C’è voglia di buona politica, nonostante tutto

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Edoardo Patriarca, segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei cattolici italiani

Un anno di crisi, di speculazione finanziaria, di manovre economiche “lacrime e sangue”, ma pure di una svolta politica che sembra segnare la fine della cosiddetta “seconda repubblica”. Il 2011 passerà alla storia per questo e molto altro ancora, mentre sul fronte cattolico c’è da registrare, a fronte di continui richiami a un nuovo impegno sociopolitico, il sorgere di iniziative locali, soprattutto animate dai giovani, con il comune intento di riportare la politica a quel ruolo di servizio, nell’orizzonte del bene comune, che è la sua originaria funzione. Negli ultimi giorni dell’anno il SIR traccia un bilancio con Edoardo Patriarca, segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei cattolici italiani.

L’anno che si chiude ha segnato una certa “effervescenza” circa l’impegno sociopolitico dei cattolici, a partire dai richiami fatti più volte – in verità anche prima del 2011 – da Benedetto XVI e dal card. Bagnasco per una nuova stagione d’impegno. Quali attese per il 2012?

 
“Vedo un diffuso desiderio di riscoprire la politica per ciò che è veramente – e non come negli ultimi anni è stata intesa – ovvero servizio al bene comune, competente, meno in prima pagina e più impegnata a lavorare nella concretezza dei progetti. Rispetto a ciò, l’associazionismo cattolico è in grado di accompagnare un progetto di riconquista della buona politica. Siamo in un periodo ‘anticasta’ e ‘antiprivilegi’, ma ciò di cui c’è davvero bisogno è un nuovo glossario della politica. Ci attende un compito educativo: dobbiamo avere la capacità, come cattolici, di stare nello spazio pubblico per sostenere una nuova cultura della politica e poter parlare non solo rispetto ai valori non negoziabili, ma pure in tema di economia, di una dimensione internazionale, su quale concezione abbiamo di giustizia e di welfare. Non è retorica, ma capacità di produrre un pensiero nuovo”.

Proprio a proposito della capacità di parola dei cattolici, l’appuntamento di Todi è stato interpretato dai media come un punto di svolta nel loro impegno pubblico. È stato una tappa di un cammino, l’inizio di un percorso o un punto d’approdo?

 
“Direi che è stato un passaggio in un percorso che aveva già visto tappe importanti nei due anni che hanno preparato la Settimana Sociale di Reggio Calabria (2010) e nella celebrazione della Settimana medesima. Forse l’incontro di Todi è stato eccessivamente enfatizzato dalla stampa laica: in realtà i cattolici anche nel recente passato di sono trovati spesso a discutere di politica. Pensiamo, ad esempio, a luoghi come Retinopera o Scienza e Vita… Semmai un merito dell’incontro avvenuto a Todi è quello di aver dato un’accelerazione positiva a processi già presenti sottotraccia. Il frutto, però, sarà maturo quando le esperienze di dialogo costruttivo e concreto saranno diffuse a livello locale, magari con l’apporto delle diramazioni territoriali di quelle realtà dell’associazionismo e dei movimenti cattolici che hanno promosso l’evento umbro”.

Sul territorio sono ancora utili le scuole di formazione sociopolitica?

 
“Sono più di 90 le scuole censite, raddoppiate rispetto a pochi anni fa, segno che le Chiese locali hanno riscoperto l’urgenza dell’impegno nel sociale e nel politico. Ma bisogna fare un passo avanti senza fermarsi alla teoria della Dottrina sociale della Chiesa, che pure va posseduta nella sua interezza, così da non usarla a pezzetti. Non vi può essere, ad esempio, contrapposizione tra cattolici ‘della vita’ e cattolici ‘della pace’. Chi cade in questa trappola non si è formato in modo maturo e cosciente”.

Non solo teoria: quindi, a quali criteri devono rispondere le scuole di formazione?

 
“È ora di aprire modalità nuove di formazione, laboratoriali, nelle quali a partire da un problema si sperimenta l’importanza della Dottrina sociale nell’indicare criteri e direzioni. È urgente che chi vuole impegnarsi in politica abbia non solo fedeltà e dedizione al servizio, ma anche quegli strumenti indispensabili per operare per il bene comune. I laboratori devono essere luoghi in cui ci si educa al dialogo, all’ascolto, si capisce il valore della competenza, si sperimenta un sano pluralismo, gareggiando per il bene comune mettendo in campo soluzioni diverse poiché, nell’affrontare i problemi concreti, non c’è una ‘soluzione cattolica’ quanto piuttosto una visione del bene comune e della società”.

Siamo a metà strada tra la Settimana Sociale di Reggio Calabria (2010) e la prossima (2013). Quali frutti dell’evento reggino sono maturati nell’anno che si sta chiudendo e quale contributo possono dare all’elaborazione del prossimo appuntamento?

 
“Nel 2011 un numero ragguardevole di diocesi ha ripreso i temi dell’agenda, facendone oggetto di riflessione e approfondimento. In fondo siamo partiti dal territorio e là siamo tornati. Nel 2012 avremo il compito di gestire la transizione tra l’agenda di speranza di Reggio Calabria e un’agenda per la famiglia, tema che il Consiglio permanente della Cei ci ha affidato per la prossima Settimana Sociale. Lo faremo attraverso tre seminari, e soprattutto guardando con particolare interesse all’incontro mondiale delle famiglie, che si terrà a Milano nel prossimo giugno”.

 (SIR)