Fra cammelli, Magi in processione, partenze dall’Oriente, arrivi e scampati pericoli, il folklore della festa è sbrigliato e coloratissimo.
Niente di male, anche questi aspetti conducono, veicolano. Dove però?
Gli antichi personaggi si sono lasciati guidare da una stella, noi, molto più prosaicamente (e tecnologicamente) ci affidiamo al navigatore che ci porta a destinazione con certezza, magari con qualche… giravolta e qualche percorso accidentato… ma si arriva al traguardo.
Traguardo però autoreferenziale. Il navigatore lo ha programmato chi ha deciso dove vuole arrivare.
I Magi, con il loro navigatore stellare, non sapevano dove sarebbero andati, quando sarebbero arrivati, che cosa o chi avrebbero trovato.
Non erano sprovveduti, perdigiorno o alla ricerca di qualche primato per entrare nei Guiness per qualche balorda trovata.
I Magi sapevano guardare, osservare e decidere con sapienza.
Quante volte avranno osservato il cielo e la fantasmagoria delle stelle? Perché seguirne proprio una? Perché rischiare un viaggio, non con un comodo volo ma a dorso di un cammello caracollante con tutti i disagi possibili e le difficoltà dei percorsi?
Affermano “Abbiamo visto spuntare la sua stella”. Di stelle se ne vedono spuntare… ma perché proprio la “sua”? Sua di chi? Certezza interiore, sicurezza spronante: li abitava.
Non è forse la luce dello Spirito Santo sempre all’opera nella creazione?
Colui che “c’è e sta operando. Arriva prima di noi, lavora più di noi e meglio di noi; a noi non tocca né seminarlo, né svegliarlo, ma anzitutto riconoscerlo, accoglierlo, assecondarlo, fargli strada, andargli dietro”, come affermava Carlo Maria Martini.
Si impone allora un collirio particolare che sappia pulire e rendere trasparente la vista al mistero che ci circonda e ci induca a fargli posto nell’esistenza.
I Magi non hanno solo riconosciuto un fenomeno celeste e ne sono rimasti abbagliati, hanno individuato il Re dei giudei, Colui che è nato, è entrato nella storia.
Non in una grande capitale, in un vasto e redditizio centro commerciale, neppure in un’amena località turistica ma in un luogo che i Magi non conoscevano e non erano in grado di individuare.
Non solo Erode, che teme di essere scalzato da un altro re, ma tutta Gerusalemme è turbata alla loro richiesta.
Né il re né la città volgono gli occhi al cielo, non cercano la stella e la sua luce, interrogano invece Colui che si è rivelato a Israele e lo guida nella storia fino a farla diventare storia di salvezza.
È proprio la sapienza d’Israele che sa individuare il luogo, è proprio Erode il re che indica ai Magi dove dirigersi: Betlemme.
I Magi, questa volta mossi da indicazione umana, da riflessione chinata sulla Torah, accettano il suggerimento e partono.
Solo dopo la loro decisione di affrontare nuovamente l’avventura, la stella riprende a risplendere e a guidarli. Esplode allora la loro gioia.
Con il nostro navigatore non avremmo incrociato né la sapienza umana né quella rivelata e neppure avremmo visto la stella.
Ipotizziamo che degli stranieri o degli immigrati oggi ci chiedano dove sta il re, che cosa risponderemmo?
Queste figure orientali non sono mitiche o favolistiche, vogliono indicarci una realtà che si apre al mondo intero e l’accoglie perché la salvezza, anche nel suo primo comparire in un piccolo bambino, è pur sempre salvezza non solo totale e radicale ma salvezza universale.
Solo tre aprono la via a tutti ed allora può avvenire il miracolo dell’attrazione delle genti, il richiamo.
Un grande monito per noi, oggi nel nostro contesto occidentale, ad un’apertura che sia accoglienza, che si sappia salvata e che voglia donare e compartecipare la salvezza a tutti.
Un riconoscimento tanto più valido quanto più spoglio di apparenze e di apparati sofisticati, un riconoscimento che sconcerta e costringe a interrogarsi: coprire di doni regali e profetici un bimbetto?
Il navigatore avrebbe segnalato: fine del percorso.
I Magi ci dicono: inizio del percorso della nostra salvezza, nostra di tutti. Nessuno escluso.
Cristina Dobner