- Quanto rimarrai? “Non è una domanda alla quale si può rispondere oggi”.
Non lo fece allora ma può rispondere adesso, a distanza di quasi 35 anni, don Giovanni Vecchio, a quella domanda rivoltagli dal fratello, il giornalista Giuseppe, direttore de “La Voce dell’Jonio”, che lo intervistò per “La Sicilia” a ridosso della sua partenza come missionario in Brasile. E lì, a Belo Horizonte, capitale dello Stato di Minas Gerais, c’è rimasto per tutti questi anni, dal 1984 ad oggi, per dare il suo contributo alla comunità cristiana. Nei giorni scorsi è tornato in Sicilia, ad Acicatena, per trascorrere qualche giorno in compagnia di parenti ed amici ed è stata l’occasione per condividere, con questa intervista, la sua esperienza, vissuta nel sud-est del Brasile, in una città di oltre due milioni di abitanti, di cui circa il 30% discendenti da emigrati italiani, ma profondamente diversa dalla sua terra d’origine per abitudini, realtà sociali ed economiche.
Dopo gli studi condotti alla Pontificia Università Gregoriana di Roma in Filosofia e Teologia, l’ordinazione sacerdotale nella chiesa di Santa Lucia ad Acicatena, i diversi anni trascorsi al servizio della diocesi di Acireale, giunge il momento della partenza, che si rivela come la naturale risposta ad una “chiamata” personale percepita dal sacerdote. L’incarico al seminario di Belo Horizonte e il suo contributo come insegnante di filosofia e teologia all’Università Cattolica della città segnano l’inizio della sua attività. L’atteggiamento carico di naturalezza con cui ne racconta i vari aspetti, corrisponde al giudizio che di essa ne dà.
- Che esperienza è stata, ed è, per lei questa al servizio della Chiesa brasiliana?
Un’esperienza vissuta serenamente, così come ero sereno quando sono partito, affrontata senza particolari difficoltà, anche dal punto di vista della lingua: in portoghese ho tradotto libri interi. In tutti questi anni di attività ho potuto rendermi conto dei diversi contesti lì esistenti. In alcuni periodi, infatti, sono stato impegnato in parrocchie di livello più popolare ed in altri ho svolto la mia attività in parrocchie di alta borghesia e gente più ricca. Le prime comprendono uno strato della popolazione più semplice, più povera, ma in esse si sente maggiormente lo spirito di partecipazione comunitario, la dedizione nello svolgere le attività, la volontà di aiutare gli altri, di aiutarsi insomma. Le seconde, ovvero le parrocchie dei quartieri più ricchi, sono, a volte, dotate di efficienza tecnologico-finanziaria, ma con minore spirito di dedizione, di sacrificio e solidarietà da parte dei fedeli. Peraltro, l’estensione territoriale di una parrocchia nelle zone rurali è equivalente, all’incirca, a quella di un’intera diocesi qui in Sicilia.
- Che caratteristica ha la Chiesa brasiliana?
L’attività della pastorale mette in evidenza la presenza di fedeli che collaborano notevolmente alla vita comunitaria e che assumono la responsabilità di iniziativa, chiedendo che il sacerdote dia loro forza, aiuto, ed il proprio intervento in determinate situazioni. Non sempre è il prete che deve trainare, sono i laici che si attivano e chiamano il sacerdote per dare un sostegno. Per esempio, in qualche parrocchia la Messa si celebra una volta al mese. Nelle altre settimane, la comunità si riunisce e si fa una celebrazione della parola, presieduta da un laico ed i ministri straordinari che danno la Comunione. C’è, in sostanza, una maniera di condurre le attività tipiche della parrocchia con una intensa partecipazione dei laici.
- In quali tipi di situazioni il prete è chiamato ad intervenire?
Per esempio, ci sono dei gruppi di coppie che, di fronte ad una società capace di distruggere parecchie famiglie, per riscoprire la bellezza del matrimonio cristiano, della fedeltà, del valore della famiglia come la intende il Vangelo, si aiutano gli uni gli altri, condividendo le loro esperienze e chiedendo che un prete li accompagni, li segua nel percorso. Siamo chiamati ad intervenire anche da gruppi di insegnanti. L’insegnamento riveste un ruolo delicato, i docenti cercano il modo migliore di porsi nei confronti degli alunni, e chiedono che noi sacerdoti, insieme agli insegnanti cristiani, fedeli al battesimo, diamo un aiuto sia agli alunni sia alle famiglie. O ancora, ci sono laici che si uniscono per creare un gruppo rivolto principalmente ai giovani, alle loro necessità, per toglierli dalle situazioni di pericolo. La Chiesa interviene anche in questo caso.
- C’è sempre bisogno di attuare una corretta opera di formazione e dottrina?
C’è bisogno sempre, certo, di una formazione anche in ambito di dottrina. Per molto tempo sono stato rettore al Seminario. Oggi è presente una forte attività delle sette protestanti. Sono aumentate anche in percentuale, come numero degli aderenti ad esse, mentre è diminuita in maniera stridente la percentuale relativa alla Chiesa cattolica. Un fenomeno che è cresciuto progressivamente nel corso di questi 35 anni che ho vissuto lì. Alcuni pensano che questo sia dovuto anche al fatto che la predicazione e le condizioni di impegno che la Chiesa cattolica cerca di trasmettere siano esigenti, ma è l’esigenza stessa insita nel Vangelo, a cui bisogna accostarsi con serietà. Ecco perché c’è bisogno di una giusta formazione, di comprendere in modo idoneo il senso del Vangelo.
- Qual è la condizione socio-economica del Brasile attualmente? Come si vive?
In questi 35 anni, oltre al miglioramento del livello medio del reddito, c’è stato anche un evidente aumento dell’età media. Tuttavia, c’è sempre quello scarto, quella differenza tangibile tra le classi più ricche, che detengono una fetta enorme maggioritaria di reddito, e i poveri, che continuano ad arrabattarsi con un salario minimo e vivere di stenti. Il miglioramento c’è e si vede, ma alcune condizioni richiedono interventi pubblici notevoli. Ad esempio, le persone che spontaneamente andavano a raccogliere oggetti nell’ immondizia, oggi, attraverso l’opera caritatevole di gruppi legati alla Chiesa, sono cresciuti come coscienza civile, si sono costituite delle cooperative. Le amministrazioni prevedono la raccolta differenziata e chi raccattava le lattine di bibite non è visto più come un poveraccio, ma come una controparte che con la sua cooperativa ha giuridicamente anche una personalità. In relazione a ciò deve essere trattato in modo degno e rispettato, perché sta svolgendo il lavoro di selezione dei rifiuti.
- L’architettura sacra corrisponde alle esigenze della comunità? In termini di adeguatezza e di valore artistico?
In genere tutte le comunità provvedono a costruire e mantenere le proprie chiese, dalle più semplici e modeste, alle più grandi e sontuose. A Belo Horizonte non c’è finora una Cattedrale. Quando ci sono eventi particolari, in cui è prevista una grande partecipazione di fedeli, svolgiamo la Celebrazione Eucaristica nella quale noi sacerdoti siamo oltre 450 e i fedeli più di 20.000. Alcune cittadine sorte in epoca coloniale annoverano chiese costruite con arte, in stile barocco e magnificente secondo lo stile che portavano con sé i colonizzatori. Fra tutte Ouro Preto, che significa “Oro nero” e ne ricorda l’origine. Fu fondata, infatti, da cercatori di metalli preziosi, i cercatori d’oro, ed è un tipico esempio di arte coloniale.
- Ha lasciato la diocesi di Acireale per la missione in Brasile. Quale attività svolge, oggi, all’interno della comunità di Belo Horizonte?
(A questa mia domanda risponde sorridendo)
Non sono più parroco principale ma un aiutante. Sono uno dei “vecchi”, un prete aiutante di un altro giovane prete, che è un mio ex alunno. Uno che ho allevato, per capirci, e adesso è il mio capo. Ne ho oltre 200 di preti ex-alunni. Svolgo anche in maniera intensa il compito di dare assistenza ai gruppi del movimento Comunione e Liberazione, di cui faccio parte, e sono incaricato spesso di dirigerne i ritiri spirituali, di dare assistenza agli adulti o ai giovani. Lavoro anche nelle pubblicazioni scritte in portoghese, perché abbiamo una rivista ed una casa editrice. A Belo Horizonte convivo con tutti gli altri preti. Quando sono partito ero un sacerdote della diocesi di Acireale, prestato con una convenzione rinnovabile, realizzata attraverso certe norme proprie della Chiesa tra i due vescovi. Ormai da 5 anni io non sono più un prete della diocesi di Acireale “prestato” a Belo Horizonte, ma un prete di Belo Horizonte, mentre qui sono ospite, sono in viaggio.
Conclude così, quasi a delineare la sua “precisa fisionomia”, maturata nel corso di un cammino svolto con serena dedizione, don Giovanni Vecchio la nostra chiacchierata, che diventa condivisione di un’esperienza vissuta all’insegna dei precetti cristiani e della solidarietà.
Rita Messina