I dati della Società italiana di Ginecologia e Ostetricia. Il 20% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana. Se l’età media del primo parto per le italiane è a oltre 32 anni, per le stranieri è di 29,7. Si conferma un ricorso importante al parto cesareo: il 35,5% delle gestazioni termina con un intervento chirurgico
Nel nostro Paese il 61,9% dei parti si svolge in strutture dove ne avvengono almeno mille l’anno. Queste strutture sono 183 e rappresentano il 34,7% dei punti nascita totali. L’8,06% dei parti, invece, ha luogo in strutture che ne accolgono meno di 500 annui. Sono alcuni dei dati presentati oggi dalla Sigo (Società italiana di Ginecologia e Ostetricia), nel corso di una conferenza stampa a Roma per la presentazione del 91° Congresso della società scientifica dal titolo “La salute al femminile tra sostenibilità e società multietnica”, che si svolgerà nella Capitale dal 2 al 5 ottobre 2016.
“Grandi sono le differenze riscontrate a livello regionale – hanno fatto sapere dalla Sigo – in Valle d’Aosta, Piemonte, Emilia Romagna e Lombardia oltre il 70% dei parti si svolge in punti nascita di grandi dimensioni (con almeno mille parti annui). Nelle Regioni del sud, invece, oltre il 40% dei parti si svolge in punti nascita con meno di mille parti all’anno. In particolare, in Basilicata tale percentuale raggiunge il 67% – hanno concluso – e il 44% dei parti ha luogo in punti nascita con meno di 800 parti annui”.
Nel nostro Paese si conferma un ricorso importante al parto cesareo. In media, infatti, il 35,5% delle gestazioni termina con un intervento chirurgico (era il 37,5% nel 2010). Si registra quindi un’elevata propensione al bisturi nelle case di cura accreditate (53,8%) rispetto agli ospedali pubblici (33,07%).
Età media. L’età media delle madri al primo parto è di 32,7 anni per le italiane e di 29,7 per le cittadine d’origine straniera. Il 20% dei parti è quindi relativo a madri di cittadinanza non italiana. Questo fenomeno ù più diffuso al centro nord, dove oltre il 25% dei parti avviene da madri straniere. In particolare, in Emilia Romagna e in Lombardia, dove si concentrano quasi il 30% delle nascite. Quanto alle aree geografiche di provenienza più rappresentative, queste sono l’Africa (25%) e l’Unione Europea (26%). Seguono le madri di origine asiatica e sud americana, che sono rispettivamente il 18% e l’8%.
Diminuisce in Italia il numero delle baby-mamme. Secondo gli ultimi dati forniti dall’Istat, infatti, nel 2013 nel nostro Paese sono nati 8.085 bambini da madri con meno di 19 anni, mentre nel 2010 erano invece circa 10 mila. Rispetto al 2010, poi, il numero delle mamme giovanissime è calato del 17%. Ma la percentuale rimane ancora alta nelle regioni del Mezzogiorno e in Sardegna, dove si concentrano il 60% delle baby-mamme.
Scolarità. In Italia il 44,2% delle partorienti ha una scolarità medio alta, il 29,9% medio bassa e il 25,9% ha conseguito la laurea. Fra le straniere, invece, prevale una scolarità medio bassa (48,3%). Il tasso di scolarità, poi, è direttamente proporzionale all’età: oltre il 79,8% delle donne con meno di 20 anni ha conseguito al massimo un diploma di licenza media inferiore. Per quanto riguarda ancora la condizione professionale, nel 2013 il 57% delle madri aveva un lavoro, il 29,8% era casalinga e il 10,9% disoccupata o in cerca di lavoro. “Le partorienti straniere nel 53,1% dei casi- hanno fatto sapere dalla Sigo- sono casalinghe, a fronte del 63,9% delle donne italiane che ha invece un’occupazione lavorativa. La frequenza di madri coniugate risulta quindi pari al 69,6%, mentre il 27,8% sono nubili e il 2,5% separate, divorziate o vedove. Con riferimento all’età, le madri con meno di 20 anni sono nubili nel 78,5% dei casi e la percentuale di coniugate diminuisce drasticamente fra le partorienti con meno di 20 anni- ha concluso la società- rappresentando in questo gruppo solo il 21,3% dei casi”.