dare onore, esprimere riconoscenza a chi si è impegnato per conquistare la libertà ma è anche un richiamo a non addormentarsi, dimenticando quanto sia sempre importante vigilare sulla conservazione della libertà e della democrazia”.
Non addormentarsi: questo è un messaggio che all’Expo ha coinvolto decine di Paesi del mondo non solo nell’esposizione di piatti con i profumi, i sapori e i colori di culture diverse ma anche nella riaffermazione che “Nutrire il pianeta. Energia per la vita” è un’insegna da tenere accesa anche a fine spettacolo. Così l’Albero della vita, che rimarrà al suo posto dopo la chiusura della manifestazione, dovrà ricordare che non si deve fermare la lotta al mostro della fame come non si fermò la lotta contro il mostro del nazi-fascismo.
Il presidente della Repubblica, richiamandosi a questo albero, si è augurato che “resti il suo significato: il diritto alla vita richiede oggi coerenze e connessioni che fino a ieri si era portati a trascurare. Il diritto al cibo e all’acqua è strettamente legato all’idea di pace, alla giustizia sociale…”.
Parole che rendono pensierosi perché davanti agli occhi ci sono scenari di guerra sempre più cupi, spiagge e frontiere dove continua a consumarsi la tragedia di disperati in cerca di giustizia, volti indifferenti di fronte all’una e all’altra realtà. Come l’Expo, espressione di un Paese che sa stare in piedi con la forza della libertà, della dignità e dell’intelligenza, si può collegare alla testimonianza di quanti combatterono e caddero perché questa meta di civiltà rimanesse ambita anche dalle nuove generazioni?
Uomini e donne furono ribelli per amore della democrazia e della solidarietà, valori irrinunciabili per essere un Paese grande, soprattutto in umanità.
È ancora comprensibile una ribellione che spesso fu pagata a prezzo della vita? C’è ancora motivo per parlare di Resistenza fuori dai libri di storia? Ha ancora significato morire per la propria terra, per il proprio Paese? Cosa c’entra tutto questo con Expo? Forse niente. Ma quell’albero che ha radici avvolgenti che partono dal terreno, abbracciano il tronco e si slanciano in una danza che avvolge l’alto ha senza dubbio qualcosa da dire.
Da quest’albero viene il messaggio che anche oggi occorre essere ribelli per amore dell’uomo con le sue angosce, le sue paure e le sue speranze.
Un uomo che certamente ha bisogno di cibo per vivere ma nella stessa misura ha bisogno di cibo per pensare e sperare. Il messaggio dell’albero della vita dell’Expo e il messaggio dell’albero nella valle dei partigiani si diventano così un unico messaggio.

Paolo Bustaffa

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