Economia / Nazionalizzare ora e privatizzare poi, il cambio di direzione dopo le elezioni europee

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Quando un risparmiatore entra in un ufficio postale confida in un rapporto di fiducia consolidato da oltre 150 anni. Quando sottoscrive un prodotto di risparmio postale in molti casi, anche se non se ne accorge, presta denaro alla Cassa Depositi e Prestiti (Cdp). È un’entità pubblica con quasi 170 anni di storia che utilizza il denaro di circa 26 milioni di italiani. Volendo schematizzare, la raccolta di denaro avviene tramite il circuito degli uffici (ma anche online) con la nota insegna gialla; mentre i prestiti ai soggetti medio-grandi vengono selezionati dalla meno diffusa Cdp. Dare denaro è più difficile che raccoglierlo e lo sanno bene le banche tradizionali alle prese con i loro cattivi prestiti che non tornano più a casa. La Cassa ha compiti di stimolo pubblico all’economia e per questo ha beneficiato di condizioni operative favorevoli. Poste e Cdp (azionista della quotata Poste Italiane con il 35%) hanno legami storici e contratti solidissimi, entrambe hanno lo Stato come maggiore azionista e garante, eppure non sono la stessa cosa. Cogliere le peculiarità di Cdp – anche se non è facile – può essere utile per capire quanto sta avvenendo in un momento delicato per le economie, quel rallentamento generale che in Italia ha preso già la forma della recessione tecnica (due trimestri consecutivi di Pil – Prodotto interno lordo – in riduzione).

Il nuovo Governo preme perché Cassa Depositi e Prestiti (controllata all’82,7% dal Mef -Ministero dell’economia e Finanza) assuma un ruolo ancor più protagonista negli stimoli alla crescita economica. Chiede che affianchi più imprese in Italia e all’estero dove già è attiva con Sace e Simest, invita a comprare partecipazioni in aziende strategiche o ad avviare nuove entità.

Non è mai facile ed è rischioso quando imprese di diversi settori (banche, trasporti, costruzioni) finiscono in emergenza. La via d’uscita, per enti locali, lavoratori e imprese dell’indotto, appare quella dell’intervento pubblico e prima del voto europeo (26 maggio) il Governo sembra assecondare questa prospettiva.
Non potrà essere così nella seconda parte dell’anno quando l’Esecutivo dovrà cambiare completamente direzione e privatizzare moltissimo. Nel Fondo di ammortamento del debito pubblico dovranno confluire 18 miliardi di introiti da vendite di società pubbliche e le previsioni indicano un massimo di 2 miliardi provenienti da immobili. Al momento non è chiaro cosa verrà venduto, per ora si nazionalizza.

Lo Stato si è già dovuto spendere nelle banche: nella senese Banco Mps ci rimarrà fino al 2021 ma sono già stati persi dei soldi e forse sarà lo stesso nella ligure Carige. Per dare un futuro alla commissariata Alitalia il Governo punta a un impegno delle FS con alleati industriali l’inglese easyJet e la statunitense Delta. La maggioranza, se il progetto andrà in porto, resterà italiana e pubblica. Il business dei voli è difficile per tutti, Alitalia ha già perso molto e si rischia ancora. Nel progetto abbozzato almeno 9-10 mila addetti resterebbero al lavoro.
In questa fase Cdp, che invece aumenterà la sua partecipazione dal 5 al 10% in Tim per preservarne gli sviluppi nazionali nelle telecomunicazioni, è stata tenuta fuori. La Cassa ha alcuni vincoli contrattuali che non sono sfumature. Vediamoli. È a controllo pubblico ma ha fra i suoi soci con il 16% le Fondazioni bancarie che esprimono un’indicazione sul presidente.

Le Fondazioni hanno posto dei vincoli di redditività perché hanno bisogno dei dividendi della Cassa. Senza quei flussi di denaro annuali non potrebbero difendere e incrementare il loro patrimonio ed effettuare erogazioni per le finalità sociali. Proprio la presenza di soci privati come le Fondazioni permette a Cdp di restare a metà strada e di non essere conteggiata nel perimetro del debito pubblico. In teoria, con questo azionariato la Cassa non dovrebbe andare in difficoltà per inseguire progetti, cari al Governo e protettivi per i lavoratori, in evidente perdita. L’Esecutivo ha però mostrato di voler andare per le spicce chiedendo il ricambio ai vertici della Banca d’Italia che ha una sua autonomia istituzionale. Cdp risponde al Governo e poi alle Fondazioni. Osservare le sue mosse permetterà di intuire per tempo la direzione dei prossimi mesi quando l’Esecutivo si troverà al bivio fra nazionalizzazioni e privatizzazioni.

Paolo Zucca

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