Reality show, se i guardoni perdono colpi

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Ha dovuto chiudere i battenti con un mesetto d’anticipo – causa bassi ascolti – l’edizione di quest’anno del “Grande Fratello” (Canale 5) e anche “L’isola dei famosi” (Rai 2) è finita facendo registrare un successo di pubblico ben inferiore a quello ottenuto in edizioni passate. Eppure l’uno e l’altro format sono stati fra i programmi di punta con cui Rai e di Mediaset hanno tentato di risollevare le sorti di un palinsesto televisivo che sulle emittenti generaliste risulta sempre meno accattivante agli occhi degli spettatori. Il reality show in onda su Canale 5 ha pagato la mancanza di nuove idee e l’impressione di essere una proposta ormai trita e ritrita. In dodici anni di messa in onda sugli schermi italiani, la genuinità dei primi concorrenti è lontanissima dall’immagine “da copertina” che ha caratterizzato molti fra gli ultimi protagonisti. Le scelte sempre più pilotate in fase di casting hanno trasformato la “casa” da luogo di convivenza forzata tra perfetti sconosciuti in vero e proprio set in cui farsi notare in qualunque modo pur di ottenere una visibilità successivamente spendibile nel mondo dello spettacolo. Nonostante tutte le varianti possibili e immaginabili pensate dagli autori, la formula ha mostrato definitivamente la corda, tanto da indurre Paolo Bassetti, presidente di Endemol Italia che detiene i diritti di trasmissione, ad annunciare “almeno un anno di stop” per un programma “tutto da ripensare”. Incerto è anche il futuro del più diretto concorrente in casa Rai: “L’isola dei famosi” è andata in onda senza particolari impatti sul pubblico. Autori e concorrenti hanno provato modi ad aggiungere un po’ di pepe, dapprima attraverso la doppia location dei “naufraghi” e dei “vip” e poi con una serie di continui battibecchi, dispetti e polemiche, che in studio il buon Nicola Savino fingeva di voler sopire mentre in realtà continuava ad alimentare dando parola agli opinionisti. Fra le novità che avrebbero dovuto incuriosire maggiormente il pubblico, l’improbabile presenza di Vladimir Luxuria (al secolo Vladimiro Guadagno) nelle vesti di inviato. Ma anche in questo caso abbiamo assistito a una trasmissione che ha ottenuto un seguito scarsamente paragonabile a quello delle prime edizioni. Le ragioni di questa crisi sono molteplici. Innanzitutto, ciò che inizialmente era una novità non lo è più da molto tempo e gli spettatori si sono ormai assuefatti a queste trasmissioni. Che, peraltro, negli ultimi anni si sono ripetute con diverse varianti ma mantenendo inalterati i presupposti tipici del genere “reality”, finendo per somigliarsi e confondersi sempre di più. Se poi si considera che molti concorrenti sono transitati dall’una all’altra, ben si comprende come la sensazione del “già visto” si sia diffusa a macchia d’olio tra gli spettatori. Nel frattempo, l’avvento del digitale terrestre ha moltiplicato la scelta dei canali a disposizione del pubblico e gli appassionati del genere hanno trovato intere emittenti dedicate alla “real tv”, capaci di fare molto più che una concorrenza diretta alle tv generaliste su questo terreno. Anche il rapporto fra telespettatori e televisione è cambiato, nella direzione di una crescente possibilità di protagonismo per tutti, che ha reso meno irraggiungibili le platee televisive. A meno che ci sia in palio un premio o la possibilità di intraprendere una nuova carriera nel mondo dello spettacolo, in virtù di un talento inespresso e tutto da scoprire. È il caso dei talent show, nuova frontiera del macrogenere “reality”, in cui per vincere bisogna almeno essere capaci di fare qualcosa…

Homo videns (SIR)

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