Incontriamo il cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo Metropolita di Genova e presidente del Consiglio delle Conferenze dei Vescovi d’Europa, a margine di un intenso pomeriggio di incontri con tutti gli operatori della pastorale della Parrocchia San Filippo d’Agira in Aci San Filippo, presso la quale si trova in visita, in occasione del bicentenario della festa del Patrocinio di San Filippo d’Agira. Cogliamo l’occasione per porgergli alcune domande sul rapporto tra cattolici e politica, nell’imminenza dell’appuntamento elettorale di domenica 4 marzo.
Eminenza, nella sua prima prolusione da presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti ha illustrato “alcuni ambiti su cui la Chiesa italiana è chiamata a fare un serio discernimento:il lavoro; i giovani; la famiglia; le migrazioni”. A pochi giorni dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento, come valuta il piano dell’offerta politica rispetto a questi quattro “ambiti” che la Chiesa Italiana indica come “priorità irrinunciabili per il Paese” ?
Certamente sono gli obiettivi fondamentali: il Cardinale Presidente ha centrato molto bene, a nome di tutti noi Vescovi, quelle che sono le urgenze maggiori che noi vediamo nelle nostre Diocesi. Per quanto riguarda il campo della Politica, tutti ne parlano: vediamo cosa succederà”.
Nel concludere la sua prolusione il cardinale Bassetti, citando Papa Francesco, ne riporta l’auspicio ad una necessaria presenza dei cattolici in politica: quella stessa politica che Paolo VI definiva una delle più alte forme di carità, “non una cosa brutta” ma una missione, “un impegno di umanità e santità”, come diceva Giorgio La Pira. Ma non indica una via, non risponde alla domanda: “Come, in che modo?” Sente di poter approfondire le considerazioni del suo successore alla presidenza della Cei?
“Bisogna fare dei tentativi, ma qua e là ci sono, nelle Diocesi. Ad esempio, a Genova, da tre anni, va avanti la Scuola di Dottrina sociale: sono iscritte 150 persone sotto i quarant’anni – come stabilito dal regolamento – molto fedeli. Tra questi, nelle ultime elezioni amministrative, dodici sono stati eletti trasversalmente a tutti gli schieramenti e nelle diverse circoscrizioni della Città. Questo, per noi, mi pare essere una buona premessa da continuare. E tentare … tentare con fiducia, con fedeltà, senza scoraggiarsi; elevando assolutamente l’offerta: questo vuol dire non pronunciare delle pie esortazioni ma dare dei contenuti attingendo dalla Dottrina sociale delle Chiesa”.
Eminenza, il 2 maggio 2017, sulle colonne de il Giornale.it, Renato Mannheimer, scrive che il voto cattolico è tramontato e non è più in grado di influenzare i flussi elettorali. Le riproponiamo, come domanda, lo stesso argomento che il noto sondaggista pone all’attenzione dei suoi lettori: “In che misura il fatto di essere cattolico incide sulla formazione della scelta di voto dell’elettore?”.
“Il Concilio Vaticano II parla molto chiaro: nella “Gaudium et Spes” enuncia i criteri attraverso i quali i cattolici sappiano stare nel mondo politico, nella società, nella storia, da cattolici. Ribadisco, indica dei criteri precisi. Il criterio preciso è questo: dagli stessi principi di fede che sono alla base della fede cristiana e cattolica possono discendere delle opzioni storiche e temporali anche diversificate; questo è un fatto legittimo. Naturalmente devono essere fermi i principi fondamentali ed essi non devono essere contraddetti dalle scelte storiche, perché, a quel punto, la diversità legittima delle opzioni storiche e temporali diventa incoerente con i principi ispiratori. Questa posizione mi sembra un criterio estremamente chiaro e, anche, concreto. Non so quanto questo criterio sia applicato”.
Il 14 febbraio 2018 il Cardinale Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, Robert Sarah, nel corso di un’intervista concessa al portale Cathobel e riportata da Il Timone – mensile di apologetica, intervenendo sulle sfide che attraversano la Chiesa in questo periodo di prova, dichiara: “La sfida è la fede. La fede è diminuita, non solo a livello del Popolo di Dio, ma anche tra i responsabili della Chiesa; a volte ci chiediamo se abbiamo davvero fede”. Se questo è vero, cosa rimane dell’obiettivo della Chiesa Italiana di concretizzare il “sogno missionario di arrivare a tutti?”.
Per quanto riguarda la fede: è vero! La fede è il problema centrale, la questione delle questioni: perché tutta l’operatività, tutto l’agire cristiano e cattolico delle comunità cristiane e dei singoli credenti, o deriva dalla fede – una fede maturata ed alimentata nella preghiera e nei Sacramenti, accresciuta attraverso l’approfondimento catechetico, biblico e della Dottrina Sociale – o, altrimenti, da dove nasce? Nasce da una sforzo di buona volontà che, però, non ha dei riferimenti, dei criteri ispiratori di azione sociale e politica. Quindi la fede è, veramente, la questione: perché è sotto attacco del secolarismo, che è vivere come se Dio non ci fosse. Questa è la vera sfida, oggi, in Occidente e, in modo particolare, in Europa. Nelle altre parti del mondo non è così: le altre parti del mondo, che in buona parte conosco, grazie a Dio, guardano allo sviluppo e alla situazione religiosa dell’Europa in modo preoccupato e con molta perplessità, perché ritengono, giustamente, che laddove non c’è un riferimento trascendente all’uomo, valido, duraturo e definitivo, non c’è la base per un ordine etico.”
Il quotidiano investimento di energie, da parte dei pastori della Chiesa, nell’affrontare il problema di come “portare in politica, in modo autentico, la cultura del bene comune”, può, in qualche modo, rappresentare un espediente per mettere in secondo piano la vera sfida della diminuzione della fede?
“Non credo che sia un espediente, assolutamente! È un obiettivo irrinunciabile, perché i cristiani, i cattolici, devono partecipare come buoni cittadini alla costruzione del bene comune. Ripeto, alla luce dei principi della Dottrina Sociale della Chiesa.
Eminenza, oggi Ella è chiamata a presiedere il Consiglio delle Conferenze dei Vescovi d’Europa. La valutazione dell’efficacia e dell’efficienza dell’apparato politico – burocratico e finanziario dell’Unione Europea giocherà un ruolo preponderante nelle valutazioni del corpo elettorale italiano. Quale è, in merito, la posizione della Chiesa d’Europa?
Gli Episcopati europei credono, sostanzialmente, nella unificazione dell’Europa e ritengono che il continente europeo deve trovare una via di unificazione per camminare insieme: in mezzo ai giganti del mondo, del pianeta, o l’Europa trova una via unitaria, o altrimenti … Però, questo cammino unitario deve essere fondato: le “famose” radici cristiane che non sono state inserite nella Costituzione europea sono, appunto, le radici fondamentali, il fondamento che i veri Padri dell’Unione Europea, Schuman, De Gasperi ed Adenauer, hanno dichiarato, ripetutamente, di volere. L’Unione Europea attuale è partita su fondamenti di tipo economico; non è partita su fondamenti di ordine spirituale, culturale e morale: questa è stata una partenza sbagliata. Noi confidiamo e cerchiamo di collaborare affinché questa assenza e grave mancanza venga recuperata.”
Quale messaggio possiamo rivolgere all’elettore cattolico italiano?
“Agli elettori cattolici italiani … quindi, a tutti noi: essere liberi da condizionamenti di tipo ideologico, economico e finanziario. Essere liberi da ogni forma di condizionamento e subalternità.
Ezio Tosto