Vangelo della domenica (18 settembre) / I beni materiali vanno usati con saggezza e condivisi con i fratelli

0
89

Canto al Vangelo (2 Cor 8,9)

Alleluia, alleluia
Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per voi,
perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
Alleluia

vangelo-18-9Vangelo (Lc 16,1-13)

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Parola del Signore

Riflessione

La liturgia di questa domenica continua ancora con le parabole raccontate da Gesù. Lo scenario è sempre quello letto domenica scorsa, cioè Gesù che parla in presenza dei peccatori e dei farisei che si scandalizzano di Gesù che siede a mensa con i peccatori e i poveri. Gesù dopo aver parlato dell’amore misericordioso di Dio per ogni uomo, inizia qui ad insegnare ai discepoli come usare le cose del mondo e come rapportarsi con i beni terreni. In questo brano del vangelo di Luca, Gesù insegna che anche i beni materiali vanno usati con saggezza ed accolti come dono da condividere con i fratelli. L’uomo è chiamato a diventare il sapiente amministratore della propria vita, consapevole del fatto che tutto gli è donato da Dio. In questa parabola si elogia l’amministratore che condona i diversi debiti, pratica cioè la carità e “la carità copre una moltitudine di peccati” (1Pt 4,8). Bisogna vivere nel mondo non accumulando ma donando, poiché non si è padroni, bensì, amministratori. Il fine della vita non è il denaro o le cose e non si devono assolutizzare, poiché Dio solo è il Signore. La fede in Dio si prova nella fedeltà in ciò che ci ha affidato. Vi è una falsa astuzia, ed è quella di vedere il benessere ed il progresso come il fine della vita e non il mezzo. La vera astuzia, infatti, è la consapevolezza che tutto ciò che si ha a disposizione rappresenta il mezzo per entrare in comunione con il Padre e con i fratelli. Essere fedele nel poco significa saper amministrare i beni guardandoli come dei mezzi da condividere con i fratelli, l’infedeltà, invece, consiste nel possederli come fine, accumulandoli con egoismo. La fedeltà del discepolo nell’amministrare il poco, gli darà la fedeltà in ciò che è la vera ricchezza, cioè la vita con Dio. Questa ricchezza della vita con Dio ci verrà donata nella misura in cui doneremo con amore e gratuità. Il discepolo infatti deve seguire l’esempio di Gesù, come canta il versetto alleluiatico: “Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”.

Letizia Franzone