Recensione / “Il giardino dell’anima” di Cettina Tomarchio, un inno alla natura e alla famiglia

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Pubblichiamo in anteprima la relazione con la quale la prof.ssa Anna Bella presenterà, mercoledì 5 aprile alle ore 18, nei locali dell’Università Popolare “Giuseppe Cristaldi” di Acireale (via San Martino, 2), la raccolta di poesie “Il giardino dell’anima” di Cettina Tomarchio.

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La poetessa Cettina Tomarchio, nata e residente a Santa Venerina, professoressa di disegno e storia dell’arte negli Istituti superiori, in pensione, donna molto sensibile, dalla forte personalità, sposa e madre di due figli, vive una vita improntata a valori etici e spirituali di rilievo, dedicandosi con amore alla famiglia, e ad una proficua attività artistico-poetica.

Il libro “Il giardino dell’anima” (Il Convivio Editore, 2016) è la prima opera della poetessa, che aveva preferito tenere nel cassetto le sue poesie… Esso è impreziosito da schizzi grafici in bianco e nero, disegni e acquerelli dell’autrice stessa, su motivi simbolici, incentrati sulla vita personale e sulla bellezza della natura. La copertina riproduce un acquerello emblematico: una radiosa giovane sceglie accuratamente delicati fiori di pesco. Originale, l’acquerello “Sognando l’universo”: una figura mitica è abbandonata in braccio a vaporose nuvolette bianche, mentre in basso la bianca schiuma dell’azzurro mare bacia la roccia lavica. Simboleggia la vita poetica, che pulsa nel cuore dell’adolescente Cettina, in preda a inquietudini dell’età, miste a sogni esaltanti? Pare di sì.

La prefazione, molto densa e lineare, dell’editore Giuseppe Manitta, mette in luce l’espressività emozionale del “diario dell’anima” dell’autrice. Cettina Tomarchio, seguendo il suo perspicace intuito dedica il libro “Agli abitanti del mio giardino…”, aggiungendo un suo aforisma: “Nei momenti di malinconia coloro la mia vita con i sogni e la tristezza diventa poesia”. Nel “giardino dell’anima”, la poetessa c’introduce nel suo mondo interiore, ricco di sentimenti vibranti e denso di risonanze: viviamo assieme a lei l’intimità del suo sentire, l’evolversi delle situazioni, la concretezza d’ideali vissuti con generosità ed entusiasmo, le esperienze di una vita intesa ad alti valori, specie in rapporto alla famiglia; mirata alla tensione di vivere intensamente e trasmettere agli altri messaggi di amore. In graduale crescendo, si passa dall’età giovanile, spensierata – anche se talora offuscata dalla malinconia e dall’ansia del futuro – all’età matura. Meravigliosi sono i richiami alla rigogliosa natura, di cui l’autrice è innamorata, tuttavia il tema centrale è la bellezza della famiglia: viene focalizzato il dinamismo della vita in tutte le sue componenti, guardando i propri cari con occhio vigile e amore sconfinato, abitanti stabili dell’intimo giardino. In mezzo ad essi, s’intravedono figure di colleghi e colleghe, alunni, amici, conoscenti, proiezione dell’umanità intera, alla luce dell’universalità.

Cettina Tomarchio

Cerchiamo di analizzare alcune specifiche poesie, che ci rivelano la complessità di uno splendido mondo interiore, talvolta sfiorato da crisi esistenziali. Iniziamo con le poesie giovanili. “Solamente un attimo” è la rivelazione dell’anima, aperta ai valori assoluti: “L’attimo di un ricordo / per me è felicità. / Passa un guizzo di sole / sul mio cielo cupo / e irradia il mio orizzonte / di gran serenità. / L’attimo di un pensiero / per me è un’eternità.” Avvertendo in sé tali percezioni, la giovane Cettina, nella sua stoffa di poetessa, aderisce al piano provvidenziale di Dio, con coscienza; e incalza: “Mi ritorni in mente, / nostalgico amore, / con immensa dolcezza / e accendi una speranza / che mai più morirà.” In tale sensazione s’avverte il segno di una vita, che sarà ricca di eventi, quale si verificherà. Complementare ne è la poesia “Solitudine”, in cui Cettina si sente “in un deserto abbandonata… vorrei gridare al mondo / ciò che ho dentro”. La solitudine, in un contrasto apparentemente incredibile, diventa l’amica della giovinezza, le fa scoprire verità inconfondibili, che nel tumulto del mondo sarebbero state ignorate. In “Un giorno, triste, di ottobre”, la sua anima è scossa dal dolore della irrevocabile perdita di un’amica: “Lo sguardo si smarrisce lontano / e nella foschia del cielo / ogni cosa svanisce pian piano. / Vorrei prendere il volo, / liberarmi dai miei pensieri / e rapita dall’infinito / perdermi nel mistero.” In questa tensione giovanile, l’anima viene folgorata dall’inesorabilità del tempo che fugge portando con sé tutto: nasce il motivo appassionante di “Passa il tempo, scorre la vita”. Nella romantica poesia “La tradizionale ricorrenza dei morti”, è rievocata con accenti nostalgici l’antica usanza siciliana della sorpresa dei doni per i bambini, che nella loro immaginazione creativa credono nella visita di parenti deceduti, per incanto risorti per loro nella magica notte: ”E’ proprio una festa per loro, / han ricevuto i regali dei morti.” Rapportandosi con l’attualità, nel Luglio ’69, epoca del famoso sbarco dell’uomo sulla Luna, la giovane poetessa si rivolge al satellite della Terra confidenzialmente: “Pallida luna / che vaghi nel cielo, / dolce incanto / delle mie sere spensierate!” E fa il paragone tra il tempo dell’ infanzia, affascinata dai giochi lunari a nascondino con le nubi, e il presente: “Ora l’uomo ha raggiunto / il tuo cuore di sasso / e si attenua il tuo fascino / ai miei occhi. / Sul tuo volto amico e misterioso / è svanito quel sorriso / per me caro.” La natura, miraggio emozionante, viene rappresentata in varie poesie con tocchi esaltanti: in “Acquazzone estivo”, la nuvola grigia diffonde “nell’aria sapore di pioggia…”; e di colpo l’acquazzone provoca il deserto nella spiaggia, preannunciando la fine dell’estate: “La pioggia battente è voce / di un pianto sommesso / e sveglia dal pigro torpore”. Dalla lirica “E’ ritornata primavera”, si sprigiona una carica di esultanza, che sembra coinvolgere il mondo intero: “Scorgo l’arcobaleno / nell’azzurro dell’infinito / e il mio cuore si schiude / in un canto di gioia. / E’ primavera!”. Così pure, siamo incantati da “L’arcobaleno dei sogni”: “I fiori, di musica inebriati, / al soffio leggero del vento / danzano nei prati… / Liberi e felici / gli uccelli giocano, / intrecciando i loro voli / verso il mare d’argento….”. Nella stupenda lirica “Sognando l’universo” si rivela l’anima fresca di giovinezza della poetessa. Certo non mancano i momenti di smarrimento, quando si è giovani; e lei, Cettina, in “Preghiera”, apre il suo cuore a Dio: “In questa sera così fredda / io non sento il tuo calore. / Riscaldami, o Signore, / con la forza del tuo amore!”

Nella seconda parte del libro “Verso la maturità”, è tracciata la parabola della vita personale, riflessa nella sua famiglia, obiettivo di sogni e di attese; inoltre, è approfondito il motivo della natura, nella sua doppia faccia di madre rigogliosa, e nello stesso tempo – nella poesia “La bufera” – di furia capace di scardinare senza pietà quanto cade sotto le sue grinfie. L’umanità comprende che la lotta è impari. E’ nella famiglia che l’autrice si realizza pienamente. In primo piano risalta il vibrare dell’essere nel percorso felice della maternità: “La gioia più grande, Irene” 1973, con apposito disegno, espressivo. La poesia è tutta un sussulto del cuore: “Mi sembra di svegliarmi / da un sogno e da un incanto, / eppur non sto sognando: / sono davvero mamma!” Nell’ebbrezza della maternità Cettina è in simbiosi con l’amata madre natura, in cui si manifesta la grandezza del Creatore: “Da ogni albero, germoglio e fiore, / traggo gioia, coraggio e vigore.” Ma la sensazione della vita che scorre e non si ferma mai, la fa soffrire: “Il corso della vita / sembra a volte incepparsi, / diversa è la realtà: / tutto continua a girare / e avanza verso l’infinità”. Nasce l’originale lirica che dà il titolo al libro: “Il giardino dell’anima”. Un giardino misterioso, dove l’autrice coltiva i suoi fiori. Interessante notare come Cettina Tomarchio riesca a creare un’atmosfera musicale, nel mettere a stretto contatto l’anima e il suo io, raggiungendo vertici personali, altrimenti sfuggenti. A tale lirica è legata un’altra, che nella sua icasticità induce il lettore a rientrare in se stesso e interrogarsi: è “L’essenzialità della vita”, che pone il problema dell’essere, spesso dagli uomini e dalle donne trascurato, mentre il cuore aspira al “desiderio d’infinito”, ovvero a Dio, l’unico che può appagarci. Pensiero e sensibilità, inevitabilmente scossi, inducono a tentare vie nuove e nello stesso tempo antiche, abbattendo la superficialità che talora offusca l’esistenza. In “Notte insonne”, è suggestiva l’immagine dei pensieri vaganti “come cani randagi” nel silenzio della notte, mentre il cielo stellato con il suo sublime splendore, nell’attrarre l’insonne, la placa, infondendole desideri di sorprese nel nuovo giorno. Le poesie su motivi familiari sono singolari per l’anelito del cuore di tradurre in parola semplice ed efficace il sentimento dell’amore; in “Quarantesimo anniversario delle nostre nozze, Sebastiano” e nella lirica “Al figlio Mario, 26 luglio 2008”, con acclusi acquerello e disegno, emblematici, l’autrice rivela l’amore eterno con un ritmo lento, quasi un voler trasmettere l’emozione dei sentimenti; sono due eventi che hanno la stessa matrice: proiezione del fausto giorno delle nozze del figlio, importante tappa del proprio matrimonio, con la consapevolezza che la vita nelle svolte s’intreccia misteriosamente. Il figlio, sposo felice, sin da piccolo è stato avviato per questo sentiero con amore; di conseguenza lei, la mamma, gli si rivolge con slancio: “Vola in alto senza planare, / insegui con tenacia i tuoi ideali, / la luce rischiari il tuo cammino: / la felicità, fine dell’operare.” Allo sposo Sebastiano dedica il canto del loro meraviglioso amore, entrambi fusi in simbiosi, confidandogli di pregare il Signore “di percorrere sempre sentieri / piccoli e vitali / tenendoci per mano.” La poesia delle rimembranze coglie momenti felici d’ispirazione, in due liriche dedicate alla madre: “L’Amore è più forte della morte” e l’altra, ”Sei nel mio cuore mamma”: la memoria della mamma, “stella polare”, è effluvio di dolcezza, sensazione della sua presenza luminosa nell’arduo cammino della vita: “L’amore materno / continua a germogliare, / nemmeno la morte / lo può sradicare.” L’amore, che pervade il cuore della poetessa, attende il contraccambio: “Io tendo le mie mani, / donami il tuo amore.” Ancora, nella lirica “Il mare dei ricordi”, aleggia un senso di pace: si rinverdisce il lontano passato con sogni scomparsi, che riappaiono “nella mente come rugiada al sole. / Persone care andate già via / tornano per incanto / a farmi compagnia”. L’illusione prende il sopravvento sulla realtà, creando “una magica armonia”, ma la percezione dei ricordi è di breve durata: scompare, lasciando nel cuore un profondo senso di nostalgia.

Nelle ultime pagine della raccolta, l’attenzione dell’autrice si concentra sulla storia infinita personale e dei propri cari. Interessante la lirica “Preghiera di una giovane di spirito”, in cui Cettina, grata per i doni ricevuti, chiede a Dio la sua alta protezione e l’integrità della persona per lunghi anni, per sé e per il proprio compagno. L’ispirazione della poetessa si proietta lungo il corso dell’esistenza, con “Le stagioni della vita”: la primavera dei giovani anni è rappresentata nel suo fulgore, anni di pieno respiro; l’estate, la stagione dei sogni realizzati, a cui segue l’età presente, l’autunno con dolci frutti; a questo incrocio, s’insinua il timore dell’inverno: forse esso sarà percorso dal vento di tramontana, sarà di fitta nebbia e gelo? La risposta viene dalla fede. Anche l’ultima stagione sarà allietata dalla vita che si espande, fonte di vera speranza. A completare il quadro della famiglia, ecco i quattro nipotini, gioia e ricchezza dei nonni. Nella splendida poesia “24 luglio, è arrivata Benedetta”, l’autrice, in un’esplosione di felicità, annunzia l’attesa nascita della nipotina, “candida come la luna, /…stella chiara del mattino, /…fiore delicato / acqua pura di sorgente”; lei, con la sua manina “aggrappata alla mia, / così piccola e indifesa / carica di magia” è, in quell’alba d’estate, la bellezza stessa della vita, promessa di futuro. Luminosa è la poesia “Gioie e tesori, i miei nipotini”, rappresentata nel significativo acquerello in cui l’autrice stessa, “nonna, tenerezza infinita”, abbraccia i nipotini. La poesia si chiude con un augurio di bene: “io allargo le mie braccia / e stringo il mondo.”

La raccolta di liriche “Il giardino dell’anima” volge al termine con “Oltre il tempo” e “Risorge la vita”: la poetessa proietta la sua anima verso l’infinito: dopo aver lasciato la Terra, volerà “libera come un gabbiano, / leggera come una piuma”. La sua spiritualità si manifesta integralmente nell’amore pertinace che la lega al Padreterno, e anche alle creature terrene, oltre il tempo, condizione della vita umana. Nella seconda lirica, si manifesta la testimonianza cristiana dell’autrice: “E’ bello pensare di poter risorgere / e baciati dal sole restare nel cosmo / in un eterno abbraccio d’amore.” Infine, il libro si chiude con “La mongolfiera dei sogni”, di cui è riprodotto l’acquerello. Cettina Tomarchio colora la realtà in modo fantastico, attribuendole quel valore ad essa intimamente connesso, ovvero rivelando profonda fede alla base del suo agire e dei suoi rapporti con gli altri, in particolare con tutti i membri della sua famiglia, verso i quali rivolge il suo imperituro amore.

L’augurio per Cettina Tomarchio, che ci ha permesso di penetrare nel suo giardino segreto, è di continuare a coltivare la fertile ispirazione, donando ai propri cari, agli amici, la gioia di nuove pubblicazioni. Infine, essendo questo libro un inno alla famiglia e alla natura, suggerirei d’inviarne qualche copia a Papa Francesco, strenuo difensore e protettore della famiglia, con apposita lettera firmata dai membri della famiglia. Auguri per un promettente futuro.

Anna Bella