“Vogliamo un Paese che rispetti le donne tutte”. Un grande striscione rosa appeso alla terrazza del Pincio e una piazza del Popolo a Roma stracolma di donne di tutte le età, ma anche uomini e bambini, senza simboli di partito, senza distinzioni. Madri con figlie, donne con mariti o fidanzati, coppie con passeggini. Un milione di persone in 230 città italiane e 30 città straniere. Tanti gli interventi delle donne che si sono succeduti sul palco, tra gli applausi scroscianti della piazza. Ne riportiamo uno, tra i tanti: quello – applauditissimo – della missionaria della Consolata suor Eugenia Bonetti, responsabile dell’Ufficio “Tratta donne e minori” dell’Usmi (Unione superiore maggiori d’Italia). Suor Eugenia ha vissuto in Africa per 24 anni, ha lavorato in un centro Caritas di Torino con le donne vittime di tratta e ora coordina centinaia di religiose che operano sulle strade, nei centri ascolto, nei centri di detenzione ed espulsione e nelle case famiglia.
“Basta con questo indegno mercato”. “Sono qui per dare voce a chi non ha voce – così ha esordito la missionaria –, alle nuove schiave, vittime della tratta di esseri umani per sfruttamento lavorativo e sessuale, per lanciare un forte appello affinché sia riconosciuta la loro dignità e ripristinata la loro vera immagine di donne, artefici della propria vita e del proprio futuro. A nome loro e nostro diciamo basta a questo indegno e vergognoso mercato del mondo femminile”. Suor Eugenia ha fatto notare che “l’immagine che viene trasmessa in tanti modi e forme, dai media, dalla pubblicità e dagli stessi rapporti quotidiani tra uomo-donna è l’immagine del corpo della donna inteso solamente come oggetto o strumento di piacere, di consumo e di guadagno, misconoscendo invece l’essenziale che lo stesso corpo umano racchiude: una bellezza infinita e profonda da scoprire, rispettare, apprezzare e valorizzare”.
La donna non è una merce. “Le costanti notizie di cronaca che in queste ultime settimane si susseguono in modo spudorato sui nostri giornali e nelle trasmissioni televisive e radiofoniche – ha sottolineato la religiosa – ci sgomentano e ci portano a pensare che siamo ancora molto lontani dal considerare la donna per ciò che è veramente e non semplicemente un oggetto o una merce da usare. Quale immagine stiamo dando della donna e del suo ruolo nella società e nella famiglia?”. Suor Eugenia ha evidenziato soprattutto una grossa contraddizione: “In questi ultimi tempi si è cercato di eliminare la prostituzione di strada perché dava fastidio e disturbava i sedicenti benpensanti. Abbiamo voluto rinchiuderla in luoghi meno visibili, pensando di aver risolto il problema, ma non ci rendiamo conto che una prostituzione del corpo e dell’immagine della donna è diventata ormai parte integrante dei programmi e notizie televisive, della cultura del vivere quotidiano”. “Tutto questo – ha sottolineato – purtroppo educa allo sfruttamento, al sopruso, al piacere, al potere, senza alcuna preoccupazione delle dolorose conseguenze sui nostri giovani che vedono modelli da imitare e mete da raggiungere”.
Un appello contro l’indifferenza. “Troppo spesso – ha detto suor Eugenia – la donna è considerata solo per la bellezza e l’aspetto esterno del suo corpo e non invece per la ricchezza dei suoi valori veri di intelligenza e di bellezza interiore. Il suo vero successo e il suo avvenire non possono essere basati sul denaro, sulla carriera o sui privilegi dei potenti, ma deve essere fondato sulle sue capacità umane, sulla sua bellezza interiore e sul suo senso di responsabilità”. “Non possiamo più rimanere indifferenti di fronte a quanto oggi accade in Italia nei confronti del mondo femminile. Siamo tutti responsabili del disagio umano e sociale che lacera il Paese”. Da qui l’appello alle “autorità civili e religiose, al mondo maschile e maschilista che non si mette in discussione, alle agenzie d’informazione e formazione, alla scuola, alle parrocchie, ai gruppi giovanili, alle famiglie e in modo particolare alle donne”: riappropriarsi “di quei valori e significati sui quali si basa il bene comune per una convivenza degna di persone umane, per una società più giusta e più libera”.
a cura di Patrizia Caiffa