Saggio / La chiesa di Santa Maria Ammalati e gli affreschi biblici di Giuseppe Spina Capritti

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La chiesa di Santa Maria degli Ammalati

Paolo VI, nella chiusura del Concilio Vaticano II, nel 1965, fece un discorso nuovo agli artisti sul loro ruolo nella vita cristiana, parlando di “alleanza” tra la Chiesa e gli artisti, impegnati nell’edificare e decorare i templi con magnificenza, essendo luoghi sacri per la celebrazione dei suoi misteri e della sua liturgia. Icastico l’elogio di avere aiutata la Chiesa, trasferendo il messaggio divino nel linguaggio delle forme e delle figure, nel “ rendere sensibile il mondo invisibile”. Il Papa evidenzia come il nostro mondo ha bisogno di bellezza “per non cadere nella disperazione”.
Infatti, la bellezza, come la verità, induce alla gioia, resiste al logorio del tempo, fa comunicare nell’ammirazione. Pertanto l’arte sostiene l’uomo contro la spersonalizzazione vigente, favorendo l’esperienza visiva e il dialogo tra anziani e giovani
. Nella Bibbia Dio è presentato come un artista: “Deus artifex”; anche l’uomo è creativo, “fatto a immagine e somiglianza di Dio”; pertanto la creatività dell’uomo è vista come adesione a Dio.

Il libro di Salvatore Licciardello

In Acireale le tre antiche basiliche – Cattedrale, Maria SS. Annunziata, Santi Apostoli Pietro e Paolo, San Sebastiano- e altre chiese,- quale ad esempio Santa Maria del Suffragio, monumento nazionale,- sono molto belle, testimoniando come i nostri antenati avessero fede in Dio.
Tra le chiese delle frazioni, che meriterebbero maggiore notorietà, sia per la loro bellezza artistica sia per la comunità che vive loro attorno, c’è la chiesa di Santa Maria degli Ammalati.  Secondo me, sarebbe bello se potesse diventare il santuario di Maria SS. Salute degli Infermi, che è patrona di S. Maria Ammalati. Il vescovo Antonino Raspanti accolga questa mia proposta. Stupendo è l’originale prospetto monumentale della chiesa, preceduto da una scalinata. Anche l’interno, da un punto di vista architettonico, è pregevole: nell’abside al centro un bell’altare di marmo, con un tabernacolo prezioso. Dodici colonne, di cui sei nell’abside, e altre sei lungo la navata a fianco degli altari, a loro volta racchiusi in una cornice, che sembrerebbe di marmo, di colore bleu, risaltante sul bianco delle pareti e delle colonne. Altrettanto si riscontra nelle cornici degli affreschi biblici, poco al di sopra degli altari. Effetto estetico, gradevole.

La pubblicazione di Salvatore Licciardello, ”Santa Maria degli Ammalati”, è da considerarsi un’opera preziosa, che ne illustra le fasi storiche con estrema perizia, in una rigorosa analisi di questioni e problemi. La copertina con la riproduzione fotografica della chiesa, dopo i restauri del duemila, è simbolicamente monumentale. Il  campanile, distrutto dal terremoto del 1914,viene rifatto in modo semplicistico, non più in stile gotico-normanno, come risulta dal progetto dell’arch. acese Mariano Panebianco, conservato nel suo archivio. La volta della navata, invece, ricostruita, viene dipinta da Sebastiano Conti Consoli di Linera, con l’Assunzione della Madonna. Nell’abside suggestivo è il dipinto “La Gloria dell’Agnello” di Giuseppe Spina  Capritti; inoltre, dello stesso pittore, la decorazione della volta, gli affreschi biblici nelle pareti laterali, le rappresentazioni delle quattro virtù cardinali, nei pennacchi della cupola, il tutto dipinto dopo il terremoto del 1914.
Infine, due significative tele del 700, di autore ignoto, scoperte in scantinati, di recente. Sugli altari, belle le tele di “Maria SS. Salute degli Infermi” del 1745 e “S. Venera in gloria, S. Antonio Abate e S. Vito” di Francesco Finocchiaro detto Burrasca. Non citata, a destra dall’entrata della chiesa, la sorprendente, luminosa tela, con immagini significative, della pittrice locale Sara Battiato, raffigurante San Giovanni Battista presso il Giordano, mentre nella riva opposta sta Gesù, seguito da dodici Apostoli: è del 1970. Un piccolo capolavoro. Vicino all’abside l’altare con l’artistico Crocifisso, di autore ignoto. Il libro è ricco di 45 tavole fotografiche fuori testo, alcune delle quali a colori, con dipinti, statue, ritratti, altarelli, paesaggi e così via; dotato di esatta documentazione, redatta in archivi diocesani, statali, privati, fedelmente riportata in un’appendice meticolosa.
Incisive, le pagine sul famoso Bosco d’Aci, nel periodo romano denominato “Lucus Jovis”, sito importante. Nel “Liber Rubeus” di Acireale sono incluse lettere del Viceré di Sicilia del 1542 su privilegi concessi a cittadini acesi circa il Bosco d’Aci;  proprio qui, luogo infestato da malviventi, avvengono efferati delitti; uno dei quali riguarda, il 15 settembre 1658, don Giovan Battista Grasso, dopo tormenti ucciso per istrada, mentre ritorna dall’aver celebrato Messa “alla Madonna delli Ammalati”. Certo, come martire della Chiesa, questo sacerdote meriterebbe d’essere proclamato almeno venerabile.
Nelle terre d’Aci, si verifica un processo di trasformazione, dall’area di Santa Venera al Pozzo verso nord: disboscate aree, in favore di terreni seminativi, vigneti, agrumeti, offrendo lavoro alle famiglie; il territorio di Santa Maria Ammalati ne usufruisce fortemente. Dettagliata l’analisi dell’evoluzione della comunità dei “Malati” in campo socio-economico, nel corso dei secoli, con annesse problematiche e complicate questioni.

Risale al 1627 la costruzione di una cappella nel vigneto di Jacobo Grassi, sotto il titolo di “Sancta Maria delli Malati”, con il diritto di celebrazione di Sante Messe. Tutta una storia, legata da una parte alla famiglia Grassi, che la riceve in eredità, dall’altra alla comunità che la frequenta.
Nel 1669 il vescovo di Catania, Michelangelo Bonadies,  vi si reca per la visita pastorale: per la prima volta viene chiamata “ecclesia”, ovvero centro di una piccola comunità. Dopo il terremoto del 1693, la cappella viene ricostruita; nel 1731, affidata ad un cappellano. Molto particolari e complesse le vicende storiche, con crescita della popolazione e annessi problemi sociali ed economici.
Nel 1862 la “Chiesa degli Ammalati” è eretta in “parrocchia filiale coadiutrice della chiesa Madre di Acireale”; è dotata dal benefattore don Rosario Borzì di beni consistenti; i confini sono abbastanza vasti. Nel 1865, dopo i terremoti del 1818 e del 1864,urge la costruzione di una nuova chiesa: il can. Giovanni Pennisi Platania dona il terreno, mentre il comune di Acireale e la popolazione ne assumono la relativa responsabilità .
Il 5 agosto 1877 mons. Gerlando M. Genuardi, primo vescovo di Acireale, comunica in Vaticano la notizia della consacrazione della nuova chiesa di Santa Maria degli Ammalati, in cui è conservata croce e campana della vecchia chiesa, distrutta.

La chiesa di Santa Maria degli Ammalati

Nel 1923 la chiesa viene eretta in Parrocchia dal vescovo  Fernando Cento, che designa don Rosario Vecchio, quale primo parroco. E’ un centro di apostolato molto impegnato, con la presenza dell’Azione Cattolica e di altre associazioni, tuttavia con limiti dettati da influssi tradizionali poco ortodossi. Patrona della parrocchia è la Madonna “Salus Infirmorum”, per la quale ogni anno si celebra una grandiosa festa. Parecchi altarini vengono costruiti in varie zone. Tra i parrocchiani illustre è la figura del prof. Mario Monaco, autore di varie pubblicazioni, con una carriera splendida nella scuola.
Molto interessante per il territorio di Santa Maria Ammalati il periodo bellico della Seconda Guerra mondiale, con episodi singolari. Nel 1940 i Tedeschi istallano la Milizia di segnalazione antiaerea nel castello di Belfrondizio. Il Seminario estivo  viene utilizzato dai Tedeschi e poi dagli Anglo-americani in vari modi. Dopo il bombardamento del 14 novembre 1941 ad Acireale, diverse famiglie acesi sfollano a Santa Maria Ammalati. Momenti drammatici si vivono durante la ritirata tedesca e il sopravvenire delle truppe alleate.  Dagli anni Sessanta in poi avviene una sostanziale trasformazione, con l’aperto inserimento della comunità parrocchiale, a pieno titolo attiva, nel mondo socio-culturale.

Sugli otto affreschi biblici di Spina Capritti, encomiabile il libro “Opere di un viaggio” di recente pubblicato, autrici Giuseppina Spina e Letizia Franzone. Ciascun personaggio ha  riscontro con quello della parete di fronte; ad esempio, al personaggio di Mosè corrisponde quello di Elia; forse l’artista si rifece alla trasfigurazione di Gesù, in cui comparve ai tre apostoli in mezzo ad essi. La lettura del libro è una sorpresa: si legge tutto d’un fiato, per l’interessante presentazione ed interpretazione, specie in chiave teologica, degli affreschi biblici. Nel visitare la chiesa, altra sorpresa  per l’autorevole presenza dell’Arte: questa  cancella in noi le tenebre e ci apre le porte del senso della vita, liberandoci da vuote illusioni e donandoci il senso del bello. Gli affreschi luminosi di questa chiesa ci invitano ad avvicinarci alla Verità,  sensibilizzando le nostre coscienze al dialogo con Dio e con i fratelli, superando l’atteggiamento d’indifferenza così diffuso: l’arte è segno di vita, d’avere imbroccato la via giusta. Rivisito il libro, tracciandone le linee essenziali.

Significativo il preludio del “viaggio” con la poesia “Istanti di vite” di don Orazio Giuseppe Tornabene, a cui seguono il lineare editoriale sulle due autrici, “Condivisione e testimonianza”, del direttore “La Voce dell’Ionio”, Giuseppe Vecchio; la presentazione del parroco, don Marcello Pulvirenti, che esalta la bellezza della chiesa. Dettagliata l’introduzione delle due autrici. Giuseppina Spina, laureata in “Conservazione dei Beni culturali” con una tesi sull’”onorato dipintore Acese”, Giuseppe Spina Capritti, attinge ad essa. La data di nascita, tra il 1816 e il 1818, in Acireale. Dal matrimonio con Venera Raciti, nascono cinque figli, uno dei quali, Saru, è tra i più bravi pittori acesi.
Vivace il racconto di Giusy Spina sull’imprevedibile occasione d’individuare la fonte delle immagini degli affreschi: in un mercatino cittadino, compra un volume con episodi biblici illustrati da Gustave Dorè, tra di essi scopre gli stessi soggetti degli otto affreschi di Giuseppe Spina Capritti, nella sua chiesa parrocchiale. In effetti, si tratta di una sapiente riproduzione pittorico- coloristica .
L’altra autrice, Letizia Franzone, studiosa di teologia, mossa dalla sua ardente fede, identifica  il messaggio teologico degli affreschi, quale luce di conoscenza, mediante il loro valore simbolico. Papa Francesco ha indetto per una domenica di settembre 2017 la celebrazione della Bibbia: è il momento propizio, secondo me, per far conoscere gli otto affreschi biblici nella chiesa di Santa Maria degli Ammalati a quanti ne ignorano l’esistenza. Il libro s’apre con un bel “Ritratto del padre” della Pinacoteca Zelantea di Acireale: il dipinto è del figlio, il noto pittore Rosario Spina, dotato, per volontà del padre, di un’ottima educazione artistica, conseguita a Napoli.  Tra tutti i lavori conservati nella Pinacoteca Zelantea del ”dipintore acese”, risaltano un ritratto di “Ferdinando Re delle due Sicilie”del1845 ,i disegni per la decorazione del teatro Bellini di Acireale, i progetti di decorazione d’interni di dimore borghesi e della Cappella del vecchio Seminario di Catania.
Al 1870 risale l’inizio della decorazione  della chiesa di Santa Maria degli Ammalati, ma, per sopravvenuti terremoti, vengono distrutti gli affreschi della volta e dei pennacchi della cupola centrale;  illesi, gli otto affreschi biblici, delimitati da cornici. Inoltre, in Acireale, molto ammirati i caratteristici quattro bassorilievi in pietra bianca di Palazzo Ricci, in Piazza Marconi; parecchi i privati, in possesso di  tele dello Spina Capritti, come attesta Michele Tortorici Lipera. Da menzionare i lavori nell’abside e nel coro della Cattedrale; la decorazione sia del teatrino nel salone della Villa Filippina, sia dell’aula del Consiglio nel Palazzo municipale.
Giusy Spina mette in rilievo la partecipazione di Giuseppe Spina  e del figlio, Saru, all’Esposizione artistico-industriale di Messina, nel 1882. Ricorda anche altri lavori dell’artista nella chiesa madre di Aci Sant’Antonio. Ben documentato,  il suo richiamo artistico- biografico su Gustave Dorè, eccellente illustratore della Sacra Bibbia, con pregevoli  chiaroscuri: nel 1866 l’opera sua varca i confini della Francia e giunge in Sicilia, ad Acireale, suscitando interesse nel mondo culturale.

Il capitolo, “La Bellezza: dialogo tra Arte e Spiritualità”, a cura di Letizia Franzone, verte sulla ricerca dell’uomo circa la Bellezza, ovvero Dio: analizzati i concetti di bellezza morale ed estetica, la cui sorgente è Dio, ne consegue che le opere d’arte risultano espressioni della Bellezza divina. Pregevole la citazione di san   Giovanni Paolo II sull’artista, proiettato verso l’interpretazione del “Mistero nascosto”: “l’amore sprigiona una particolare esperienza del bello”. Gli affreschi di Santa Maria degli Ammalati sono riprodotti nel testo a confronto con le xilografie del Dorè, in due facciate parallele, con apposite schede, sicché se ne evidenzia la perfetta somiglianza, ma anche la reciproca bellezza dell’insieme e dei particolari. L’originalità autentica iconoclastica è senz’altro del Dorè, ad eccezione di qualche particolare, ma l’arte coloristica è di Spina Capritti, ed  essendo questa di una potenza indiscussa, ne consegue che gli affreschi,  appartenenti ad un genere artistico diverso, sono opere, essenzialmente, diverse. La realizzazione degli affreschi è una vera impresa, che ha coinvolto l’artista e forse anche persone interessate del suo tempo. I commenti di Letizia Franzone sono  di alta spiritualità, invitanti alla meditazione, con riferimenti al cammino spirituale dei cristiani, distinguendo le condizioni dei fedeli dai lontani e dagli atei, tuttavia rivolgendo lo sguardo alla misericordia divina.
Gli otto soggetti biblici sono i seguenti: 1.” Discesa di Mosè dal Sinai”. La figura di Mosè, avvolto in un manto rosso, al tramonto, con le tavole della Legge, è imponente:  Dio, memore dell’Alleanza, ricorda al popolo ebreo, non sempre fedele, la liberazione dalla schiavitù, la sua misericordia. In basso, in penombra, l’attesa “ del popolo d’Egitto”. 2.” Elia nutrito da un angelo”. Elia, sfiduciato, in uno stato d’abbandono, desidera morire, ma con sua sorpresa un Angelo, da cui emana luce, lo soccorre con una focaccia e una brocca d’acqua. Dal racconto biblico sappiamo che, rifocillato, riprenderà il cammino verso il monte Oreb, ovvero il Sinai, dove attraverso un venticello nel deserto Dio parlerà ad Elia. Nel pane è adombrato il mistero dell’Eucarestia, da cui il cristiano riceve forza per il proprio cammino.  3.-4. “Ciclo di Tobia”: Tobia e l’Angelo – La famiglia di Tobia assiste alla scomparsa in cielo dell’Arcangelo Raffaele. Il libro di Tobia risale a secoli antecedenti alla nascita di Cristo, ma la coscienza del significato della vita è universale, sempre attuale. Dal pesce, catturato nel fiume Tigri, Tobia, su suggerimento dell’Arcangelo, estrae fiele, fegato e cuore, che serviranno per guarire il padre Tobi dalla cecità. Da un punto di vista teologico, annota la Franzone, c’è l’esaltazione del bene e del bello, come è dimostrato dal nome ebraico, Tobia e Tobi, ovvero “Dio è buono”, “bello”. L’angelo scompare in un globo di luce, mentre sulla terra  prevale un icastico movimento, in un’esplosione di colori.  5.- 6. “Ciclo di Giacobbe”: Giacobbe benedetto dal padre Isacco – Giacobbe lotta con l’Angelo. Notevole il realismo delle scene, in un’ambientazione orientaleggiante. Molto caratteristica la figura della madre Rebecca, grande protettrice del figlio Giacobbe. Il commento della Franzone per la seconda scena  è meditata: vede nella lotta di Giacobbe, “l’uomo di ogni tempo che vive l’esperienza della rinascita da ciò che rappresenta la sua fragilità.” Il patriarca non si chiamerà più Giacobbe, bensì Israele.  7.-8. Ciclo di Caino e Abele: Offerta di doni a Dio da parte di Caino e Abele – Caino uccide Abele. La drammaticità delle due scene è rappresentata dal Dorè con effetti sorprendenti: nella prima è soprattutto la direzione del fumo a indicare, da parte di Dio, l’accettazione  o no delle offerte dei due fratelli: arrogante Caino, in primo piano; mite e in preghiera, Abele. La scena dell’assassinio è un capolavoro: nella luce, sconvolgente, il corpo inerte di Abele; appoggiato a nera roccia Caino, munito di clava, con un ghigno feroce, alle sue spalle lo sfondo tenebroso. Negli affreschi, il colore, talora, contribuisce a far intuire il mistero nascosto. Letizia con bravura fa un commento teologico  approfondito sulla dinamica delle coscienze nell’uomo.

Ultimo capitolo, ‘Nuove strade’, in cui si chiarisce il concetto di ‘viaggio’ spirituale della Misericordia: capire la Parola di Dio attraverso gli affreschi,  giungere all’innesto in Cristo. Le due autrici, esperte del “viaggio”, interpretano, in chiave teologica, la composizione architettonica della chiesa, la scalinata con l’ingresso, il presbiterio, dove chi ha intrapreso il viaggio alla ricerca dell’Amore, alla luce del Cantico dei Cantici, scopre l’Amato. Sublime teofania è “Un canto dentro al viaggio…”: “i poemi del ‘Cantico’ sono otto così come il numero degli affreschi”. Altre comparazioni: nube e ombra. ”La nube richiama il mistero dell’Incarnazione di Gesù, il chinarsi di Dio verso l’uomo per intrecciare con lui un dialogo intimo e profondo”; nei Salmi, la Parola di Dio è “più dolce del miele”; misericorde, l’amore tra Dio e l’umanità. Preziosa come una gemma la citazione di san Giovanni Paolo II sull’aspirazione dell’amore, quale “ricerca di perfezione che contiene in sintesi tutta la bellezza umana, bellezza dell’anima e del corpo.” Pertanto, è l’arte sacra a immortalare la bellezza, come avviene nella chiesa di Santa Maria degli Ammalati, con gli affreschi che cantano l’amore tra Dio e il suo popolo.
L’incalzante conclusione da parte delle due autrici, sul piano teologico , ma anche dell’esperienza, è sorprendente, pregna di valori ineguagliabili: “il viaggio interiore dell’uomo, segnato dalle infermità spirituali e corporali”, lungo la navata della chiesa, ovvero contemplando la storia della salvezza, è accompagnato da Maria, Salute degli Infermi, e sfocia ai piedi del tabernacolo, dove risiede la “Bellezza”.
In sintesi, “la logica tematica conduce ad un unico messaggio teologico”: E’ glorificata la Parola di Dio. Con il primo personaggio, Mosé, essa  si rivela mediante le Tavole della Legge, mentre, dirimpetto, Elia si nutre con il pane, simbolo eucaristico. Con Tobia, la Parola guarisce l’uomo dalla cecità, trasformandolo; dopo la lotta notturna di Giacobbe con l’angelo, sorge l’uomo nuovo, che accoglie la Parola di Dio, assumendo il nome di Israele. Nel ciclo di Caino e Abele, si staglia l’umanità, l’una seguace di Dio, l’altra nemica. La Parola di Dio crea l’uomo nuovo, chiamato per nome, quale testimone della risurrezione di Cristo, Agnello innocente, attraverso il dialogo personale con Dio: nel Risorto si scopre il “Custode della propria felicità”.

                                                      Anna Bella

                                                                                               

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