Un Memorandum of Understanding, sottoscritto dal premier italiano Giuseppe Conte e dal presidente cinese Xi Jinping. Ben 29 gli accordi bilaterali stipulati volti a favorire i rapporti non solo economici ma anche culturali tra i due paesi, per un ammontare di oltre sette miliardi di euro.
Divisi in due sezioni: Intese istituzionali e Intese commerciali, i 29 accordi, alquanto generici, si articolano tra l’e-commerce, il finanziamento di start-up innovative, un fisco omologato, l’export delle arance di Sicilia e di prodotti agro-alimentari, siti Unesco e gemellaggi, educazione, sicurezza, promozione in Cina dell’italian style, nuove infrastrutture e rapporti di collaborazione con alcune aziende italiane come Ansaldo, Eni e Snam.
Ottimistiche le dichiarazioni del vicepremier Di Maio: «È un accordo in cui credo tantissimo, che permette al made in Italy di colonizzare il mondo» e di «riequilibrare a nostro favore la bilancia commerciale». Di contra, lo scetticismo del vicepremier Salvini: «Penso che l’Italia debba avere buoni rapporti con tutti, soprattutto per aiutare le nostre imprese, il nostro export…Quindi aiutare i nostri imprenditori va bene in Cina , va bene in Russia, va bene negli USA, va bene in Francia, va bene ovunque».
L’Italia è il primo paese del G7 ad aver appoggiato ufficialmente l’iniziativa strategica One belt, One road.
Il rischio consiste in un apparente mutuo beneficio per l’Italia, poiché al flusso d’investimenti previsti in entrata corrisponderebbe un flusso in uscita del know how tecnologico italiano; oltre al non aver considerato che rapporti commerciali tra alcuni paesi dell’Ue, come Germania e Francia, già da anni si tessono in sordina con la Rpc.
Sono, infatti, trascorsi quasi cinquant’anni dall’inizio delle relazioni diplomatiche tra Italia e Cina e tra quest’ultima e i Paesi dell’Unione europea, con diverse modalità e piani strategici.
Nel maggio 1975, mentre il Celeste impero versava in condizioni di forte povertà aggravata dalle lotte per la successione di Mao, la Comunità europea, che stava muovendo i primi passi in ambito economico e politico, riconosceva ufficialmente la Repubblica popolare cinese.
Nel 1995 la Commissione europea pubblicava una serie di paper dedicati interamente alla Cina contenenti il contructive engagement. L’obiettivo era aumentare il peso internazionale dell’Ue in chiave multipolare nei rapporti con la Rpc, perseguito con una duplice modalità: da un lato i paesi membri miravano a soddisfare i propri nazionalisti interessi evitando di sollevare controversie con i dirigenti cinesi e favorire un clima disteso utile agli investimenti; dall’altro la Commissione europea si è impegnava a non abbassare l’attenzione verso le criticità cinesi circa il rispetto dei diritti umani e della democrazia, oltre a promuovere le relazioni bilaterali grazie alle progressiva redazione di un quadro normativo.
All’atteggiamento accomodante da parte dell’Ue, la Cina rispondeva in maniera pragmatica adottando una duplice strategia: favorire l’integrazione europea affinché un’Europa più forte economicamente e politicamente potesse divenire quel cardine multipolare a cui mirava la politica estera cinese e al contempo, trarre profitto dalla interne divisioni nazionalistiche tra i paesi Ue.
Ne conseguiva, a metà degli anni Novanta, la discussione tra i paesi Unione circa la revoca dell’embargo sulla vendita delle armi in Cina e tale azione, sostenuta in particolare da Germania, Francia seguite da Spagna e Italia, è stata percepita da Pechino come l’inizio di proficui rapporti politici e d’interscambio commerciale.
Risale al 2003 la firma dell’ultimo e più importante politicamente partenariato strategico sino-europeo in cui l’Europa concepiva la Cina oltre la mera dimensione economico-commerciale.
Nel 2005 la Cina diveniva il secondo partner commerciale per l’Ue mentre questa si affermava come la partner economicamente più importante per Pechino.
Durante la recente crisi la Cina ha continuato a sostenere, con massicci investimenti su mercati, la moneta unica europea e con l’introduzione del quantitative easing da parte della Bce gli investitori istituzionali cinesi hanno ripreso a comprare i titoli dei paesi periferici, in particolare di Italia e Spagna.
Nel 2013 i tempi sono maturi e il presidente cinese Xi Jinping lancia il progetto di sviluppo One belt One road: una nuova via della seta terreste e marittima, la rievocazione di una rinata età dell’oro.
Vanessa Giunta