Terme di Acireale: una questione di “cappelli”

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Non sono di facile soluzione i due procedimenti della liquidazione (in corso) e della privatizzazione (annunciata) delle Terme di Acireale. Nonostante i proclami, le dichiarazioni frettolosamente rilasciate dai protagonisti e qualche rassicurazione politica, la vicenda è destinata a protrarsi per tempi lunghi. L’ultimo episodio in ordine di tempo, il possibile sfratto esecutivo dei gestori dell’Excelsior Palace Terme, evidenzia la grande approssimazione con cui la Regione sta gestendo, in piena emergenza e senza una chiara visione strategica, l’intero processo di risanamento delle Terme, sulla via di un possibile affidamento ai privati. Fa rabbia, ma parliamo di una rabbia civile al limite di un’educata indignazione, constatare con quanta disinvoltura la Regione, nel corso degli anni passati ma anche negli ultimi mesi, indossa un cappello, ne dismette un altro, per poi vestirne un altro ancora e così via, in una successione di ruoli istituzionali capace soltanto di creare confusione ed incertezza.

Di quali cappelli parliamo?

Indossando il cappello di proprietario, c’è una Regione azionista di minoranza delle Terme di Acireale SpA (in liquidazione) e, contemporaneamente, referente istituzionale dell’azienda autonoma delle Terme di Acireale (la vecchia azienda), anch’essa in liquidazione, a sua volta azionista di maggioranza delle Terme. Sembrerà strano, ma i due soci, quantunque medesima espressione della Regione, non riescono a dialogare fra loro e difatti la ricomposizione degli assetti proprietari in un unico azionista – sotto l’egida dell’Assessorato all’Economia – non è mai avvenuta entro i tempi previsti dalla legge regionale 11 del 2010 e si è bloccata da mesi.

Sempre con un cappello di proprietario, la Regione, in occasione dell’ultima vicenda sull’Excelsior Palace Terme, pretende giustamente attraverso i suoi liquidatori lo sfratto dei gestori dell’albergo per ristorarsi di un credito mai riscosso; ma la stessa proprietà pubblica, se volgiamo lo sguardo anche al recente passato, non si è sempre distinta per aver pienamente esercitato le prerogative dell’azionista di maggioranza, omettendo talvolta di effettuare interventi a tutela della società e del suo patrimonio. Ne sanno qualcosa i vecchi amministratori usciti di scena nel 2009, senza poter godere di quella ricapitalizzazione che, se effettuata nei tempi giusti, avrebbe garantito un sostegno a possibili politiche di rilancio delle strutture di Santa Venera e di Santa Caterina. A seconda delle convenienze del momento, siamo di fronte ad una proprietà talora rinunciataria, talaltra zelante che, con i propri comportamenti schizofrenici, manda in tilt qualsiasi bravo amministratore.

Indossando il cappello di imprenditore, c’è poi una Regione che, attraverso la proprietà, ha inteso esercitare direttamente l’attività di governo delle Terme, indicando uomini al comando ed occupando poltrone di amministratori. Questo ruolo, col tempo, è venuto meno, anche in considerazione della legge 11 del 2010 che ha stabilito liquidazione e privatizzazione delle Terme di Acireale e di Sciacca. Ma non mancano strascichi di tale ruolo (ad esaurimento), perché di tanto in tanto, con la complicità della politica di turno, vi sono rigurgiti nella voglia di esercitare controllo diretto sulle risorse finanziarie, sulle persone e sulle attività patrimoniali. Non sembra un controsenso rispetto alle logiche di liquidazione e di privatizzazione?

C’ ancora un altro cappello, di regolatore. C’è infatti una Regione che, come ormai avviene in molte parti d’Italia, non dovrebbe più effettuare la conduzione diretta degli stabilimenti, ma si limiterebbe a creare condizioni, legislative o amministrative, per favorire un’autentica politica del termalismo a sostegno della salute, del turismo, della cultura. In questo “nuovo” ruolo di regolatore del sistema, la Regione è ancora alle prime armi. Manca una legge regionale di riferimento dell’intero comparto, sulla scorta della legge nazionale n.323 del 2000 (il disegno di legge recentemente presentato dal PD all’ARS non è stato nemmeno discusso). E’ assolutamente debole, perché non supportata da solide evidenze empiriche, l’impostazione del costituendo Distretto produttivo sul benessere termale, per il quale c’è solo un tavolo tecnico di avvio della concertazione (riunitosi a quanto pare a Palermo il 10 ottobre scorso), mentre non è ancora pronto il piano di sviluppo distrettuale triennale, come vorrebbe la legge istitutiva dei Distretti produttivi in Sicilia. Nel ruolo di Regione “regolatrice” la Regione sta improvvisando, comportandosi in modo autoreferenziale, senza consultare i massimi esperti del termalismo in Italia che potrebbero darle una mano nell’uscire da quest’impasse.

C’è infine il cappello del finanziatore. C’è infatti una Regione, il cui ruolo è ad esaurimento, che metteva i quattrini per ripianare i debiti delle Terme, che spostava risorse da un capitolo all’altro per finanziare nuove attività (in questo modo è maturato l’acquisto dell’ex pastificio Leonardi, oggi albergo, a discapito delle risorse che sarebbero dovute andare alla Pozzillo) e che, dulcis in fundo, nel 2004 ha deciso di farsi carico, con apposita legge, di tutto il personale in forza alle Terme di Acireale, destinandolo ad altri rami di amministrazione, pur di alleggerire il carico di dipendenti alle nuove società di gestione che , di lì a qualche anno, si sarebbero costituite sempre con risorse della Regione. Si sono spesi negli anni “fiumi di miliardi” delle vecchie lire, ma non si sono mai visti grossi benefici nelle politiche di rilancio del termalismo.

Nell’esercizio di ciascuno di questi ruoli (proprietario, imprenditore, regolatore e finanziatore) c’è e sempre vi è stata la politica, non importa se di una coalizione o di un’altra. Parliamo di una politica che sovente guarda con poca lungimiranza alle generazioni successive e che si preoccupa, invece, con respiro corto, delle prossime scadenze elettorali. Nella gestione dei due procedimenti in corso, liquidazione e privatizzazione, c’è ancora tanta ma tanta politica e poca consapevolezza aziendale. E non bastano le rassicurazioni di tutti i protagonisti della vicenda. Le Terme, per colpa della politica, sono in agonia.

Saro Faraci 

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