Quando parliamo del mistero dell’incarnazione spesso dimentichiamo un dato fondamentale, il fatto che Dio si dona all’uomo nel provvisorio, nel contingente. Siamo abituati ad avere un’idea di Dio metafisicamente intesa, per la quale egli è la Verità che fuga ogni dubbio, la Ragione al di sopra di ogni cosa. Di fatto è così, ma bisogna pur ammettere che calcando troppo la mano su questi concetti, più che il Dio Cristiano ritroviamo quello hegeliano, capace di tutto e pressoché immanente. Ora, lo scoglio nel quale s’incaglia ogni tendenza immanentista è il problema del male. Se diciamo che Dio è buono e capace di tutto, se egli è la Verità che a priori folgora ogni menzogna, perché esiste la sofferenza degli innocenti? Un problema insolubile, questo, che allontana dalla fede molta gente.Quello che ci consegna la Scrittura, in realtà, è un Dio che sposta il problema metafisico a quello fisico, che abita il provvisorio non considerando un tesoro geloso la propria assolutezza (cfr. Fil 2, 6)
Un Dio illogico insomma. Pensandoci bene, se Dio fosse logico, manipolabile dai nostri processi mentali, rimarrebbe tale o sarebbe il frutto di una nostra proiezione? Un Dio che si dona nel provvisorio si lascia incontrare dalle nostre possibilità di conoscenza (intese in senso largo), anch’esse contingenti. Se è vero che ogni affermazione o pensiero umano hanno la pretesa di essere assoluti, lo è ancor di più il fatto che essi sono fortemente relativi ai diversi contesti nei quali vengono concepiti. Bisogna solo avere l’umiltà e il coraggio di ammetterlo. Il Signore dunque non dà delle risposte preconfezionate, ma si dona nella debolezza di un bambino, non risolve automaticamente il problema del male, ma lo abita fino a condividerne l’esperienza della morte, non si manifesta grandiosamente forte, ma si fa riconoscere nei limiti di persone deputate ad annunciarlo, e così via. Solo a partire da tale prospettiva è possibile un discorso su Dio che tenga conto, da un lato, della totale alterità di Dio rispetto al mondo provvisorio, dall’altro, della costitutiva apertura dell’uomo a Dio. La grande sfida della Teologia odierna è proprio quella di indicare la dinamicità dell’incarnazione all’uomo contemporaneo, tanto auspicata dal Vaticano II.
Francesco Pio Leonardi