Il libro di don Roberto Strano dal titolo “E nasciu lu bambineddu” non poteva che essere presentato nella grotta che ospita il presepe settecentesco, vicino alla chiesa di Santa Maria della Neve, sulla strtada provinciale che porta alle frazioni marinare a nord di Acireale (Santa Maria la Scala, Santa Tecla, Scillichenti, Stazzo e Pozzillo).
Perché questo lavoro, dal titolo affettuoso che richiama la fede popolare, nasce proprio lì, nella Grotta (‘a Rutta in dialetto siciliano), osservando – come ha dichiarato l’autore – i personaggi, soprattutto nelle loro espressioni di devozione, ammirazione, meraviglia, adorazione.
E’ stata una serata intensa, presentata a moderata dal giornalista Mario Agostino, direttore dell’Ufficio diocesano per la Cultura, e introdotta da don Francesco Mazzoli, parroco di Santa Maria la Scala e Santa Maria della Neve.
Don Gaetano Pappalardo, relatore ufficiale, ha subito sottolineato il doppio servizio, di valorizzazione del sito e di riflessione, svolto il libro, che è preceduto da una “prefazione di pregio”, scritta da Sandro Barbagallo, che è curatore delle collezioni storiche dei Musei Vaticani e del Museo del Tesoro della Basilica Lateranense. E ha ricordato i numeri del lavoro di don Roberto, che tratta 10 personaggi, riporta 22 citazioni della Sacra Scrittura, 13 di autori vari. E poi rileva come, dal volumetto traspaia l’amore del suo autore per la propria mamma e per Acireale, come l’osservazione e la riflessione siano tappe della ricerca di Dio. Don Pappalardo ha sottolineato, ancora, che il presepe altro non è che la nostra storia e ha dato un assaggio della singolarità del libro parlando della figura del “maravigghiatu”, visto come il cristiano che vede Dio all’opera. Infine, ha definito le riflessioni di don Roberto come “prediche in atto”.
Il vescovo mons. Raspanti ha esordito riprendendo il discorso del relatore; e ha sottolineato come il lavoro di don Roberto Strano “in nuce” sia una “via praesepii”, certamente da sviluppare, “che esplicita quello che facciamo per Pasqua”, con la “via Crucis”, mentre “per Natale no”. Ha sottolineato come quelli dell’autore del libro siano ricordi di bambino e riflessioni da adulto; ha ricordato come dinanzi alla lezione di umiltà che esprime il presepe e a quella del Natale si possa riflettere positivamente circa “l’indifferentismo attuale” nei riguardi della fede e del cattolicesimo in generale. Contro il quale si può ricordare quel Gesù che, rifiutato dalla nascita alla morte, desta la meraviglia già richiamata, “sentimento semplice, piccolo, forte” che muove il pastore dinanzi alla scena del presepe con un messaggio sconvolgente.
Ha chiuso la serata, allietata dagli intermezzi musicali del suo Martina Scuto, soprano, ed Enrico Giuseppe Restuccia al piano, l’autore; il quale ha ricordato, tra l’altro, che il suo libro nasce come mistagogia, segna l’andare verso Cristo e si parte dal grande discorso cristologico di Paolo VI a Manila. Infine, ha ricordato che il suo è anche un contributo per aiutare l’associazione “Presepe settecentesco”, il cui progetto di restauro in corsa per i finanziamenti del Fai (Fondo Ambiente Italiano) ha ottenuto pochissimi voti, tanti che depongono per un netto disinteresse degli acesi.
In tutti gli interventi sono stati espressi apprezzamenti per l’opera appassionata, competente e fattiva svolta dall’associazione “Presepe settecentesco” che, guidata da Paola Riccioli e Giuliana Pistarà, presidente e vice, si pone l’obiettivo di restaurare tutte le figure e di rilanciare il sito, come luogo di cultura e di interesse turistico.
La Voce