La notte tra il 14 ed il 15 febbraio si è spento Ignazio Maria Marino. L’essere Suo allievo certo non mi aiuta a superare la timidezza nel dovere scrivere su uno degli esponenti più autorevoli nel panorama della scienza del diritto. Consapevole della mia inadeguatezza, cercherò di abbozzare un ritratto del giurista e dell’uomo.
Professore ordinario di Diritto amministrativo nell’Università di Catania, era il Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Scienze delle pubbliche amministrazioni ed il Coordinatore del dottorato di ricerca internazionale di diritto amministrativo. Nell’Ateneo di Catania è stato Direttore del Dipartimento di analisi delle istituzioni e Presidente dell’ERSU e nell’Università LUM – Jean Monet di Bari – Casamassima, Presidente del nucleo di valutazione. Da Avvocato ha espletato con dovizia e scrupolo ogni incarico ricevuto.
Le responsabilità “gestionali” non Lo hanno mai distratto dal Suo impegnato magistero di giurista. Lo vorrei ricordare anzitutto come docente.
L’insegnamento per Marino rappresentava l’esito finale degli studi e delle ricerche. Aveva una reale passione per l’insegnamento che anteponeva a qualsiasi altro impegno; si intratteneva spesso con gli studenti rispondendo ad ogni loro dubbio. All’insegnamento universitario affiancava una intensa attività di formazione a favore di dipendenti pubblici; e non si tirava mai indietro di fronte a qualsiasi iniziativa (conferenze, seminari, tavole rotonde) convinto dell’importanza della parola per diffondere la cultura della libertà e ancor più la cultura della democrazia in cui fermamente credeva.
La sua produzione scientifica ha toccato tutti i temi del diritto amministrativo. Il Suo è stato un impegno costante nella costruzione di un sistema giuridico giusto, equo, mite. In ogni Suo scritto si intravede una meta: la Democrazia che sta a fondamento della Repubblica (art. 1 Costituzione). E ne vede una declinazione nel decentramento e nelle autonomie, nei sevizi pubblici, nel procedimento amministrativo che consente la partecipazione dei cittadini, nel giusto processo, nella programmazione.
Ricordo la Sua onestà intellettuale. Il garbo con cui esprimeva il Suo pensiero. La Sua saggia lentezza. Il rigore del metodo. La severità dei giudizi. Non ha mai impedito a chi non la pensasse come Lui di esprimere le proprie idee.
Detestava appannaggi e privilegi di poteri e caste, insostenibili, anche se autorizzati dalla legge, “in momenti in cui la gran parte della popolazione soffre”. Ciò gli appariva contrario al diritto, per Lui cosa diversa dalla legge, perché contrario alla giustizia; giustizia che invece deve praticare la solidarietà.
L’uomo ed il giurista si raccolgono così in una “eticità” profondamente cristiana. Eticità che lo porterà a percorrere “la strada delle giustizia realizzata dal diritto e dalla democrazia“. Percorrendola però si ritroverà ad inciampare nelle promesse mancate della democrazia ed in particolare nella mancata educazione della cittadinanza:”la democrazia ha promesso cittadini attivi, ma il degrado di costumi e governanti preferisce cittadini inerti, disinteressati, rimbambiti dalle televisioni, diseducati e disinformati”.
Ma non si fermerà e continuerà ad offrire, praticando la solidarietà, il suo impegno culturale e civile, ricordando con Cicerone (De Repubblica) che “l’amore per la virtù va inculcato ai giovani la cui educazione è fondamentale“.
Sebastiano Licciardello
Ordinario di Diritto amministrativo
all’Università di Catania