“Il nostro animo è ancora segnato da quanto è accaduto sabato scorso a Roma, e non possiamo non esprimere la nostra totale esecrazione per la violenza organizzata da facinorosi che hanno turbato molti che intendevano manifestare in modo pacifico le loro preoccupazioni. Alle Forze dell’Ordine va la nostra rinnovata gratitudine e stima per il loro servizio, che presiede lo svolgimento sicuro e ordinato della vita del Paese”: ha esordito con queste parole questa mattina a Todi, al seminario nazionale “La buona politica per il bene comune”, promosso dal Forum delle persone e delle associazioni d’ispirazione cattolica nel mondo del lavoro, il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco. A lui gli organizzatori hanno chiesto l’intervento di apertura dei lavori, alla presenza di una larga platea di cattolici variamente impegnati in campo sociale, economico, culturale, sindacale, amministrativo e politico. Il cardinale ha stigmatizzato gli eventi romani e ha voluto evidenziare il significato della presenza dei cristiani nella società, affermando: “Che dei cristiani si incontrino per ragionare insieme sulla società portando nel cuore la realtà della gente e i criteri della Dottrina sociale della Chiesa, è qualcosa di cui tutti dovrebbero semplicemente rallegrarsi. È un segno di vivace consapevolezza e di responsabile partecipazione alla vita della ‘città’”.
No all’assenteismo sociale. “Alla politica, che ha la grande e difficile responsabilità di promuovere il bene comune, la Chiesa in ogni tempo ha guardato con rispetto e fiducia, riconoscendole la gravità del compito”: così il cardinale ha sviluppato il suo pensiero circa la presenza dei credenti nella società attraverso un servizio sociale e politico. “Se per nessuno è possibile l’assenteismo sociale – ha proseguito –, per i cristiani è un peccato di omissione, infatti ‘da qui, dall’Eucaristia – scrive papa Benedetto XVI – deriva dunque il senso profondo della presenza sociale della Chiesa, come testimoniano i grandi Santi sociali che sono stati sempre anime eucaristiche”. Il cardinale ha poi affermato che “è con questo patrimonio universale che la comunità cristiana deve animare i settori pre-politici nei quali maturano mentalità e si affinano competenze”. A sostegno di questo pensiero ha citato papa Paolo VI che nell’“Evangelii nuntiandi” ha scritto: “Si tratta… di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti d’interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e con il disegno della salvezza”.
La vera laicità. “La religione non è un problema per la società moderna ma, al contrario, una risorsa e una garanzia: la Chiesa non cerca privilegi, né vuole intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma deve poter esercitare liberamente questa sua missione”: così il card. Bagnasco ha poi sviluppato la riflessione sul ruolo della Chiesa nella società. “I cristiani – ha detto – da sempre sono presenza viva nella storia, consapevoli che la fede in Cristo, con le sue implicazioni antropologiche, etiche e sociali, è un bene anche per la Città. Ed hanno costituito una presenza di coagulo per ogni contributo compatibile con l’antropologia relazionale e trascendente, e con il progetto di società aperta e solidale che ne consegue. Sono diventati nella società civile massa critica, capace di visione e di reti virtuose, per contribuire al bene comune che è composto di ‘terra’ e di ‘cielo’”. Nemmeno c’è da temere per la “laicità dello Stato”: infatti, ha spiegato, “il principio di laicità inteso come ‘autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa ed ecclesiastica – ma non da quella morale – è un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di civiltà che è stato raggiunto”.
I valori nativi. Proseguendo nel suo intervento, il cardinale ha evocato “i valori essenziali e nativi (Giovanni Paolo II, ‘Evangelium vitae’)”, ribadendo che sono “irrinunciabili non perché non si debbano argomentare, ma perché, nel farlo e nel legiferare, non possono essere intaccati in quanto inviolabili, inalienabili e indivisibili”. A questo riguardo ha ricordato che “quando una società s’incammina verso la negazione della vita”, “finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo”. “Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita – ha aggiunto citando Benedetto XVI (‘Caritas in veritate’, n. 28) – anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono”. Circa gli aspetti etici ha poi detto: “Senza un reale rispetto di questi valori primi, che costituiscono l’etica della vita, è illusorio pensare ad un’etica sociale che vorrebbe promuovere l’uomo ma in realtà lo abbandona nei momenti di maggiore fragilità”. Il cardinale ha poi concluso invitando ad offrire a tutti questo “bagaglio dottrinale, morale e sociale”, fonte dell’“umanesimo plenario di cui tutti godono”.