Il progetto “Voices of 9/11” (“Le voci dell’11 settembre”) ha raccolto migliaia di testimonianze in un archivio digitale online dove accanto alle storie dei 2.977 caduti sotto le Torri, si raccontano le vite dei sopravvissuti e dei soccorritori. “Voices of 9/11” non è solo un luogo di memoria, anche se raccoglie 85mila fotografie delle vittime, ma è anche una Ong che da ben 17 anni si occupa di guarire le ferite provocate sia dagli attacchi terroristici alle Torri Gemelle, sia dagli eccidi più vari che feriscono le comunità.
(da New York) Sveglia alle 5, notizie, colazione e corsa in bus fino a Manhattan, destinazione Torre 1 al World Trade Center. Quell’11 settembre non differiva dagli altri giorni in cui Eddy e Grace Rivera insieme si recavano al lavoro. Quella mattina Eddy aveva rinunciato al caffè prima del lavoro e Grace aveva deciso di rimandare a dopo le compere. Scannerizzazione dei documenti e avvio all’ascensore, quando improvvisamente l’edificio ha cominciato a tremare. Poi il fischio degli ascensori. Eddy non fa in tempo a spingere Grace verso l’uscita che le porte dell’ascensore si aprono portando con sé polvere e un vento fortissimo.
L’esplosione, il volo di oltre 20 piedi e le schegge di vetro vaganti che si conficcano nei corpi di Eddy e Grace. Infine l’esplosione e una palla di fuoco che li investe ustionandoli totalmente. L’uomo alza gli occhi e vede la torre in fiamme e corpi precipitare nel vuoto. Poi la corsa in ospedale e i dolori atroci, placati solo dalla morfina: il 36 per cento dei corpi aveva ustioni di secondo e terzo grado. Dopo un mese di terapia intensiva e un primo intervento chirurgico si è cominciato il trapianto della pelle. “Per due anni abbiamo dovuto indossare un indumento a pressione per 23 ore al giorno – spiega Eddy -. Questi indumenti prevengono e controllano la formazione di cicatrici ipertrofiche”. Poi altri sei anni di interventi per rimuovere le cicatrici e lo sviluppo di un’asma cronica per aver respirato i fumi dell’esplosione. Anche Grace soffre per gli incubi, i flashback di quel giorno e gli attacchi d’ansia. Eddy, adesso, si dedica alla pittura ad olio. “Mi aiuta a liberare la mente da quei ricordi orribili e mi fa concentrare sulle cose belle”.
“Mi riprenderò” continua a ripetere Michelle, ripensando a quel giorno. Come tutte le mattine aveva premuto, senza pensare, il pulsante 95 della Torre 2. Da due anni lavorava per la Fiduciary Trust e alle 8.43 era al telefono con un amico discutendo del progetto su cui aveva lavorato fino a tarda sera. Poi il rombo di un aereo e l’esplosione come di una bomba, mentre una collega grida che la Torre 1 è stata colpita. Michelle afferra la borsa e si precipita agli ascensori, ma non tutti i colleghi la seguono. “Perché sono rimasti”, è la domanda che la perseguita. Nella discesa gli ascensori si stipano e quando arriva alla hall vede fogli di carta e detriti volati dalla Torre vicina ricoprire l’ingresso e la strada. La donna esce nonostante un altoparlante suggerisca di tornare al lavoro poiché la Torre 2 è al sicuro e in quel momento, le 9.03, un altro aereo si abbatte sul grattacielo che troneggia sulla sua testa. Michelle è travolta dalla calca e un collega la solleva a forza spingendola a correre, ma lei non riesce a staccare lo sguardo dalle finestre da cui la gente si lancia nel vuoto verso la morte. Sono le 3.10 quando arriva nel suo quartiere dopo ore di cammino a piedi e senza un cellulare per avvertire i suoi. Lei è viva e prima o poi guarirà da questa immane tragedia.
La storia di Eddy e Grace, assieme a quella di Michelle, sono solo due delle migliaia di testimonianze che il progetto Voices of 9/11 (Le voci dell’11 settembre) ha raccolto in un archivio digitale online dove accanto alle storie dei 2.977 caduti sotto le Torri, si raccontano le vite dei sopravvissuti e dei soccorritori. “Voices of 9/11” non è solo un luogo di memoria, anche se raccoglie 85mila fotografie delle vittime, ma è anche una Ong che da ben 17 anni si occupa di guarire le ferite provocate sia dagli attacchi terroristici alle Torri Gemelle, sia dagli eccidi più vari che feriscono le comunità.
Il lavoro consiste nell’offrire programmi di consulenza, di assistenza psicologica, di accompagnamento e di prevenzione. All’indomani dell’11 settembre 2001 le famiglie cercavano le informazioni più disparate, dal rilascio di un certificato di morte, alla procedura di riconoscimento di un cadavere fino alle procedure su come ottenere assistenza da agenzie di servizi sociali, enti di beneficenza e da altre organizzazioni. Mary Fetchet e Beverly Eckert avviarono un’organizzazione di base per fornire un luogo unico di informazioni e supporto per tutti coloro che erano stati colpiti dalla tragedia: occorreva educare alla resilienza, cioè alla capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici.
Nel 2002 “Voices” apre il suo primo ufficio a New Canaan in Connecticut e assume assistenti sociali per fornire un supporto clinico ai sopravvissuti. Inizia sempre in quell’anno il pranzo commemorativo al termine delle celebrazioni con i familiari delle vittime e l’incontro annuale d’informazione. Ben presto, però, i due fondatori hanno compreso che oltre alla malattia fisica si facevano strada disturbi mentali che necessitavano cure e si manifestavano nel lungo periodo e, quindi, andava aperto un protocollo di assistenza personalizzato dove si includessero forum di informazione, incontri con oratori ed esperti internazionali, incontri in teleconferenza, eventi commemorativi, servizi interreligiosi, gruppi di supporto alla persona e a chi vive accanto a chi è stato ferito. Nel raduno annuale “Voices” ha coinvolto l’ex presidente Clinton, Tony Blair, segretari di Stato e membri del governo oltre che artisti e cantanti.
“La nostra missione oggi si è ampliata nell’aiutare le famiglie e le comunità colpite da altre tragedie per recuperarle alla vita – precisa lo staff del progetto -. Tutto il lavoro fatto e le lezioni imparate dall’11 settembre sono ora un kit chiamato ‘Prepararsi per il dopo’ con cui ci si prende cura della vita di chi sopravvive”. E infatti i membri di “Voices” hanno viaggiato in tutti gli Stati Uniti per accompagnare vittime di alluvioni o sparatorie di massa. “Sappiamo che affrontiamo un futuro carico di rischi economici, naturali e provocati dall’uomo, e la nostra capacità di riprenderci al meglio e di essere più forti nelle avversità dipende sempre dalla forza delle nostre comunità e della società civile”, ha dichiarato Stephen Flynn, fondatore del Centro di studi sulla resilienza della Northeastern University, partner di “Voices”. E proprio questo corpo sociale, compatto e ancora sofferente, anche quest’anno celebrerà le vittime dell’11 settembre al memoriale di New York con la lettura dei nomi da parte di parenti e amici e con i fasci di luce che partiranno dalla base delle Torri. Dopo 17 anni riapre la fermata della metro World Trade Center, completamente seppellita dal crollo. Le pareti sono adornate con un mosaico di marmo bianco, dove è scolpito il testo della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti e la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Il presidente Trump ha annunciato che prenderà parte al memoriale in Pennsylvania dove si schiantò l’aereo che doveva essere diretto sul Congresso di Washington.
Maddalena Maltese (da New York)