Vicini che interrogano
Rapporti problematici per l’Europa con Paesi mediorientali e nordafricani
La presa di posizione dell’Europarlamento sulla situazione in Siria, approvata durante l’ultima plenaria a Strasburgo (13-16 febbraio), ripropone il dramma che si sta vivendo nel vicino Paese mediorientale. Con la libertà e la chiarezza di espressione che quasi solo l’Assemblea dei 27 si riserva sui temi di politica internazionale, la risoluzione domanda pace, diritti e libertà per i cittadini siriani e aiuti alla popolazione che sta subendo da troppo tempo i soprusi di un regime dittatoriale; il testo condanna quindi la posizione di Russia e Cina che bloccano un intervento del Consiglio di sicurezza Onu. Non solo: a Mosca si imputa il fatto di essere il principale fornitore di armi dell’esercito e della polizia di Assad.
All’unione europea invece si chiedono ulteriori sanzioni (colpendo gli alti ranghi del Paese, non la popolazione civile), nonché il pieno rispetto dell’embargo e delle misure restrittive decise contro il regime. Si suggerisce quindi che tutti gli Stati membri richiamino i propri ambasciatori accreditati a Damasco e che si attui una aperta politica di sostegno alle forze di opposizione. L’emiciclo conferma il sostegno “agli sforzi della Lega araba per porre fine alle violenze e promuovere una soluzione politica in Siria”. Apprezza l’impegno dell’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Catherine Ashton, per la creazione di un gruppo di contatto di “Amici del popolo siriano”: la stessa Ashton sarà a Tunisi il 24 febbraio per partecipare al primo incontro fra rappresentanti di Stati e Organizzazioni internazionali per coordinare le iniziative intese a fermare il massacro della popolazione civile.
Sempre l’Europarlamento condanna “la repressione brutale” in atto nel Paese, manifestando il “timore di un attacco mortale finale alla città di Homs”, sottoposta a “bombardamenti continui e massicci”. Il timore è che l’eventuale estendersi del conflitto coinvolga il Libano e magari altri Paesi della regione, tenuto conto della presenza ingombrante dell’Iran, che segue da vicino (troppo vicino, persino con l’invio di piccole imbarcazioni da guerra nel Mediterraneo) l’evolversi della situazione siriana. Il regime di Assad non è il solo a essere sotto la lente d’ingrandimento. A livello comunitario ci si sta rendendo conto che la politica euromediterranea – virtualmente rilanciata dal presidente francese Sarkozy nel 2008 quando deteneva la presidenza turnante dell’Ue – finora non ha prodotto risultati, è stata nettamente spiazzata dalla “primavera araba” e di fatto non ha portato ad alcun passo avanti nelle relazioni tra Europa e vicini mediorientali e nordafricani. Allo stesso modo restano problematiche le relazioni con i Balcani e con la Turchia, nonché con il mondo arabo nel suo complesso.
Non a caso nella stessa sessione del Parlamento ha suscitato tanto interesse – e numerosi attriti – l’accordo commerciale con il Marocco che, approvato con una divisione netta fra gli eurodeputati, liberalizza parzialmente gli scambi di prodotti agricoli (con significative riduzioni delle tariffe doganali), fra cui i pomodori, i cocomeri, l’aglio e le fragole. Le preoccupazioni espresse in aula hanno riguardato soprattutto aspetti commerciali, fiscali e di diritto del lavoro, anche a protezione dell’agricoltura comunitaria. Ma la discussione si è più ampiamente indirizzata al dovere di sostenere lo sviluppo socioeconomico del Paese e di non abbandonare il Marocco – Paese chiave dell’intero Mediterraneo – proprio in una fase in cui le speranze democratiche suscitate dalla “primavera araba” sfiorano Rabat, Casablanca e Agadir.
Appena fuori dalle porte dell’Unione sono dunque numerose le situazioni in cui democrazia, pace sociale, sviluppo e diritti sono minacciati, se non apertamente negati. La stessa Russia preoccupa l’Ue, assieme a – per fare qualche altro esempio – Ucraina, Bielorussia, Turchia e Terra santa. Il “vicinato” richiede con sempre maggior urgenza una Europa forte e dinamica, aperta e interessata a risolvere i propri problemi (a cominciare dalla crisi economica) e quelli che condivide con gli “altri”. E limitare lo sguardo al nodo-migrazioni, come se il mondo bussasse alle porte Ue solo su questo versante, sarebbe un grave errore.
Sir Europa