Si è svolto a Catania, qualche giorno fa, un dibattito sull’evoluzione Europea e su quanto quest’Europa non sia a misura dei professionisti
italiani. L’iniziativa, promossa dall’Ordine etneo degli architetti ha coinvolto altre classi professionali: ingegneri, commercialisti, geometri, agronomi, per realizzare una “conversazione a più voci”. Molteplici gli interrogativi: quanto sia lecito pensare che l’Italia non sia all’altezza di recepire le direttive così come i finanziamenti europei, se lo scambio comunitario ha seriamente permesso ai professionisti italiani di adattarsi con un certo comfort, il cambiamento che inevitabilmente incalza può essere guidato o è proprio incontrollabile?
Il presidente dell’Ordine, Giuseppe Scanella, ha esordito rifacendosi al libro appena pubblicato di Matteo Capuani, componente del consiglio nazionale, che ricostruisce il processo politico, storico, economico dal 1992 al 2007, periodo che ha condotto l’Europa ai trattati di Maastricht e Lisbona, ciò segna il passaggio dalla Comunità economica europea all’Unione come soggetto politico. L’autore nella sua analisi cerca di comprendere quali sono state le cause che hanno portato al cambiamento della professione e ne ricerca panorami futuri. A seguire, lo stesso autore ha esortato a screditare l’idea che l’Italia non sia capace di mettere a profitto le occasioni economiche europee, il fatto è che l’Italia ha un sistema articolato e quindi l’Europa dovrebbe tenerne conto.
E sempre lo stesso Capuani ha portato esempi di lavori pubblici, sostenendo che il modello nord-europeo che va per la maggiore, secondo l’autore, non sarebbe indicato, perché porterebbe a ribassi ed eleggerebbe, nelle assegnazioni di appalti, le grandi aggregazioni di professionisti, il che cozzerebbe con il sistema italiano che si basa su singoli professionisti o studi con un numero esiguo di soci. Quindi il quesito: come competere? È necessario, secondo l’autore, partecipare alla formazione delle direttive europee, anche per le generazioni future senza tralasciare che essi posseggono le tecnologie digitali e che, a differenza della rivoluzione industriale che portava i lavoratori nelle fabbriche, oggi sono i servizi ad arrivare nelle nostre case. Internet ci porta a dissociarci dal team lavorativo ma ha come contraltare la possibilità di lavorare per la comunità globale. Oggi non si è più solo progettisti di oggetti e case ma di grandi fenomeni virtuali, sui quali le società si stanno ricostruendo.
Il dibattito è stato moderato dall’architetto Filippo Nasca, con la partecipazione del consigliere dell’Ordine degli ingegneri Giuseppe Marano, dei presidenti degli Ordini catanesi Agronomi e Commercialisti, Corrado Vigo e Sebastiano Truglio, il quale ha affermato come l’evoluzione europea conduca le professioni ad affrontare problematiche comuni proponendo allo stesso tempo nuove opportunità.
Maria Pia Risa