Società / Flussi misti, ingressi irregolari. Per parlare correttamente di migranti in Italia bisogna partire dai numeri

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I dibattiti sui flussi migratori e in particolare sugli sbarchi dei migranti popolano le discussioni pubbliche, ne abbiamo avuto esperienza durante l’ultima campagna elettorale.
È facile incontrare slogan rigetto o di accoglienza per attrarre le simpatie di alcuni o di altri. È molto più difficile assistere ad analisi che aiutino a comprendere come si potrebbe agire per governare un processo intenso che non è più tragico come altri periodi, ma rimane continuo.

Una prima importante indicazione è comprendere quali sono le persone che approdano sulle coste italiane. Alcuni dati di Frontex (l’agenzia europea che gestisce le frontiere esterne dei paesi membri) sottolineano che nel 2017 hanno raggiunto l’Italia dal mare circa 85 mila migranti.

Un numero esiguo rispetto agli oltre 181mila dell’anno prima o degli oltre 153mila del 2015. Una volta raggiunta l’Europa la strada più semplice per rimanere è la richiesta di protezione: accade così che ci sia stato un forte incremento delle domande di asilo per richiedenti asilo. In Italia però il 38% circa di quelli che arrivano non presentano nessuna domanda, perché spesso cercano di raggiungere altri Paesi.

Purtroppo questi finiscono per rimanere impigliati in non luoghi, in spazi sospesi al confine tra due Stati, in zone dove non possono né andare avanti né tornare indietro.
Inoltre secondo l’Eurostat rispetto agli altri Paesi europei le caratteristiche dei richiedenti asilo in Italia sono un po’ differenti: ci sono molte meno donne (il 13% contro il 35% di Francia, Germania o Svezia), pochissimi minori (l’8% contro il 30% degli altri principali paesi di destinazione), sono per oltre l’80% del totale i giovani tra i 18 e i 34 anni (negli altri paesi le percentuali sono tra il 40 e il 50%).

Inoltre considerate le nazionalità dei migranti il numero di richieste di asilo soddisfatte è intorno al 46% tra questi al 7,6% è riconosciuto lo status di rifugiato, mentre oltre il 22% ottiene una protezione umanitaria per obblighi di solidarietà umana. Questa condizione è di breve termine rispetto alle altre. Questo significa che nel tempo ci saranno persone che una volta concluso il periodo diventeranno irregolari. Il fenomeno accade perché sono chiusi i canali di ingresso ordinari nel nostro paese. Così molti cercano un ingresso dalla porta sbagliata e si apre un’altra trappola per i migranti: non poter cambiare il loro status.

Sarebbe ora di contemplare nuove modalità di ingresso in quanto i flussi sono misti non si possono dividere nettamente in richiedenti asilo e migranti economici, come evidenzia l’agenda sulle migrazioni che hanno avanzato numerose realtà dell’associazionismo cattolico: dall’Associazione scalabriniana, all’Azione Cattolica, dal Centro Astalli alle Acli, dal Centro Missionario Francescano ai Comboniani e così via.

Andrea Casavecchia