Cerco pensieri e parole per offrire ai parrocchiani uno spunto d’omelia in questa terza domenica del cammino d’Avvento. L’invito alla gioia che ne attraversa le letture si sovrappone con il viso sorridente e luminoso di Antonio Megalizzi, il giovane giornalista trentino rimasto vittima dell’attentato terrorista di martedì 11 dicembre ai mercatini di Natale di Strasburgo.
Davanti a volti come il suo diventa subito chiaro l’appello che Papa Francesco ha più volte ripetuto, scontentando chi presume di possedere verità: “Abbiamo bisogno di ascoltare i giovani, senza esclusioni. Ognuno di loro ha qualcosa da dire agli altri, ha qualcosa da dire agli adulti, ha qualcosa da dire ai preti, alle suore, ai vescovi e al Papa!”.
Quante cose ci affida Antonio; quante cose rimbalzano con intensità nei brevi anni della sua vita: la famiglia, lo studio, gli affetti; la volontà di andare oltre per conoscere, capire e incontrare; la passione per la radio, la politica, il giornalismo.
Quanti luoghi comuni contribuisce a spazzar via, quante analisi affonda, quasi le nuove generazioni fossero semplicemente sedute, ripiegate e spente.
Chi con violenza assurda e omicida ha voluto spezzare l’esistenza di Antonio ha ottenuto l’effetto contrario: la morte di questo giovane ha dato risonanza planetaria a un patrimonio di valori e progetti, di cultura locale e universale, di impegno civile aperto e propositivo. Mentre il mondo adulto trova nella crisi finanziaria, economica, sociale e politica dell’Europa un motivo per prenderne le distanze, Megalizzi ci testimonia che un’altra Unione è possibile, se non ci si limita a intervenire sugli effetti e non sulle cause.
Un’Unione non sopra gli Stati, né a prescindere dagli Stati, ma Casa comune proprio grazie alla capacità di valorizzare l’identità storica, culturale e morale dei popoli del Vecchio Continente e di costruirsi sul rispetto della dignità di ogni essere umano.
“Il tuo sorriso, Antonio, ha saputo toccare tanti cuori e varcare confini impensati – ha detto il vescovo di Trento, Lauro Tisi – è stato motore di relazioni e testimonianza della bellezza della vita, anche in queste drammatiche ore in cui ti abbiamo conosciuto più da vicino. Per questo ti diciamo un profondo grazie”.
Don Ivan Maffeis