Giovedì 20 ottobre Rai 3 ha trasmesso “Life, Animated” – in prima visione assoluta, film – documentario diretto da Roger Ross Williams con Owen Suskind, Ron Suskind.
Owen, un ragazzo autistico che non parla da anni, riesce ad uscire dal suo isolamento immergendosi nei film animati della “Disney”, che gli permetteranno poi di “riconnettersi” con la sua amata famiglia e di approcciarsi al resto del mondo.
La famiglia Suskind era serena; una madre amorevole, un padre giornalista, due splendidi figli, una casa confortevole. A tre anni Owen, durante una notte tempestosa, per la forte paura si alza dal letto e scappa via.
Poco dopo gli viene diagnosticato l’autismo. Owen parla sempre meno, fino a non parlare quasi più. Qualcosa cambia, ma la paura non prende il sopravvento; la famiglia affronta sempre questa difficoltà con grande amore e coraggio.
Dopo essersi sottoposto a controlli, Owen segue la prima terapia: deve raggiungere la madre lungo un corridoio, e compirà questo compito solo camminando a “zig zag”. Da qui l’abbraccio forte della mamma e la promessa di amarlo sempre, di stargli sempre vicino.
Owen trascorreva molto del suo tempo ad osservare cartoni animati targati “Disney”, li amava molto. Crescendo, crea un “Disney club” per conoscere altri appassionati come lui. L’obiettivo principale era guardare spezzoni di cartoni animati per poi parlarne e capire come questi si collegavano alla vita reale. Owen utilizzava i film per dare un senso al mondo, al mondo in cui viveva. A nove anni, dopo la sua festa di compleanno quando i compagni vanno via, Owen inizia a piangere: non voleva crescere.
Il papà racconta che spesso sfogliava libri “Disney” e che comunicava attraverso i dialoghi dei film. A scuola non era semplice per lui, dopo due anni dall’iscrizione, gli altri bambini andavano avanti. Owen no, il suo linguaggio era limitato e anche le sue attitudini sociali. “Ci dissero siete fuori” – afferma il padre durante il documentario. Owen diventerà introverso più di prima, ma viene poi iscritto in un’altra scuola. “I ragazzi bulli gli andavano contro, lo minacciavano, gli dicevano che avrebbero bruciato la sua casa e ucciso i suoi genitori”, afferma la madre.
Il ragazzo disegnava spesso dopo la scuola, riempiva centinaia di pagine con disegni. Ogni personaggio che rappresentava era un aiutante, non c’erano eroi. Owen in una di queste pagine scrive “Io sono il protettore degli aiutanti”. Riesce persino ad inventare una storia intitolata “La terra degli aiutanti perduti” usando la narrazione della sua vita e tante piccole autobiografie.
Owen poi cresce, si innamora di Emily e i due si fidanzano.
Il tempo passa, arrivano i compleanni ed Owen ha sempre più paura di vedere i suoi genitori invecchiare ed ammalarsi. Allo stesso tempo, Owen, ormai adulto e diplomato, ha bisogno di condurre una vita normale, di sentirsi autonomo, di avere una casa tutta sua, la fidanzata, una famiglia. Sente forte il bisogno di crescere, va così a vivere da solo ed intraprende questo nuovo cammino, fisicamente distante dai genitori.
Si sbarba la mattina, fa colazione, prepara i biscotti con la fidanzata, guardano un film animato insieme e seduti sul divano, mano nella mano.
Come racconterà al fratello, questo contatto lo renderà “nervoso ed eccitato” al tempo stesso: non sapeva come le relazioni esattamente funzionavano, conosceva solo i baci “Disney”. Ma la relazione d’amore a breve finirà, Owen sente le “ingiustizie della vita”, ma con l’aiuto della mamma riesce ad alleviare questa sofferenza.
Durante una conferenza in Francia, Owen spiegherà al pubblico: “Non volevo crescere, guardavo il mondo dal mio campanile. Oggi quando mi guardo allo specchio vedo un uomo autistico pronto a guardare il futuro, pieno di meraviglia”. Owen troverà presto lavoro in un cinema, cercherà di condurre una vita quanto più “normale” possibile, anche se con la paura di dover abbandonare i suoi amati film.
Incredibile come Owen si è approcciato alla vita. La “Disney” è stata la sua cura, i cartoni animati lo hanno aiutato a comprendere la vita, a comunicare, a distaccarsi dalla sua realtà per immergersi nel mondo, a crescere, a diventare uomo. Forte il legame con la sua famiglia, amorevoli i genitori, sempre premurosi e al suo fianco. Anche con il fratello Owen ha un ottimo rapporto, spesso si confida con lui, gli fa leggere i messaggi scambiati con Emily e parlano di amore. Paura ricorrente per Owen il tempo, lo scorrere dei compleanni, di crescere e di vedere i genitori invecchiare. Ma il giovane sente anche il bisogno di sentirsi “normale”, autonomo, di avere una sua casa, una propria famiglia ed un lavoro, di fare la sua strada. Il documentario rimane “aperto”, forse per lasciar riflettere ancora di più lo spettatore, per spingerlo all’immaginazione, per incrementare in lui la voglia di conoscere queste, pur dure, realtà.
Graziella De Maria