Politica, il presidente Ac Franco Miano: “Necessarie riforme senza condizionamenti ideologici”

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“È necessaria una stagione di riforme strutturali del sistema Paese alle quali occorrerebbe ormai approcciarsi scevri da condizionamenti ideologici”. Così il presidente dell’Azione cattolica italiana, Franco Miano, nella relazione con cui, dopo le sintesi dei laboratori di studio e il dibattito in assemblea, ha concluso il 25 settembre a Trevi il convegno dei presidenti e assistenti unitari diocesani di Ac “Ecco ora il momento favorevole. Santi nel quotidiano”.

Franco Miano, presidente Ac

Una stagione di riforme strutturali. Di fronte all’attuale crisi e ai cambiamenti in corso, avverte Miano, oggi “l’esercizio della responsabilità associativa deve essere consapevole e capace di stare dentro questo tempo”. “Ci siamo appena lasciati alle spalle – sottolinea – un’estate dai molteplici segni. Negativi e positivi. Uniti in un calderone che confonde, che non ci lascia capire se ci troviamo ‘sull’orlo del baratro o all’inizio di una nuova stagione di speranza’”. La crisi economica e la tempesta finanziaria di questi mesi pongono “l’urgenza di interventi, efficaci quanto condivisi, che diano respiro soprattutto ai soggetti più deboli”; “misure che non trascurino le famiglie, che colpiscano efficacemente gli evasori”. Soprattutto, afferma Miano, “è necessaria una stagione di riforme strutturali del sistema Paese alle quali occorrerebbe ormai approcciarsi scevri da condizionamenti ideologici, depurati da speculazioni politiche ed elettorali”.

Patto educativo tra istituzioni e cittadini. Per questo, prosegue, “siamo vicini al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al suo sforzo nel richiamare il Paese all’unità”. Come associazione “ci sentiamo chiamati a compiere un’opzione di fondo tra rassegnazione e speranza. Tra l’attesa passiva di tempi migliori e il lavorio incessante per costruire insieme una nuova fase sociale, civile, culturale, economica, politica”. In particolare, “l’Azione cattolica non si stancherà mai di richiamare la necessità di un patto educativo che leghi istituzioni e singoli su un terreno comune di valori e regole a sostegno della dignità della persona e della convivenza civile”. “In questo senso – conclude il presidente –  il ‘decennio dell’educazione’ proposto al Paese dalla Chiesa italiana viene ad essere un’occasione propizia, da non perdere se davvero si ha a cuore il futuro dell’Italia, così come il card. Angelo Bagnasco continua costantemente a richiamare”.

Ponti, non muri. Nella sua riflessione sulla pace come “via alla santità nel quotidiano”, il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontifico Consiglio per il dialogo interreligioso, chiarisce: “Un credente non può essere indifferente di fronte all’uomo che soffre o è vittima di uno che è più forte di lui. Si parla del ‘diritto d’ingerenza umanitaria’”, il che significa che “non abbiamo diritto all’indifferenza”. “Vogliamo davvero la pace? Vogliamo essere santi?”, si chiede il porporato. Se sì, “dobbiamo necessariamente cambiare qualcosa nella nostra vita: compiere gesti di attenzione e riconciliazione, di solidarietà nelle nostre famiglie, nella comunità cristiana, nelle associazioni di cui facciamo parte”. “All’odio – avverte – dobbiamo rispondere con la compassione. Gli educatori e i predicatori devono aiutare giovani e adulti a costruire ponti, e non a erigere muri” anche perché “spesso l’aggressività e la violenza di certe persone non sono altro che un grido: il grido di chi non è riconosciuto e si sente inutile. Impariamo una cosa molto semplice: impariamo a guardare con bontà chi ci sta intorno, ad ascoltare più che a parlare, a far crescere più che a correggere”. Soprattutto, è il monito del card. Tauran, occorre “confidare nell’uomo” perché “sappiamo che Dio gli ha dato un’intelligenza e un cuore e col suo aiuto può, anzi deve, essere protagonista di un mondo migliore”.

Silenziosi semi di pace. Per il sociologo e giornalista Piero Pisarra, è urgente riscoprire la “solidarietà tra i popoli per una più equa distribuzione delle ricchezze”, tra “i cittadini di uno stesso Paese, tra le generazioni”. Ma, mette in guardia, per non essere parola vana la solidarietà “implica la riscoperta della politica” che oggi “sembra inesistente o impotente di fronte alle misteriose logiche economiche”. E precisa: “La politica nel senso alto e nobile, e non il triste spettacolo offerto ogni giorno da tribuni e politicanti con il cerone sfatto e l’eloquio da trivio”: politica “come progetto per la casa comune” che “ponga al suo centro il cittadino-persona e non una massa di clienti, da adulare in pubblico e disprezzare in privato”, politica “come bene di tutti e non di uno solo o di un’oligarchia cialtrona, sguaiata e smodata”. E se Internet e le nuove tecnologie “hanno cambiato la nostra percezione del tempo e dello spazio”, i segni dei tempi, “più che nei caratteri cubitali di una notizia ‘sparata’ in prima pagina, si rivelano a noi in tutta la loro fragilità: essi hanno il volto delle vittime anonime, in Iraq, in Afghanistan, in Libia; il volto dei migranti appena sbarcati a Lampedusa, quello – conclude – dei perseguitati e degli umiliati, il volto di chi, senza rumore, getta i semi della pace e della riconciliazione”.

a cura di Giovanna Pasqualin Traversa

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