È uno degli argomenti più dibattuti e sul quale non mancano le divergenze e, grazie alla buona volontà di alcuni, anche le convergenze. Il dialogo tra cristiani, in particolar modo i cattolici, e musulmani è ancora agli albori (e questo è merito anche di Papa Francesco). Il punto cruciale è questo: come dialogare? Quali sono i presupposti per una buona integrazione? Una parte dell’Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii) sostiene che quest’ultima si raggiunge insegnando il Corano nelle scuole. Questa è la pista dell’indottrinazione, che è ben diversa da quella che invece andrebbe seguita perché l’incontro si fonda su una prospettiva di pace e di conoscenza reciproca. A parlare i di questa pista e dei presupposti sui quali partire è don Valentino Salvoldi, prete missionario incaricato dal Santo Padre per la formazione del giovane clero per i Paesi emarginati, di periferia come direbbe Papa Bergoglio. Don Valentino Salvoldi è stato espulso ben sette volte e l’anno scorso ha pure rischiato la lapidazione in Bangladesh. Ha messo anima e corpo per 43 anni in Africa visitando in tutto 36 nazioni (e una dozzina anche in Asia).
Il primo presupposto fondamentale è essere uomo di preghiera. “Se non si è uomini di preghiera meglio non iniziare un dialogo con altri fratelli perché il dialogo si fa in ginocchio” esordisce don Valentino Salvoldi parlando ai componenti dell’Ufficio diocesano per il dialogo interreligioso e l’ecumenismo diretto da don Santo Leonardi. Non occorre soltanto ascoltarla parola di Dio ma anche “ruminarla e conservarla nel cuore”. Infatti, “si è uomini che dialogano nella misura in cui si è forti nella Bibbia”. E si è forti, spiega il prete missionario, lasciandosi arricchire nel “deserto spirituale” e dal suo silenzio. La coerenza tra la Parola ascoltata e la vita è alla base dell’essere testimone, il secondo dei presupposti. Per essere testimoni, rivela don Valentino Salvoldi, “ci vuole armonia tra testa, cuore e mani”. “Significativa è l’immagine dell’incontro tra il Cristo e il giovane ricco del Vangelo di Marco: e fissatolo lo amò e gli disse va e fa’ qualcosa (ndr)”. Il giovane ricco si è “nutrito” di quello sguardo fisso del Signore su di lui. Così anche noi cristiani, specialmente se vogliamo contribuire al dialogo interreligioso, dobbiamo nutrire la nostra fede: guardando Cristo e con Cristo. Questo, in altre parole, il terzo presupposto: vivere la propria fede con armonia senza tentennamenti.
Va abbandonata l’idea di essere il monopolio della verità. Così don Valentino sul quarto dei presupposti: “Avere il monopolio della verità significa tenere in gabbia lo Spirito Santo”. Il cristiano “deve essere convinto di essere nella Verità”. “Non c’è religione più bella al mondo del cristianesimo” aggiunge. “Le altre mostrano che l’uomo cerca Dio, nel cristianesimo è Dio che cerca l’uomo. Ecco, questo è davvero bello”. Ultimo punto: verità nella carità. “Ho visto il mondo, ho sofferto tantissimo e non certo per divertimento. E questo mi ha aiutato a vedere da vicino l’Africa, l’Asia”. Poi un aneddoto che ci svela il “peso” di Dio nel cristiano: “Se venti centesimi possono bastare al giorno per sfamare una bimba in Costa d’avorio, un giovane giapponese spende al giorno quanto serve per sfamare quella bimba ogni anno”. I giapponesi sono ricchissimi, ammette don Valentino Salvoldi, “ma in virtù dello shintoismo non hanno Dio”. Infine, una panoramica sulla società italiana, e non solo, odierna e la proposta per essere tessitori di dialogo: “La presenza sempre più evidente dell’Islam nel nostro Paese e in Europa ci costringe a riscoprire la nostra identità. Noi non facciamo più figli e loro nel giro di cinquant’anni si prenderanno il Paese. Questa loro penetrazione silenziosa, da un lato, e la perdita dei valori e della nostra identità, dall’altro, sono le due facce della stessa medaglia. Convinciamoci, allora, che è opportuno riscoprire la nostra identità cristiana”.
Domenico Strano