Un europeo su quattro ha fatto uso di droghe almeno una volta nella vita. E’ il dato fornito nei giorni scorsi dalla Direzione nazionale antimafia. Le organizzazioni cattoliche che lavorano nel campo delle dipendenze commentano la situazione e chiedono di lavorare a livello preventivo sui giovani, restituendo senso e significato ad una vita svuotata dai bisogni consumistici, dalla crisi e dalla solitudine ai tempi di internet.
Un europeo su quattro ha fatto uso di droghe almeno una volta nella vita. E’ l’allarmante dato rilanciato nei giorni scorsi dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, durante la presentazione della relazione annuale della Dna (Direzione nazionale antimafia) al Senato, che fa il punto sulla lotta al narcotraffico. Cifre già note agli addetti ai lavori, che però – precisano – risulta così alto perché fa riferimento ad un solo uso occasionale della cannabis almeno una volta nella vita. Da un rapido giro tra alcune organizzazioni cattoliche che operano nel campo delle dipendenze è emersa la necessità di lavorare a livello preventivo sui giovani, restituendo senso e significato a una vita svuotata dai bisogni consumistici e dai contro-valori indotti da questa società.
“Appassionare i giovani alla vita bella e vera”. “L’aspetto allarmante, più che sui numeri, è sul piano culturale ed educativo: vuol dire che c’è tanta gente che spreca la vita così”, sottolinea don Armando Zappolini, presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca). “Non tutti usano droghe pesanti – avverte – ma il fatto che ci sia così tanta gente in Europa che ha un rapporto con sostanze psicoattive vuol dire che c’è un difetto di rapporto con la realtà. Lo stesso con le dipendenze da alcool e gioco d’azzardo”. Secondo don Zappolini questa domanda “inquieta e interroga sul modello di società e i valori di riferimento”. “Abbiamo una Europa centrata solo sulle prestazioni e sull’economia – fa notare – ma poi chi usa sostanze per aumentare le prestazioni viene criminalizzato. Ricordiamoci che i giovani respirano la cultura dominante”. “Tutto ciò per la mafia è un grande e fruttuoso mercato – sottolinea il presidente del Cnca -. La cocaina, ad esempio, è molto integrata con il tipo di vita che si propone. La vittoria commerciale della mafia vede collegati i suoi prodotti devastanti ad una immagine di vita. Questa è la causa ed è il pericolo principale, da cui derivano tutti gli altri”. Ad avviso del Cnca “serve una vera crociata culturale ed educativa, lottando contro chi specula e guadagna. Non fare la guerra ai drogati ma alle mafie che ci guadagnano. E’ necessario un investimento sui giovani per portarli ad appassionarsi alla vita vera, non a quella falsa”. Purtroppo, osserva, “le aggregazioni giovanili sono poco strutturate ed estemporanee” ed anche nella Chiesa “si è perso troppo tempo dietro una fede devozionale che ha fatto uscire tanti giovani dai recinti cattolici: dobbiamo cominciare a chiederci quanto si investe davvero sull’appassionare i ragazzi alla vita bella e vera”.
Attenzione “all’effetto boomerang”. “Dire che un quarto dei giovani europei consuma droga è una informazione sbagliata e dannosa. E’ un dato abbondantemente sovrastimato che confonde le idee e crea danno, con un effetto boomerang”. A precisarlo è Leopoldo Grosso, vicepresidente del Gruppo Abele: “In questo modo – afferma – la rappresentazione sociale del fenomeno crea il fenomeno stesso, perché chi non ne fa uso si sente diverso”. Il dato – spiega – nasce dalla risposta alla prima domanda del questionario europeo se si è fatto uso di droghe almeno una volta nella vita. “Questo non vuol dire che si sia tossicodipendenti”. I dati più attendibili sono infatti le risposte alle seconde e terze domande, ossia: “Hai fatto uso di droghe nell’ultimo anno e mese?” che danno l’idea di un consumo frequente. In generale, osserva, “il trend di consumo di droghe in Europa è in leggero aumento ed evolve in maniera graduale, con una ripresa del consumo di eroina, una stabilizzazione del consumo di cocaina e un leggero aumento del consumo di cannabis, metanfetamine e nuove droghe”. Ovviamente ci sono delle differenze tra Paesi europei: quelli “messi peggio” sono i Paesi dell’Est, che hanno subito la rotta dell’oppio dalla Russia, con “un forte aumento di Aids ed epatiti”. Spagna, Inghilterra e Italia sono invece più esposte alla cocaina. La diffusione delle metanfetamine varia a seconda dei Paesi, perché “il mercato delle nuove droghe non è tutto in mano al narcotraffico – puntualizza -, ha ancora delle forti nicchie di fai-da-te e i laboratori sono diffusi in tutta Europa, soprattutto nell’Europa centrale”. Gli operatori confidano molto nella prossima Sessione speciale dell’Onu (anticipata di due anni su richiesta dei Paesi latinoamericani che vivono una situazione drammatica). “Si valuterà l’efficacia della lotta alla droga in questi trent’anni per trovare nuove modalità. Speriamo possa contribuire ad una svolta”, auspica.
“In gioco il futuro dei nostri giovani”. Il ritorno dell’eroina fumata e sniffata e dell’eroina mista a cannabis (più redditizia per il mercato); l’uso di smart drugs ordinate su internet ma di cui non si conoscono nemmeno i pericoli; un aumento generale delle dipendenze, anche di alcool e gioco d’azzardo, esasperato dalla crisi e da una “solitudine disperata dei giovani davanti agli schermi di computer e telefonini”. La situazione italiana descritta da Roberto Mineo, presidente del Ceis don Mario Picchi di Roma, è riconducibile a quelle di tante altre capitali europee. “Ci stiamo giocando il futuro dei nostri giovani – afferma -. I numeri sono così alti perchè finora le strategie mirano solo alla riduzione del danno, creando la doppia dipendenza da droghe e metadone. Non si vuole risolvere veramente il problema”. Se i giovani non si sentono ascoltati e aiutati, osserva, “entrano facilmente nel giro della microcriminalità che procura denaro facile attraverso lo spaccio di sostanze”.
Patrizia Caiffa