A conclusione del Campo Estivo Nazionale AIFO 2018 di Latina, organizzato con grande entusiasmo, competenza dell’Agro Pontino, solidarietà con la rete di associazioni del territorio, il Presidente AIFO di Latina, Libero Ponticelli, dà testimonianza di fede agli ideali di Raoul Follereau. Tutti uniti assistiamo alla celebrazione della Santa Messa prefestiva, nella chiesa parrocchiale di San Francesco. Successivamente partecipiamo con vivo interesse, nell’adiacente teatro parrocchiale, alla rappresentazione della famosa opera di Luigi Pirandello, “La giara”, egregiamente portata sulla scena da una giovane compagnia di artisti locali, con la regia di Alfonso Borzacchiello. Infine, Libero Ponticelli ringrazia con sagacia tutti i numerosi partecipanti al Campo AIFO e la compagnia teatrale, con acclusa, significativa premiazione.
“La giara”, tratta da “Novelle per un anno”, viene pubblicata sul “Corriere della sera” il 20 ottobre 1909. In seguito, nel 1917, Pirandello trasforma tale novella in commedia, atto unico, inserendola successivamente in “Maschere nude”, edizione Mondadori, Milano. L’Autore siciliano collabora con il “Corriere della sera” dal 1919 all’8 dicembre 1936, antivigilia della sua morte. La prima trama di “La giara”, nel 1924, offre ad Alfredo Casella l’occasione per l’omonimo balletto musicale. Luigi Pirandello, Premio Nobel 1934, molto originale, concepisce l’umorismo come “il sentimento del contrario”, categoria estetica: interpreta il mondo con invenzione personale, attingendo anche a determinate figure greche.
Protagonista di “La giara”, uno dei testi d’argomento siciliano, è Don Carmelo Zirafa, ovvero don Lolò, proprietario di un oliveto a Primosole, così carico di olive in quell’annata, che non gli sarebbero bastate le sue cinque giare per contenere il relativo olio. Ordina una sesta giara nel migliore centro specializzato della Sicilia, Santo Stefano di Camastra: che sia ben più capace delle altre, “la badessa”.
Don Lolò, tipo molto preciso e litigioso, riceve in regalo dal suo consulente legale, oppresso dalle sue innumerevoli questioni, un libricino per l’autonoma ricerca dei fondamenti giuridici delle liti: “consultate il calepino”, insinuano le persone. La nuova giara viene depositata sul palmento della cantina. Don Lolò è indaffaratissimo con gli operai della raccolta, minacciandoli che li avrebbe fulminati, se fosse mancata una sola oliva. Al terzo giorno, infausta sorpresa dei contadini: la giara nuova, spaccata in due. Si discute animatamente, poi viene chiamato don Lolò, che sta badando agli scaricatori del concime dalle mule per la stagione successiva. La furia del proprietario è incontrollabile: chi e quando l’ha rotta? Alla consegna, la giara suonava come una campana. Dopo la sfuriata, i contadini gli segnalano un bravo conciabrocche, capace di restaurarla: Zì Dima Licasi, con il suo mastice prodigioso. Don Lolò, poco fiducioso nel solo mastice, pretende che fossero fatti anche punti con fil di ferro. Zì Dima, verde per la bile, si mette al lavoro dentro la giara, per applicare, furente, con fil di ferro e mastice il lembo davanti, staccato dalla giara, contemporaneamente aiutato fuori da un contadino. Lavoro perfetto. Dopo di che, nel tentativo di uscire dalla giara, entrambi s’accorgono che il collo stretto della giara ne impedisce l’operazione. Alle grida dei due, viene don Lolò, che insulta Zì Dima, gli butta dentro cinque lire, quale paga della giornata, dicendo che non può aiutarlo ad uscire. Zì Dima si sente come una bestia in trappola, mentre don Lolò decide di volare dall’avvocato. Questi si mette a ridere: è un sequestro di persona, reato, ma don Lolò obietta che Zì Dima s’è sequestrato da solo. L’avvocato sentenzia che Zì Dima per la sua storditaggine dovrà pagare la giara come rotta, non come nuova, e bisogna fargliela stimare a lui stesso. Don Lolò, al ritorno, trova i contadini attorno alla giara, in festa, su proposta di Zì Dima, che dà loro le sue cinque lire, per comprare l’occorrente. Esilarante, la discussione per la stima della giara tra l’infuriato don Lolò e il ridente Zì Dima. Il padrone, innervosito, lascia tutti in asso, per andare a dormire, ma è impossibile per il gran chiasso: affacciatosi al balcone, scorge i contadini come diavoli danzanti attorno alla giara, mentre Zì Dima lì dentro canta a squarciagola. Don Lolò, su tutte le furie, interviene: fa rotolare con uno spintone la giara, che si schianta su un olivo, procurando la libera uscita di Zì Dima.
Conclusione molto umoristica, con applausi scroscianti degli spettatori. Ecco i nomi di personaggi e interpreti di “La giara”. Esperto regista, Alfonso Borzacchiello. Don Carmelo Zirafa, Franco Perna; Cecio, garzone, Cesario Borzacchiello; Bastiano Licasi, conciabrocche, Giuseppe Della Ratta; Rosalia, Concetta, Ninuzza, tre contadine, raccoglitrici di olive: rispettivamente Giovanna Torosani; Nunzia Vell&ca, sostituita da Gianna Di Pietro; Beatrice Stipo. Il mulattiere, Emanuele Limardi; Turidda, contadina, Chiara Paolucci; l’avvocato Scimè, Daniele Tremante.
Congratulazioni e auguri al regista e all’impegnata compagnia per un radioso futuro artistico.
Anna Bella